Cos’è l’euro-nazionalismo?
L’euro-nazionalismo non è solo un’ideologia, ma un dispositivo di potere. Il libro "Il dominio dell'esteriore".

L’euro-nazionalismo non è solo un’ideologia, ma un dispositivo di potere. Il libro "Il dominio dell'esteriore".
L’Europa si avvia verso una nuova fase della sua storia, e lo fa con il passo marziale di chi si prepara alla guerra. Ma la guerra non è soltanto quella militare: è anche una guerra ideologica, in cui il vecchio liberalismo si trasforma in una nuova forma di nazionalismo continentale. L’euro-nazionalismo non è il semplice ritorno del sovranismo degli Stati nazione, né l’emergere di un patriottismo europeo democratico. È piuttosto una sintesi reazionaria tra tecnocrazia e autoritarismo, tra élite economiche e apparati di sicurezza, tra liberalismo e militarismo. La sua bandiera è quella della democrazia, ma il suo progetto reale è lo svuotamento delle istituzioni democratiche in nome dell’ordine e della sicurezza.
Il paradosso dell’euro-nazionalismo sta tutto nella sua retorica: l’Europa si presenta come il baluardo della libertà contro l’autoritarismo russo e la barbarie del populismo americano, ma al suo interno smantella progressivamente la democrazia rappresentativa. Il Parlamento Europeo viene bypassato per decisioni strategiche fondamentali, come il massiccio piano di riarmo, mentre i cittadini non hanno alcuna voce in capitolo sulle scelte che li riguardano direttamente. La politica non è più lo spazio del confronto democratico, ma una macchina amministrativa gestita da governi sempre più scollegati dalla volontà popolare.
Emmanuel Macron impone le sue politiche belliciste e neoliberali nonostante una sconfitta elettorale netta, governando attraverso decreti e reprimendo con la violenza ogni forma di dissenso. Nei paesi dell’Est, le elezioni vengono annullate o manipolate quando il risultato non è gradito alle élite filo-occidentali. Nel Regno Unito, il Labour di Keir Starmer dimostra che il cambiamento di leadership non implica un cambiamento politico: con lui, il partito si è trasformato in un apparato tecnocratico e autoritario, indistinguibile dai conservatori sul piano economico e geopolitico. La criminalizzazione del dissenso, la repressione delle proteste pro-palestinesi e la retorica securitaria mostrano come l’ordine liberale stia sempre più abbracciando le pratiche del suo presunto nemico: l’autocrazia.
L’euro-nazionalismo non è un’anomalia della democrazia europea: è il suo esito necessario. Il modello liberale, messo alle strette da crisi economiche, tensioni geopolitiche e perdita di legittimità, abbandona progressivamente i principi di apertura e pluralismo per ricorrere alla repressione e alla militarizzazione. Si tratta di una dinamica storica ben nota: quando le democrazie borghesi non riescono più a garantire il consenso, ricorrono alla forza.
Il cinismo è la cifra essenziale dell’euro-nazionalismo. Se un tempo l’Europa si ammantava di un universalismo illuminista, oggi la sua politica è guidata dal più spietato pragmatismo. L’obiettivo non è più convincere le masse della bontà delle istituzioni, ma neutralizzarle con il controllo e la propaganda.
L’Unione Europea ha deciso di dirottare i fondi di coesione – teoricamente destinati al welfare e alla riduzione delle disuguaglianze – verso il riarmo. Questo non è solo un cambio di priorità politica: è la dimostrazione che quei fondi non sono mai stati concepiti per migliorare strutturalmente la vita delle classi subalterne, ma solo per mantenere un equilibrio precario tra sfruttamento e consenso. Oggi il capitale richiede guerra e sicurezza, quindi il denaro segue la logica del profitto, non quella della giustizia sociale.
La gestione della guerra in Ucraina ha mostrato come le regole democratiche siano flessibili quando si tratta di difendere gli interessi geopolitici occidentali. Il divieto di alcuni partiti di opposizione in Ucraina è stato giustificato con l’emergenza bellica, ma se la stessa misura fosse stata adottata in Russia o in Cina, sarebbe stata bollata come un’inaccettabile deriva autoritaria. Allo stesso modo, il golpe parlamentare che ha eliminato Jeremy Corbyn dal Labour con false accuse di antisemitismo dimostra che il sistema democratico accetta solo un certo tipo di opposizione: quella innocua, che non mette in discussione le basi economiche del potere.
L’euro-nazionalismo non è solo un’ideologia, ma un dispositivo di potere che integra neoliberismo e militarismo in una nuova sintesi autoritaria. Non è il ritorno del fascismo classico, né un semplice rilancio del liberalismo. È una forma di dominio che combina l’autoritarismo securitario, con la militarizzazione della società, la repressione del dissenso e la propaganda di guerra; la tecnocrazia neoliberale, con l’esclusione delle masse dalle decisioni politiche, la gestione tecnocratica dell’economia e lo svuotamento delle istituzioni democratiche; e l’imperialismo economico, con l’imposizione di politiche predatorie ai paesi più deboli dell’Unione e la subalternità agli interessi delle multinazionali e del complesso militare-industriale.
Questa evoluzione è evidente nella crescente criminalizzazione del socialismo. Se fino a pochi anni fa il comunismo veniva combattuto con argomenti ideologici, oggi l’UE adotta vere e proprie misure repressive contro la memoria storica del movimento operaio. La narrazione dominante equipara comunismo e nazismo, mentre le istanze di giustizia sociale vengono liquidate come populismo. L’obiettivo è chiaro: neutralizzare ogni possibilità di organizzazione politica alternativa all’interno di un’Europa che deve essere monolitica nella sua missione bellica e neoliberale.
L’euro-nazionalismo è il segnale che la democrazia borghese ha esaurito il suo ciclo storico. Il liberalismo, nato come ideologia di emancipazione della borghesia, oggi è diventato un guscio vuoto, un apparato repressivo che protegge solo gli interessi del capitale. La sinistra europea, se vuole sopravvivere come forza politica, deve abbandonare ogni illusione sulla riformabilità di questo sistema. Non esiste un’Europa progressista dentro il quadro dell’euro-nazionalismo: esiste solo la possibilità di rompere con questa logica e ricostruire un movimento che metta al centro il socialismo e la pace.
Il primo passo è smascherare la falsa dicotomia tra Occidente democratico e autoritarismo orientale. Il secondo è costruire un’alternativa politica che non si limiti alla difesa di una democrazia ormai svuotata, ma che rivendichi apertamente la necessità di un nuovo modello sociale ed economico. Se la sinistra europea non è in grado di farlo, il futuro dell’Europa non sarà un ritorno alla democrazia, ma una lunga stagione di guerra e repressione.
Consigli di lettura: Il dominio dell’esteriore di Roberto Finelli e Marco Gatto