Una rock band, un vecchio leone della musica italiana e una storia che strizza l’occhio ai romanzi di formazione. Al suo quarto lungometraggio da regista, Federico Zampaglione, si allontana nettamente dalle atmosfere orrorifiche dei suoi precedenti film per andare a raccontare la storia di Lodo, con il sogno di diventare un grande cantante insieme alla sua scalmanata banda. Serata dopo serata, Lodo (interpretato da Lorenzo Zurzolo), si rende conto che sfondare non è una cosa affatto semplice, e che prima c’è da fare i conti con la maturazione.

Noi di Rewriters, sempre attenti alla rielaborazione artistica di alcune, nevralgiche tematiche, abbiamo seguito la conferenza stampa di Morrison, dove il regista ha raccontato di quanto, inizialmente, sia stato complicato girarlo:

“Abbiamo iniziato a girare il giorno prima che chiudessero l’Italia. C’era un clima assurdo. Questa atmosfera, teoricamente, avrebbe rovinato il film, ma nonostante ciò avevamo voglia di reagire, di lottare. La vita, a volte, ti fa fare cose che non avresti mai immaginato di fare”.


Come detto, in Morrison, la protagonista assoluta è la musica: “L’obiettivo era quello di fare girare il film attorno alla musica, questo era il teatro”, prosegue Zampaglione, parlando in modo sinceramente appassionato. “Le vicende poi sono di carattere universale, appartengono all’animo umano”. E quando gli si chiede se si è sentito un po’ Lodo: Sì, sono stato in parte il protagonista del film, girando nei furgone, di notte, locale dopo locale… Ero un ragazzo con la voglia di andare avanti, sognando cose anche strampalate. Di musica ne ho fatta tanta, di musica buona e di musica meno buona. Come tutti ho avuto momenti sì e momenti no. Poi se sei sotto i riflettori tutto è amplificato. E ho rivissuto il tutto grazie a questa banda di matti che vedete nel film.

In Morrison spicca uno dei volti più amati del nuovo cinema italiano, Lorenzo Zurzolo. A tal proposito, Zampaglione ha detto che: “È un ragazzo particolare, e molto bravo. Non sapeva suonare, e prima delle riprese gli ho regalato una chitarra. L’idea era farlo cantare, farlo esprimere, e ha scritto anche un pezzo, sulla linea dell’indie. L’ho portato con me in radio, e ho cercato di farlo ragionare come se fosse un vero musicista”.

E qui arriva la profonda riflessione del regista su cosa possa volere dire successo:

“Non ho mai fatto musica spinto dall’idea di sfondare. Il successo è imprevedibile, ho iniziato perché mi piaceva suonare, punto. Il successo non è una cosa che ti appartiene. È una roba che gira, una volta cade da una parte, una volta da un’altra”.

Nel cast di Morrison, liberamente tratto dal romanzo Dove Tutto è a Metà dello stesso Zampaglione, oltre Zurzolo, c’è anche il (sempre) bravo Giovanni Calcagno e, con lui, Carlotta Antonelli e Giglia Marra. Ma sono i due i camei musicali che rendono il film decisamente particolare: “Essendo un film dove si parla di musica, dovevamo trovare dei volti noti che parlassero di musica. Per me, in Italia, Alessandra Amoroso è la migliore, si emoziona quando canta, e lo si vede subito. È una persona umile, è venuta sul set in modo naturale. È lei in quel momento, non l’Alessandra che prova a recitare. Stessa cosa vale per Ermal Metal. È un mio amico, l’ho sempre immaginato come attore, magari in un thriller… Poi è uscito il ruolo di questo talent scout. A lui veniva da ridere, e anche a me. La cosa più difficile era concentrarsi e mantenere il piglio. Però è stato bello averli nel film”, conclude il regista.

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