Una zampa per Birillo, santuario per animali in Umbria: salviamo gli ultimi degli ultimi
Una Zampa per Birillo, l'associazione animalista sostenuta da volontari, soci e donazioni spontanee, che salva i più vecchi.
Una Zampa per Birillo, l'associazione animalista sostenuta da volontari, soci e donazioni spontanee, che salva i più vecchi.
Fidel, dieci anni, è il capobranco: ha il pelo bianco del maremmano e un carattere incredibilmente moderato, capace dell’autorevolezza che serve a coordinare il branco. Sono una quindicina i cani dell’Associazione Una Zampa per Birillo che ho fondato nel 2015.
Ma ci sono anche altrettanti gatti, conigli, asini, pecorelle e galline. Tutti animali salvati da una vita violenta. Fidel, ad esempio, arriva dal canile di Vallegrande, sulla Cassia, a Roma, dove era stato rinchiuso dopo essere stato trovato a Fiumicino: era terrorizzato dal guinzaglio, non riusciva a passare dalle porte. Con una radiografia ricostruimmo la sua storia: una lesione vertebrale per abusi e bastonate.
Quest’anno abbiamo perso Nonno Nino, 12 anni, Ciuffo, 14, Billo, 13, e Bella, la nostra mascotte. Abbiamo perso anche Lillo, purtroppo, ancora tanto giovane ma tanto malato. Difficile accettare la sua mancanza.
Nonno Nino veniva da un canile della provincia di Catanzaro, lo chiamavamo il cane invisibile, stava immobile negli angoli, terrorizzato da qualsiasi cosa, camminava rasente i muri.
Bella girava per il campo di ulivi con il suo carrellino che le avevamo costruito, salvata sulla via Pontina, gettata dal finestrino, testimone un camionista: frattura della colonna vertebrale.
Ciuffo era il nostro eroe: cieco, con un problema di artrosi alle zampe, col femore rotto, lo avevamo operato di ernia, eppure sempre scodinzolante.
Billo aveva problemi polmonari, lo avevamo operato all’orecchio, era cieco e con un linfoma, eppure si godeva ogni scampolo di vita. I cani anziani non li vuole nessuno: le cure costano e la poca prospettiva di vita scoraggia chi potrebbe adottarli.
Ambra e Pongo invece arrivano dalla Calabria, chiusi insieme a troppi cani in un canile sporchissimo. Lui si faceva la pipì addosso se qualcuno solamente lo guardava, inseparabile da lei, zoppicante per una zampa mal calcificata dopo un incidente misterioso e sopravvissuta a un tumore mammario. Li abbiamo riabilitati con una comportamentalista, e adesso sono perfettamente socializzati con il resto del branco e con noi umani.
Adesso stiamo accogliendo altri cani che riempiranno il vuoto lasciato: è arrivato Checco, anche lui su un carrellino perchè non muove le zampe posteriori, Plinio, detto Il giovane perché arrivato cucciolo, Paco che dallo stress in canile è arrivato a mangiarsi la coda, tre pecorelle maltrattate (Clara, Desy e Aria) e una piccola agnellina, Alice, oltre a un paio di gatti nuovi.
Vite che ci regalano tantissime emozioni e ci insegnano a ridimensionare le nostre visioni egoiche: fare con loro l’esperienza della gioia come, che so, il godersi un raggio di sole dopo un’esistenza tra le sbarre di un canile è un grande aiuto. Tanto che Lilli, la cagnolina adorata dell’Associazione, è anche una pet care, cioè partecipa ai gruppi con i miei pazienti al Centro Clinico De Sanctis, centro polispecialistico di psicoterapia cognitivo-evoluzionista che ho fondato.
Il santuario si trova vicino Spoleto, in Umbria, e si sostiene con il mio lavoro di psicoterapia ma anche con il supporto di socie e socie e con le donazioni (dona qui): spesso facciamo piccoli eventi di fund raising invitando le nostre reti di amici e amiche.
Ho sviluppato un rapporto unico con ogni animale che vive da noi al centro Una zampa per Birillo: le galline mi riconoscono, i gatti (salvati dal canile di Muratella) corrono a salutarmi quando torno, gli asini ci fanno compagnia quando pranziamo, d’estate sotto la tettoia della terrazza. Asini sardi, che mi ha affidato Leonardo Van Maarten, fondatore del Leopark di Todi, dove tanti animali trovano rifugio dal degrado e dal maltrattamento di zoo e circhi di tutta Europa (zebre, bufali, giraffe, struzzi, cammelli, dromedari, fenicotteri, avvoltoi).
Anche se è molto faticoso, sono felice di aver realizzato la mia promessa a Birillo: nel 2013 avevo adottato a distanza un cane, Birillo, del canile di Ponte Marconi. Lo andavo a trovare, lo sostenevo economicamente, e quando sono riuscita a portarlo fuori, si è ammalato di tumore cerebrale, dopo aver passato tutta la sua vita, 12 anni, fin da quando era cucciolo, in canile.
In quei tre mesi ho imparato tanto: i cani vivono nel presente, donare loro anche un giorno di serenità, coccole o gioco è qualcosa di molto prezioso per loro. Per questo, insieme a Monica Maggiori, Simona Passarelli, Maura Pansini, Patrick Montuir, Gioconda Pompei e altri amici abbiamo fondato l’Associazione: per offrire, anche se solo per gli ultimi momenti, una vita dignitosa a chi è stato privato di tutto.