Questa è una storia personale. Ma la racconto perchè sono certo che vi piacerà.
La Signora Valeri, conosciuta da tutti come quel grande genio dell’ironia e della sagacia, ha sempre dato spazio ai giovani, ha avuto sempre un atteggiamento aperto e accogliente verso chi iniziava il mestiere dell’artista. Sono tanti gli artisti che raccontano della sua genuina gentilezza nei confronti dei più piccoli. Grazie per averci insegnato a praticare la tenerezza!

Tanti anni fa vivevo a Roma e conoscevo una contessa, contessa vera, di quelle nobili con i gioielli e i castelli (anche se i suoi castelli non li avevo visti), che era amica di sua Maestà Franca Valeri.
La contessa era una brava donna, e sapeva che ad un giovane aspirante attore avrebbe fatto piacere incontrare una grande artista del calibro della Valeri, ma facevo il cameriere e occasioni di incontro in teatro non ne avrei sicuramente avute se non fossi andato io a vedere uno spettacolo della Signora Valeri.
E la contessa mi diceva : …E come facciamo? …E come facciamo? Prima o poi te la faccio incontrare…etc etc .

Un giorno ero a casa della contessa a sognare guardando i gingilli sopra le pareti e i quadri appesi ai mobili e immaginavo cene fantastiche su quel tavolo antico di tre metri con sopra un vassoio d’argento pieno di finta frutta fresca; tra una chiacchiera e l’altra, arrivò una telefonata con quel telefono, di quelli con i fili, che quando squillava faceva vibrare pure la lucidissima laccatura del piano forte, sul quale si trovava.
La contessa rispondendo con una serie di saluti e ossequi affettuosi mi fece capire che dall’altro lato del filo, c’era qualcuno di importante: la signora Valeri.  
Io mi avvicinai per cercare di toccare quella voce che mi sembrava così familiare e senza tempo che quasi quasi avevo l’impressione che la signora Valeri mi avrebbe potuto vedere.
Parlava del tempo, di una cena che aveva fatto con il sindaco di un paese dove aveva fatto uno spettacolo e dei suoi cani adorati, tra i quali il suo prediletto RORO.
La contessa disse: “Franca qui accanto a me c’è un ragazzo che vuole fare l’attore”.
Valeri: “Oh poverino!”
La contessa: “E’ un tuo fan!”
Valeri: “Oh doppiamente poverino!”
Io mi sentivo ricchissimo e fortunatissimo, altro che poverino: la signora Valeri sapeva, in qualche modo, che esistevo.
La contessa: “Ha un nome bellissimo, si chiama Tindaro!”
Valeri: “Pindaro?”
La contessa: “No, Tindaro con la T!”
Valeri: “Ah, Tindaro.”
Silenzio inquietante! Forse mi avrà visto al negozio di scarpe, pensavo, vagheggiavo, sragionavo, oppure avrà sentito parlare di me da….ma da chi?!?
Valeri:  “RORO ci piace Tindaro? Ci piace! Beh…farà l’attore con quel nome”.
La contessa mi strizzò l’occhio come a dire che avevo la benedizione della signora Valeri, e io sentii sprizzare gioia e felicità da ogni poro e cominciai a dire sotto voce: “Che meraviglia, che meraviglia, è meravigliosa”.
Valeri: “Quando arriverà il fratellino di RORO si potrebbe chiamare Tindaro!”.

Io non so se poi avrà mai chiamato Tindaro uno dei suoi cagnolini, ma sicuramente in ogni momento io sarò sempre qui, pronto, a scodinzolare per Sua Maestà Valeri, espressione massima dell’intelligenza della scrittura teatrale femminile italiana.

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