L’evoluzione ha selezionato per noi esseri umani i sistemi comportamentali che risultano più vantaggiosi per la nostra stessa sopravvivenza. Secondo la teoria cognitivo-evoluzionista di Giovanni Liotti, la motivazione umana ha una propria storia evolutiva che, partendo dai nostri antenati rettili, è giunta sino a Homo Sapiens, con diversi livelli gerarchici di organizzazione.

Attraverso la griglia offerta dai sistemi motivazionali interpersonali, possiamo ravvisare l’attivazione e la meta di una sequenza di azioni ed emozioni che guidano il comportamento di ciascun individuo all’interno del suo contesto interpersonale. Il sistema motivazionale forse più conosciuto è quello dell’attaccamento, grazie al quale il cucciolo umano, così come i cuccioli dei mammiferi e degli uccelli, si garantisce la sopravvivenza attraverso il mantenimento della vicinanza con il proprio caregiver.

Tra i diversi sistemi motivazionali nella storia evolutiva di Homo Sapiens c’è il gioco sociale, solitamente accostato al sistema di affiliazione al gruppo. Non mi soffermerò in questo articolo sulla descrizione della teoria della motivazione, per la quale si rimanda ad un testo specifico, il mio intento è solo quello di sottolineare l’importanza del gioco nella esperienza emozionale e motivazionale dell’essere umano. Esperienza per molti aspetti vicina a quella che fa capo al sistema motivazionale cooperativo, di cruciale importanza per la regolazione dei rapporti interpersonali finalizzati al raggiungimento di un bene comune.

Il gioco sociale si differenzia da tutti gli altri sistemi motivazionali perché non prevede il raggiungimento di una meta specifica, cosa che invece riguarda l’attivazione di tutti gli altri. In un certo senso, si può dire che la meta è il gioco in sé e che attraverso il gioco si mettono alla prova, in una sorta di allenamento, altri sistemi motivazionali, quali ad esempio il sistema agonistico, esitando in comportamenti giocosi di finto agonismo. Tutto questo nel mondo animale è ampiamente diffuso. E’ attraverso il gioco che molti cuccioli imparano e affinano i comportamenti che da adulti gli saranno necessari per la sopravvivenza. Pensiamo ad esempio ai comportamenti di predazione e di attacco che molti cuccioli mettono in opera tra loro ma anche con i genitori.

Una caratteristica che nel mondo animale si mantiene quasi del tutto inalterata, ovviamente mutuata dalle diverse età dell’animale e dai ruoli sociali che questo ricopre all’interno del gruppo. I nostri parenti stretti, i primati, ma in genere tutte le scimmie, dedicano molto tempo al gioco, grazie al quale stabiliscono relazioni sociali e organizzazioni gerarchiche che dureranno tutta la vita.

Attraverso le attività di gioco imparano anche a controllare e dosare i comportamenti aggressivi. Davvero numerosi gli esempi di quanto il gioco abbia finalità vantaggiose e di quanto potenziale ci sia in questi comportamenti. Come esseri umani abbiamo il grande vantaggio di poter interagire con alcune specie animali che ospitiamo nelle nostre case e farci coinvolgere dai loro comportamenti giocosi. Questo per quanto riguarda, sicuramente, cani e gatti, ma non sono da meno pappagalli e uccelli vari, criceti, topolini e persino i ratti.

Alcuni richiami e inviti al gioco da parte dei nostri amici animali sono letteralmente irresistibili. Sono capaci di strapparci una condivisione al loro gioco anche nei momenti in cui siamo più chiusi nei nostri pensieri e nelle nostre preoccupazioni. Ed è proprio in questo scambio che c’è tutta la benefica potenzialità del gioco, che per quanto breve ci avrà strappato un sorriso e ci avrà, almeno momentaneamente, distratto dai nostri cupi pensieri. Il potenziale, in qualche modo terapeutico, del gioco e delle emozioni che questo ci suscita è dato dalla positività dello stato emotivo che si viene a creare e che, se non sarà sufficiente a superare una situazione di stress e di disagio, sarà senz’altro partecipe e coadiuvante del suo superamento.

Curare giocando, giocare curando è il titolo di un libro scritto da un team di terapeuti familiari che hanno fatto del gioco un vero e proprio strumento per la cura del disagio psico-emotivo della famiglia con bambini. Il gioco, protagonista assoluto di questo tipo di intervento, consente di creare un terreno fertile che favorisce la crescita dei membri della famiglia in uno spazio protetto in cui possono esprimere sé stessi. Una condizione non lontana da quella che si crea quando l’intera famiglia gioca con il cucciolo di casa, consentendo a ciascuno dei membri di sperimentare la propria parte bambina e di attingere a tutte le benefiche conseguenze.

Condividi: