Caro amore mio, di cosa hai bisogno? Se riuscissi a saperlo farei pace con i miei pensieri, e sarei meno clemente con chi sceglie per te. Che non si dica che non abbiamo osato io e te, che non abbiamo cercato di provare robe forti; me l’hai chiesto dal primo momento e io mi sono messo nudo da subito, anche quando ero sporco. Mi piacerebbe scrivere che ce ne frega a noi due del mondo che si ferma, del mondo che va al contrario, ma non è così, a me importa, ma non so se lo stesso vale per te.

A volte mi illudo di essere io l’artefice di quello che accade tra noi due; ma più ci rifletto e meno ci credo; col tempo ho imparato a credere meno a me e più alla tua presenza. Tu forse vuoi dominarmi confessandomi quei desideriacci sfuggiti spesso sotto voce, eppure so che sono libero di farti ciò che voglio, grazie a questa nostra strana relazione, di sospiri bassi, di pianti soffocati, di ascolto e fiducia. Quando (dopo) la luce si accende, vedere la tua faccia bagnata, soddisfatta a volte oppure pensierosa, quando noto quel sorriso a mezza bocca che approva ogni mio movimento, o quando mi accorgo che i tuoi occhi mi ringraziano mentre mi chino prono quasi a baciare le mie ginocchia, capisco che il nostro incontro è qualcosa di divino.

Ma perché non ti ribelli a tutto qello che sta succedendo? Mia nonna diceva: “puoi dire di conoscere una persona solo se, insieme, ci mangi sette chili di sale”. Ne dobbiamo mangiare di sale noi, forse non sette chili ma… Ti fai trattare come un imbecille e non ti rivolti contro la mediocrità. C’è chi pensa che tu sia incapace di ragionare e di scegliere il meglio. C’è chi dice che cerchi solo cose semplici e che vuoi stare senza pensieri. Ci sono persone che credono che tu voglia essere buttato già dalla tua poltrona a suon di bestemmie urlate al microfono. Ma perché non dici la tua opinione, amato Pubblico?

Qui in questo tempo in perdenza (sì, ho scritto in perdenza anche se non vuol dire niente ma fa capire quello che penso) le grandi istituzioni, i grandi teatri che vantano di meritarsi il finanziamento di milioni e milioni di soldi tuoi e dei tuoi figli (pagano anche quelli a cui del Teatro non gliene frega niente) ti hanno messo davanti gli attori della televisione, quelli famosi che recitano monologhi di testi più o meno conosciuti di grandi tragediografi per illuderti(si) che comunque si fa cultura.

E’ questo il dovere di un Teatro Pubblico? Perché queste scelte non si lasciano al teatro Privato che giustamente vuole rivendicare il diritto di intrattenere i suoi fruitori. La nostra speranza per una crescita culturale è nelle mani di quei pochissimi illuminati che spesso non hanno le risorse per dar vita a progetti di inclusione e di recupero del valore del linguaggio. Come faremo noi a consegnare, a quelli che verranno, il pericolo della nostra lingua menzognera e rivelatrice?

Tu, Pubblico, non potrai trovare la parte più segreta di te se, venendo in questo Teatro che ti stanno progettando, non vedrai più i tuoi mostri, quelle paure che sanno il tuo nome ma che tu non sai come si chiamano. Ecco cosa intendo per perdenza: è una una grande perdita, lo svuotamento del senso delle cose, la perdenza della ragione per la quale esiste il Teatro.

E poi, come esprimeremo i nostri sentimenti e i nostri pensieri se le occasioni di conoscenza e i modelli da seguire che ci stanno imponendo sono così poveri di contenuto, così privi di coraggio?

Si dovrebbe avere la forza di utilizzare questo periodo per dare spazio e voce ai giovani autori, ai giovani registi e ai giovani attori, invece, stupidamente, si sprecano tempo e occasioni per riesumare vecchie interpretazioni di noi stessi e vecchi modi di stare in scena. E’ da pazzi giocare a ribasso senza comprendere che la nostra fortuna è a portata di mano: se sapessero quanti giovani autori/trici scrivono storie di alberi che muovono il cielo, di madri che si perdono nella nebbia, di figli che ballano nelle luci della notte; se sapessero quanti giovani attori/trici hanno i capelli colore dell’oro e labbra rosse che potrebbero incendiare mille campi di grano; registi capaci di far parlare lucertole in inglese e anatre in arabo, ne abbiamo! E pure giovani scenografi che saprebbero costruire un Duomo o costumisti che saprebbero far sposare chiunque! Ci sono luciaoli, fonici e tecnici vari che saprebbero animare i castelli di Walt Disney.

Tu amore mio queste cose non le sai, perchè non è tuo compito sapere tutto questo, ma spero che a leggere, del nostro folle amore, sia un addetto ai lavori che trovi qualcosa di sensato in questa dichiarazione d’amore fatta da un condannato a morire ad un condannato a morte. 

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