Dexter Resurrection, il ritorno alle origini del mito
Dopo i flop di "The Blood" e "The Origin Sin", la nuova serie "Dexter Resurrection" segna una rinascita per il franchise. Michael C. Hall torna ai livelli delle stagioni storiche.

Dopo i flop di "The Blood" e "The Origin Sin", la nuova serie "Dexter Resurrection" segna una rinascita per il franchise. Michael C. Hall torna ai livelli delle stagioni storiche.

C’era grande attesa per Dexter Resurrection, e non era scontato che questa nuova stagione potesse reggere il confronto con il capolavoro originale che, stagione dopo stagione, aveva conquistato milioni di spettatori e ridefinito il concetto di anti-eroe televisivo.
Dopo il successo planetario della serie madre, il percorso dei vari spin-off e derivazioni non è stato altrettanto luminoso: The Blood aveva promesso molto ma si era rivelato un flop, incapace di reggere la tensione narrativa e soprattutto di dare profondità al personaggio; The Origin Sin aveva tentato la via del prequel, ma senza riuscire a catturare davvero l’essenza di Dexter, risultando freddo e scollegato.
Resurrection, invece, segna un ritorno alle origini, e non solo nel titolo. Su Paramount+ abbiamo ritrovato un protagonista capace di riportare in scena tutto il carisma e l’ambiguità che avevano reso Michael C. Hall (Dexter Morgan) un’icona. La sua interpretazione raggiunge livelli paragonabili alle stagioni più riuscite dell’originale, restituendo allo spettatore quel magnetismo oscuro che ci aveva tenuti incollati allo schermo consapevolmente, e colpevolmente innamorati persi, del Macellaio di Bay Harbor.
La forza di questa nuova serie sta proprio nell’evoluzione della mente criminale di Dexter: il suo codice, quella regola ferrea che governa le scelte delle vittime, torna ad essere il cuore pulsante della trama. Non un semplice assassino, ma un uomo che incarna il paradosso morale di una giustizia privata, spietata ma al tempo stesso regolata da principi quasi etici. Ogni episodio è un viaggio nella sua coscienza, nei suoi dilemmi e nella sua logica chirurgica nel selezionare le sue “prede”.
Ma la vera novità di Resurrection è il ruolo centrale dei rapporti familiari. Il padre Harry Morgan, presenza fantasma e bussola morale di Dexter sin dagli inizi, torna a pieno titolo nella narrazione, quasi a incarnare un alter ego interiore sempre più invadente. Il confronto con la figura paterna rende più evidenti i conflitti morali e amplifica la tensione tra l’istinto omicida e il rispetto del codice.
Accanto a questo, emerge il rapporto con il figlio Harrison, che non è più una semplice ombra del passato ma diventa elemento vivo della trama e catalizzatore delle scelte di Dexter. È attraverso di lui che la serie esplora il futuro del codice, il dilemma di trasmetterlo o spezzarlo, e la possibilità che il lascito di Dexter vada oltre le sue stesse mani. È un legame fragile e potente, che aggiunge pathos alla narrazione e apre nuove prospettive.

Un altro punto di forza della stagione è l’inserimento di personaggi di grande spessore interpretati da star di livello assoluto. Uma Thurman regala una Charlie capace di performance magnetica, intensa e sfaccettata: il suo ruolo, enigmatico e tormentato, diventa uno specchio della doppia natura di Dexter, quasi una proiezione esterna delle sue contraddizioni interiori. Ogni sua scena è carica di tensione, con quella miscela di fascino e pericolo che solo lei sa rendere credibile.
Accanto a lei, Peter Dinklage firma un’interpretazione impeccabile nei panni di Leon Prater: con il suo carisma naturale e la sua capacità di modulare registri emotivi complessi, costruisce un personaggio memorabile, tanto brillante quanto ambiguo. La sua presenza eleva ulteriormente il livello della serie, arricchendo la trama di nuove sfumature psicologiche e offrendo un contraltare perfetto al protagonista.
Tra le note di colore della stagione spicca un personaggio singolare: una detective bizzarra che, per concentrarsi sulle indagini, indossa le cuffie e si isola dal mondo ascoltando uno dei brani più iconici dei Bee Gees, Stayin’ Alive. Una scelta surreale, quasi ironica, che aggiunge un tocco di eccentricità alla serie, spezzando la tensione con una scena capace di restare impressa nella memoria degli spettatori.

Dalla prima stagione del 2006 fino a questa ultima produzione, Michael C. Hall ha incarnato Dexter Morgan con una dedizione rara. Dopo aver reso indimenticabile il personaggio, l’attore aveva tentato altre strade, ma è sempre rimasto legato all’aura del serial killer più amato della televisione. Resurrection dimostra come Hall sia riuscito a crescere insieme al suo alter ego, portando sullo schermo una maturità diversa, una gamma di sfumature nuove che rendono questa versione di Dexter più intensa e stratificata.
E mentre la stagione appena conclusa si chiude lasciando aperti più interrogativi che risposte, i rumors parlano già di una probabile seconda stagione di Resurrection. Non c’è ancora conferma ufficiale, ma tutto lascia pensare che Paramount+ voglia cavalcare l’entusiasmo del pubblico e continuare questo nuovo filone narrativo. Se così sarà, ci aspetta un Dexter ancora più complesso, sempre sospeso tra il fascino del suo codice, l’oscurità della sua natura e il peso dei legami familiari.
Il risultato, oggi, è una stagione che non solo convince, ma ridona prestigio a un franchise che rischiava di perdersi nei meandri degli spin-off sbagliati. Dexter Resurrection è il ritorno che i fan attendevano: cupo, intenso, intelligente. Un tributo alla serie originale e, finalmente, una vera resurrezione del mito.
