Nel 1982 scoppiò la E.T. mania. Ricordo che si parlava ovunque di questo personaggio, molto amato da adulti e bambini. Credo di essere sempre stato molto suggestionabile perché ricordo che anche io fui preda della passione collettiva. Parlavo spesso di E.T., citavo le battute del film, lo disegnavo, inventavo storie, mi feci anche regalare un giocattolo da papà. Non era il giocattolo più blasonato, in realtà ne esisteva uno cui si illuminava il cuore, ma io ero affezionatissimo al mio, lo portavo ovunque e ci parlavo e giocavo sempre, quasi fosse il cane della famiglia. Piansi calde lacrime il giorno che si ruppe, una disperazione vera, inconsolabile.

La cosa stupefacente è che non avevo visto il film e non lo vidi negli anni seguenti. Praticamente ho colmato questa lacuna cinematografica solo a quarant’anni suonati! Bel film, non c’è che dire, e sicuramente mi sarebbe piaciuto molto all’epoca. Consiglio ai lettori del blog la visione di questa breve intervista in cui il regista Steven Spielberg ripercorre la nascita dell’idea del film e il suo epocale successo.

ET l’alieno, oggi forse il suo messaggio verrebbe bollato come “buonista”

L’alieno, lo dice la parola stessa, è un’immagine dell’altro: il fatto che siamo così pervasi dalla paura di alieni sfruttatori e colonizzatori dice molto sul modo inconscio in cui percepiamo noi stessi. Forse E.T. proviene da un tempo in cui c’era maggiore consapevolezza di questo e oggi il suo messaggio verrebbe bollato come buonista. Così come il suo successo commerciale verrebbe subito considerato solo come una cinica pianificazione.

Eppure, il genio di chi ha creato il personaggio è insuperabile e travalica il semplice fatto di costume o la strategia di marketing. Perfino chi, come me, ha amato il personaggio solo perché ne ha percepito di rimando l’immensa popolarità è stato colpito da quella strana umanità che traluceva dalla sua figura.

Perché di tentativi di fare breccia nel cuore dei bambini sono piene le fosse. E i bambini rispondono a modo loro. Certe volte abboccano, certe volte no, certe volte scelgono. E quando scelgono lo fanno ascoltando i silenzi e le zone d’ombra del cuore e ciò che si accuccia lì se lo portano dentro in qualche modo per sempre.

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