In occasione della Giornata Internazionale dell’Alfabetizzazione (celebrata l’8 settembre) è emerso che l’analfabetismo nel mondo è un problema che colpisce le donne in misura maggiore rispetto agli uomini. Si stima che circa 757 milioni di adulti e 115 milioni di giovani non hanno le più elementari competenze per quanto riguarda leggere e scrivere. In totale, stiamo parlando di circa 870 milioni di persone (più del 10% della popolazione mondiale). Un dato sconfortevole, ancora di più calcolando che le donne rappresentano i due terzi sul totale degli analfabeti adulti e che, dal 2000 ad oggi, il tasso di analfabetismo femminile è diminuito dell’1% appena.


In molti Paesi, le donne devono ancora oggi subire diverse forme di discriminazione che riguardano tutte le sfere della loro esistenza. L’istruzione, purtroppo, non fa eccezione. L’esclusione delle bambine e delle ragazze dal sistema formativo non è soltanto la negazione di un diritto umano, ma rappresenta una grave ipoteca sul futuro di una società. Non è un caso che le regioni del pianeta in cui si concentra l’assoluta maggioranza di bambine private dell’istruzione siano quelle che faticano maggiormente a uscire dalla povertà estrema: l’Africa Subsahariana, l’Asia meridionale e alcune aree dell’Estremo Oriente. E purtroppo, davanti alla scelta di mandare a scuola un figlio maschio o una figlia femmina, quasi sempre i genitori preferiscono che sia il maschio ad essere istruito, convinti che questo sia l’unico investimento che renda a lungo termine.


Pensate che in Afghanistan, fino a qualche anno fa, l’istruzione era in gran parte affidata a scuole islamiche, proibite alle bambine, in cui ci si limitava a insegnare il Corano. Oggi per fortuna su 7 milioni di bambini che studiano, 2 milioni e mezzo sono femmine.


Le donne che hanno ricevuto un’istruzione tendono a evitare gravidanze precoci e comportamenti a rischio di contagio da HIV, anche perché un’aula è spesso l’unico luogo sicuro per un’adolescente. Sono favorite nell’avviare attività economiche e negoziare i propri diritti, a cominciare da quelli relativi alla gestione della salute riproduttiva e all’educazione dei figli.


Eppure in Italia il maestro è andato in pensione anni fa e al suo posto è arrivato un esercito di maestre. E non solo alle scuole elementari: la percentuale di insegnanti di sesso femminile dietro le cattedre italiane è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi 10 anni, tanto che le donne rappresentano l’83% dell’intero corpo docente (circa 730mila docenti). E’ la fotografia scattata dall’OECD nello studio Gender Imbalances in the Teaching Profession, secondo cui in tutti i Paesi industrializzati si è assistito ad una femminilizzazione della professione dell’insegnante. Questo dato però, seppure all’apparenza possa sembrare positivo, in realtà ci ricollega subito a quello relativo alla loro retribuzione. Il settore dell’insegnamento, infatti, percepisce generalmente uno stipendio troppo basso ed è per questo che gli uomini non sarebbero attratti da questa professione. Amara consolazione.


Ci avete mai fatto caso che nelle biblioteche primeggiano libri di scrittori, mentre i libri di scrittrici sono in numero inferiore? È innegabile: la letteratura di tutti i tempi è costituita in prevalenza da uomini. Per carità, intelletti d’eccellenza, ma mai affiancati nella stessa epoca da un numero significativo di autrici. Benché la letteratura annoveri alcune decine di autrici comunque celebri (le sole salite nell’Olimpo dei grandi nomi del settore) moltissimi scritti non hanno conosciuto pubblicazione perché usciti dalla penna di donne, in epoche in cui non veniva concessa loro alcuna visibilità. Pare infatti che fino al Settecento la scrittura femminile fosse pressoché inesistente, a parte qualche rara eccezione, pertanto le donne scrivevano nell’intimità delle loro mura, conservando il frutto dei loro sforzi nel proverbiale cassetto. Dovremo aspettare il 1926 per vedere la prima e unica donna italiana ad essere insignita del Premio Nobel per la Letteratura, Grazia Deledda.


Se la consuetudine dell’epoca, che le vuole mogli e madri, cerca di spegnere le velleità scrittorie di queste eroine, le nostre si organizzano e non cedono, anzi cercano nel diario, nelle lettere, in generale nel racconto di sé e della propria lotta per l’autodeterminazione, il mezzo per esprimersi. Non è un caso quindi che la prima buca delle lettere è stata brevettata da una donna, Fannie Taylor, nel 1889. Un modo per far arrivare quelle parole scritte, dritte al cuore e non solo, senza la paura che queste potessero andare disperse.


Attenzione, le postine suonano sempre due volte!

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