Tempi duri per lo spettacolo dal vivo, musica e non solo. Stagione strana, unica, affetta da virus: un misto di divieti, limiti, controlli, timori, tempi più lunghi, attese, dichiarazioni e richieste d’aiuto. Dal mese di giugno, secondo il Comitato Tecnico Scientifico e i DPCM che hanno accolto i suoi suggerimenti, gli spazi al chiuso con certe caratteristiche possono accogliere fino a 200 spettatori, quelli all’aperto fino a 1000. Accesso con misurazione della temperatura, spesso con prenotazione obbligatoria, raccolta dei dati di tutti gli spettatori (da tenere a disposizione per 14 giorni), posto assegnato e distanziato, autocertificazioni varie (di non avere tosse, di non essere entrato in contatto con soggetti malati di Covid-19, ecc.). Tutte misure, costrizioni che indubbiamente non avvicinano il pubblico, di qualsiasi genere di spettacolo, a ingresso gratuito o a pagamento. Il bello è che l’ingresso gratuito e la prenotazione obbligatoria (e gratuita) hanno generato un fenomeno piuttosto diffuso: prenotazioni che arrivano ad esaurire i posti disponibili, in numero ovviamente inferiore alla normalità (a causa delle capienze ridotte) e poi il pubblico non si presenta, se ne sbatte altamente di togliere ad altri la possibilità di partecipare a uno spettacolo; tutto esaurito, poi di fatto c’è quasi il vuoto, grazie ai maleducati.

Il pubblico era malato già prima dell’avvento del virus malefico: ci sono nicchie di grandi appassionati di qualsiasi genere di spettacolo dal vivo (musica, teatro, danza, circo), rispettosi, netta minoranza rispetto alla massa malata, irrispettosa, disabituata all’ascolto, discretamente ignorante, che alcune volte è presente solo per essere presente o per incontrare gli altri, parlare, bere, riprendere lo spettacolo con uno smartphone invece di guardare e godere coi propri occhi quello che accade sul palco.

Questa è una brutta malattia, che peggiora, anche in condizioni sane, di normalità, la vita di tante persone che fanno spettacolo, che vivono di questo e attualmente soffrono. Che cosa è successo nell’ultimo quarto di secolo che ha fatto precipitare così in basso la situazione? Si parte dalla scuola, dall’educazione e formazione dei più piccoli, anche in famiglia: senza arte, senza cultura, il cuore muore, il cervello perde colpi, crescendo si rimane orfani. I media, radio, televisione, giornali, hanno fatto la loro bella parte per livellare verso il basso prodotti, ascoltatori, lettori. Adesso ci ritroviamo in un vicolo cieco, che costringerà molti al nulla, all’assenza di lavoro, con il grande aiuto dell’emergenza sanitaria, che non è finita.

Di questi tempi accadono fatti banalissimi: in generale, i frequentatori di spettacoli in uno spazio aperto non capiscono (ad esempio) che possono tranquillamente stare senza mascherina, fatto salvo il diritto di tenerla su bocca e naso per libera scelta, per precauzione. Il pubblico, oltre ad essere diseducato, è anche confuso, infastidito. Assistere a uno spettacolo in certi casi è un piccolo percorso a ostacoli: chi glielo fa fare?
Così, senza segnali chiari, senza formazione, senza rieducazione, lo spettacolo dal vivo lentamente si estingue, muore. Solo una società senza testa, senza una visione del futuro, può permettere che questo accada. E il problema principale non è di certo Covid-19, che negli ultimi sei-sette mesi ha prodotto danni incalcolabili. C’è chi ha già cambiato mestiere, dallo spettacolo ad altro… ed è stato fortunato, perché ha trovato un’alternativa, difficile da trovare. Altri attendono di vedere gli sviluppi della situazione, tremebondi. Non è così semplice, anche se costretti, rinunciare ad una passione. E non è detto che sia possibile trovare un’alternativa.

La programmazione delle grandi agenzie multinazionali è stata quasi totalmente rinviata al 2021 (sempre che…), le piccole agenzie, gli indipendenti invece si sono dati da fare. Gli artisti autoprodotti ed autogestiti hanno avuto un’occasione in più di suonare. Non si vivrà in eterno di aiuti, comunque di piccola entità. Bisogna creare le condizioni per continuare a fare spettacolo, dimensionato il giusto da tutti i punti di vista, riconsiderando spazi, costi, cachet degli artisti (pochi se lo sono ridotto, al di là delle dichiarazioni di buona volontà), compensi dei tecnici, dei manager, tariffe per il diritto d’autore. Bisognerà informare bene il pubblico, motivandolo, spiegando le difficoltà, coinvolgendolo in tutte le maniere possibili. Una comunità di appassionati è in grado di trasmettere naturalmente la passione, la volontà, l’impegno: solo così può vivere tutto lo spettacolo.

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