Under The Volcano: niente a che vedere con il romanzo di Malcolm Lowry… Metti insieme George Martin, produttore dei Beatles fino alla loro separazione, un viaggio fatto nei Caraibi e la scoperta dell’isoletta di Montserrat (territorio britannico d’oltremare) nelle Piccole Antille, un paradiso naturale in mezzo al mare.
Martin se ne innamorò, acquistò un terreno e volle costruire lì un lussuoso studio di registrazione residenziale, per continuare la saga degli AIR Studios iniziata a Londra in Oxford Circus nel 1970 (l’attività s’interruppe nel 1991, quando cessò l’affitto dei locali occupati dagli studi) e consentire agli artisti di concentrarsi su composizione, registrazione e produzione, praticamente fuori dal mondo.
Gli AIR Studios di Montserrat vennero inagurati nel 1979, non lontano dal vulcano inattivo Soufrière Hills, e per una decina di anni sono stati la meta preferita di grandi artisti (oltre 70 album hanno visto la luce in quegli studi): The Police per esempio hanno registrato a Montserrat i loro ultimi due album prima di dividersi, Ghost In The Machine nel 1981 e Synchronicity nel 1983, quando erano già intervenuti fra i tre membri del gruppo diversi problemi personali. I Dire Straits hanno realizzato Brothers In Arms (1985) sull’isola, così come tra gli altri i Duran Duran di Rio (1982) e Seven And The Ragged Tiger (1983), Elton John di Jump Up (1982), Too Low For Zero (1983) e Breaking Hearts (1984), Midge Ure (ex Ultravox), Paul McCartney, The Rolling Stones (Steel Wheels, 1989), i Pooh (Tropico del nord, 1983), ecc.

Tutti gli artisti che contribuiscono a raccontare la storia di questi studi li descrivono come un luogo magico e incantato, creato da un visionario come George Martin, attrezzato con la migliore tecnologia disponibile al tempo. Natura, piscina, mare, lavoro, senza le distrazioni inevitabili di uno studio metropolitano. Bisogna anche dire che gli anni fra il 1970 e il 1990 sono stati un’epoca d’oro per la musica: grandi vendite discografiche, enormi budget di registrazione, una pacchia per i grandi studi conto terzi, come Abbey Road a Londra, Sunset Sounds e Ocean Way a Hollywood, Electric Lady o Power Station a New York.

Purtroppo nel 1989 l’uragano Hugo colpì pesantemente Montserrat, provocando gravissimi danni all’impianto, lasciando senza tetto il 90% degli abitanti dell’isola: George Martin fu costretto ad abbandonare lo studio. A completare l’opera distruttiva, nel 1995 il vulcano a sorpresa riprese l’attività: l’eruzione rese inabitabile oltre metà dell’isola, costringendo molti all’emigrazione. Nel documentario, che sarà presto disponibile in streaming, almeno in Inghilterra (dal 26 luglio), già presentato in anteprima in diversi festival internazionali, non compaiono solo le voci delle stelle, ma anche quelle dei tecnici e produttori che hanno lavorato under the volcano, delle persone che gestivano, amministravano e lavoravano nella struttura. È un’eccellente occasione per vedere un luogo mitico, che ha avuto la fortuna di sentir nascere tanti suoni che fanno parte della storia.

La saga degli AIR Studio non è finita a Montserrat: nei primi anni Novanta, George Martin trovò a Londra una chiesa costruita a fine Ottocento, con una hall esagonale dalle eccellenti caratteristiche acustiche. Nel 1992, con una festa alla presenza di HRM il Principe di Galles, gli AIR Studios Lyndhurst vennero inagurati e da quel momento anche per le dimensioni dello spazio e le caratteristiche acustiche della sala di registrazione, capace di accogliere una grande orchestra, AIR Lyndhurst insieme a pochi altri studi londinesi è diventato uno dei riferimenti per la realizzazione di colonne sonore cinematografiche e/o televisive, oltreché di numerosi album di successo. La storia, dopo un paio di passaggi di proprietà, continua fino ai giorni nostri, nel rispetto dell’eredità artistica, tecnica e imprenditoriale lasciata da Sir George Martin.

Chi ha voglia di conoscere quei tempi gloriosi, può farlo adesso attraverso le immagini, i ricordi e il racconto di questo documentario. Nel 2021, di studi così non ce ne sono quasi più… o meglio, sono migrati altrove, si sono spostati (in piccolo numero) in luoghi diversi, altrettanto o meno esotici, completamente diversi da quelli del passato. Nuovo mondo contro vecchio mondo, nuove destinazioni (Oriente, Sudamerica) rispetto a vecchie destinazioni, vecchia discografia e produzione contro nuova discografia ed editoria musicale. Né meglio, né peggio, ma totalmente diversa. Di George Martin ce n’è stato uno. In maniera differente, produttori e imprenditori come lo svedese Max Martin e l’americano Rick Rubin possono essere considerati i George Martin del nostro tempo, con grande esperienza di produzione e una quantità di successi impressionante: tutti e due, ovviamente, si sono dotati di studi di registrazione di proprietà per i loro lavori.

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