Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer in una raccolta di scritti intitolata Parerga e paralipomena, a cura di Giorgio Colli, Mario Carpitella, gli Adelphi, 141, 1998, per la prima volta riuscì a comunicarsi e soltanto successivamente questa pubblicazione divenne un’essenziale introduzione alla difficile costruzione del Mondo.

Schopenhauer nel 1851 scrisse di una notte d’inverno in cui una colonia di porcospini cominciò a sentire freddo.

“Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”.

Con questa storia, nota come Il dilemma del porcospino, Arthur Schopenhauer, riferendosi al porcospino in quanto animale dotato di spine, riflette sulla difficoltà del vivere insieme agli altri e di mantenere la corretta distanza nei rapporti tra individui, per non rischiare di ferirsi a vicenda.

I porcospini ci insegnano che le relazioni sono frutto di un complicato e delicato equilibrio tra la vicinanza e la distanza; in amicizia, nei sentimenti e soprattutto nella famiglia. Da sempre l’essere umano cerca di stringere legami forti e duraturi con altre persone, ma con l’accorciarsi delle distanze egli si espone più apertamente alle spine.

Lo spazio ridotto delle relazioni espone a un rischio maggiore, ma anche la situazione di maggior distanza può essere la causa che non permette di entrare in contatto con quel calore umano, vitale per gli esseri viventi.

Il Dilemma del porcospino consiste in un paradosso: la maggior distanza come la maggior vicinanza creano sofferenza. Nelle relazioni in cui si cerca e si instaura la vicinanza, questa, successivamente aumentando di intensità, potrà trasformarsi in soffocante e dolorosa; per cui la distanza tenderà nuovamente ad aumentare ma al suo allungarsi, con il timore che possa aumentare irrimediabilmente, si tenderà successivamente di nuovo al riavvicinamento fino a quando la situazione non si rivelerà nuovamente insostenibile.

La corretta distanza tra noi e gli altri

Qual é quindi la corretta distanza da mantenere nelle relazioni con gli altri per avere il giusto calore e al contempo evitare di essere punti dalle spine? E’ meglio patire il freddo o il dolore dovuto alle spine?

Schopenhauer ritenne che il mantenere una giusta distanza dagli altri avrebbe soddisfatto la necessità di calore e, allo stesso tempo, fatto evitare ferite troppo profonde. La soluzione quindi è nella giusta distanza: lo spazio che permette di proteggerci da ciò che ci può ferire sia dall’interno che dall’esterno.

Per stare vicini senza ferirsi è necessario mantenere la corretta distanza tra relazioni e separazioni. La conoscenza dei propri limiti permetterà di costruire l’equilibrio dei porcospini poiché, se il freddo è una realtà inevitabile, le relazioni sono fondamentali e sarà possibile riuscire a trovare il giusto equilibrio.

Vicinanza e lontananza digitale e virtuale

Prendendo spunto da questa stessa metafora Davide Sisto in Porcospini digitali. Vivere e mai morire online, Torino, Bollati Boringhieri 2022, ci racconta che cosa accade oggi dall’allargamento degli spazi virtuali (Facebook, Instagram, WhatsApp etc…) e dalle conseguenze causate dalla pandemia da Covid-19 nelle condizioni di vicinanza e lontananza. Termini non più riferibili solo alla presenza fisica ma anche alla prossimità digitale e virtuale.

La costrizione a non uscire di casa ha stipato gli individui nelle abitazioni ma non ha impedito loro di agire fisicamente nel mondo. Le azioni fisiche negate ai nostri fragili corpi biologici hanno potuto essere sostituite dalle azioni digitali che hanno permesso di continuare a comunicare a distanza tra loro attraverso fotografie, riflessioni e canzoni, ad assistere a conferenze, lezioni, riunioni e perfino a funerali virtuali.

Si è verificata una vera e propria metamorfosi antropologica che ha posto all’attenzione le relazioni tra corpo e immagine, tra reale e virtuale, tra presenza assenza e tra l’io e le molte identità virtuali.

Davide Sisto ritiene che emotivamente e psicologicamente il nostro corpo sia influenzato direttamente dai corpi digitali nella proiezione sul mondo, ponendo in evidenza che, alla fine, rimane comunque fondamentale la vicinanza degli altri e quindi di voler essere quei porcospini digitali che si avvicinano e allontanano nel desiderio di contatto e quello di solitudine.

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