Gli uomini sono gli unici sognatori sulla Terra? Cosa succede nella mente degli animali quando dormono? Il libro di David Peña-Guzmán, When Animals Dream (Princeton University Press, 2022), ci introduce alle nuove scoperte di neurobiologia riguardo al sonno negli animali affiancandole alle teorie filosofiche del sogno.

Il sogno rappresenta da sempre la dimensione più misteriosa e privata della soggettività, una condizione che per gli antichi rappresentava più di ogni altra espressione la possessione, l’epifania e la rivelazione.

Il sogno era portatore di un messaggio inviato dagli dei o dal regno dei morti, un’esperienza centrale nella vita dell’individuo come prefigurazione di eventi futuri o disvelamento di segreti o avvenimenti non conosciuti.

Nel mondo ellenico il sogno trova la sua rappresentazione nell’eidolon, l’immagine di una presenza che si mostra al sognatore per annunciargli qualcosa che è accaduta a sua insaputa o che sta per accadere. I sogni pertanto richiedono un’interpretazione  proprio come il responso degli oracoli, e famoso resterà il Libro dei sogni di Artemidoro di Daldi.

Il sonno degli animali, i grandi pensatori
e gli studi più avanzati

Oggi non è possibile parlare del sogno senza fare riferimento a Sigmund Freud, per il quale il sogno porta in superficie una condizione dell’inconscio, una rappresentazione o un desiderio, che trova nella fase onirica la capacità di sfuggire dalle maglie della rimozione.

Aristotele dedicò tre saggi al sogno, ponendo come testimonianza della capacità degli animali di sognare il fatto di emettere gemiti, abbaiare e talvolta produrre dei movimenti del capo o degli arti, pur privi di una coordinazione.

Per comprendere meglio il sonno degli animali, nel 1965 gli scienziati francesi Jouvet e Delorme praticarono una resezione del tronco encefalico responsabile dell’atonia in fase Rem. Dopo questo intervento invasivo, gli animali tendevano a camminare durante il sonno mimando comportamenti predatori. Studi successivi da parte del neurologo Adrian Morrison mostrarono la tendenza dei gatti privi di atonia di muovere la testa durante il sonno come se stessero seguendo uno stimolo.

Il libro di David Pena-Guzmàn, When Animals Dream, ci conduce nel mondo più nascosto della mente animale, la dimensione onirica, che oggi grazie alle tecniche di neural imaging acquisisce una trasparenza inimmaginabile solo una cinquantina di anni fa.

I primi a formulare ipotesi scientifiche sul sogno animale saranno, nella seconda metà del XIX secolo, lo scozzese William Lindsay e il darwiniano George Romanes, entrambi alla luce della visione continuista tra le specie esito dell’evoluzionismo.

Dobbiamo, però, arrivare all’anno 2000, allorché due studiosi della University of Chicago, Amish Dave e Daniel Margoliash, pubblicassero sulla rivista Science, un lavoro sul diamante mandarino (Taeniopygia guttata) un uccellino della famiglia degli estrildidi, dimostrando che durante il sonno si attivano gli stessi neuroni in una parte del cervello, chiamato Robustus archistralis, che sono coinvolti durante la produzione del canto in fase di veglia.

Nel diamante mandarino maschio il canto non è totalmente innato, ma si struttura già durante le prime fasi embrionali, quando è ancora nell’uovo, ascoltando il canto del padre. Nel corso dello svezzamento, a circa venti giorni di vita, i maschi cominciano a provare il loro stile canoro individuale, esercitandosi in un sottocanto. Quello che si è potuto verificare è che l’esercizio si svolge anche durante il sonno dell’uccellino.

Gli scienziati Kenway Louise e Matthew Wilson, pubblicarono un importante studio sull’attività onirica dei topi

I risultati sconvolgenti
di una ricerca sui topi

Come sottolinea Jason Goldman, scienziato della University of Southern California, il modo per studiare il sogno degli animali si basa essenzialmente sulle espressioni comportamentali e sulle tecniche di registrazione elettrofisiologica. Attraverso queste tecniche è possibile, infatti, analizzare i pattern cerebrali degli animali durante il sogno, come dimostra la ricerca degli scienziati Kenway Louise e Matthew Wilson del MIT di Boston, i quali nel 2007 pubblicarono un importante studio sull’attività onirica dei topi.

L’ipotesi di partenza è che il sogno, invece di far emergere il rimosso, in realtà fosse strettamente correlato con le esperienze vissute durante la fase di veglia, per cui se di giorno i topi percorrevano un labirinto, questa stessa attività si dovesse manifestare anche in fase onirica. Non solo l’ipotesi fu confermata ma produsse risultati per certi versi sconvolgenti.

Sovrapponendo i pattern di attivazione neuronale registrati nell’ippocampo durante la fase di veglia mentre percorrevano il labirinto con quelli espressi durante il sogno, gli scienziati scoprirono che il contenuto onirico riprendeva fedelmente quanto vissuto durante il giorno. La sovrapposizione era così esplicita che si poteva dedurre l’esatta posizione nel labirinto in cui il topino immaginava di essere nel sogno.

Sembra, pertanto, che il sogno rappresenti un importante meccanismo di formazione dei processi di memorizzazione, per cui esperienze importanti avvenute in fase di veglia vengono riproposte dal cervello in fase di sistematizzazione mnestica.

Stanislas Dehaene nel libro Imparare (Cortina, 2019) sottolinea l’importanza del recupero onirico per favorire il processo di apprendimento. Sappiamo, infatti, che se un’esperienza coinvolge più canali sensoriali e si caratterizza per un alto contenuto emozionale, più facile sarà la sua riproposizione nel sogno e più stabile sarà la sua memorizzazione. Per tale motivo può essere utile adoperare un marker olfattivo, per esempio un olio essenziale, durante l’esperienza e collocarlo nell’area di riposo, in modo tale da favorire il recupero onirico dell’esperienza.

Ora, se è vero che i gatti sognano le loro scorribande ludiche e predatorie e i cani la passeggiata e il volto dei loro partner umani, come sembrerebbe dimostrare una ricerca condotta presso la Harvard University nel 2016, ci si chiede se solo i mammiferi e gli uccelli siano in grado di sognare.

Secondo il biologo David Scheel non esiste un Rubicone a dividere vertebrati e invertebrati, come dimostrano le sue ricerche sui polpi.

Non solo i mammiferi sono in grado di sognare, come dimostrano le ricerche sui polpi

Osservando i pattern cromatici di questo animale quando dorme, e sapendo che a ogni pattern corrisponde uno stato comportamentale durante la veglia, lo studioso ha ipotizzato che questo mollusco, dall’imponente sistema neurobiologico, seppur differente per organizzazione, stesse vivendo alcune particolari esperienze.

Come si vede il mondo dei sogni sta diventando sempre più trasparente agli occhi della scienza e anche in questo caso gli altri animali non si dimostrano, poi, tanto differenti da noi.

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