Franco Battiato, l’intervista ritrovata: dialogo su amore, guerre e spiritualità
In quest'intervista inedita di 20 anni fa Franco Battiato mi sconvolge con la sua visione, la sua mistica, la sua divinazione. Con la sua verità.
In quest'intervista inedita di 20 anni fa Franco Battiato mi sconvolge con la sua visione, la sua mistica, la sua divinazione. Con la sua verità.
In una vecchia giacca damascata ritrovo dei fogli scritti con inchiostro blu. Si tratta di un dialogo con Franco Battiato che risale a vent’anni fa. In questa intervista inedita parliamo di amore, guerre e spiritualità. Penso a quanto ci manchi la sua voce, la sua verità, la sua strada.
Rileggere quel dialogo mi commuove e mi sconvolge la sua visione, la sua mistica, la sua divinazione, la sua verità. Ho deciso di pubblicarne un frammento. Un tentativo di luce. A volte penso che non sia stato un caso l’esserci conosciuti a Cuenca, nella mancia di Don Chisciotte.
L’umanità appare stanca, immobile, indolente. C’è ancora una strada da seguire?
È l’invito che faccio da sempre: svegliarsi e cercare.
Anni fa ha suonato per la prima volta a Baghdad. Come ha vissuto questa guerra che sta distruggendo anche i monumenti culturali di un popolo?
Il fatto di vedere la cultura calpestata è una cosa quotidiana. Basta guardare l’Italia. Ma questo mi fa meno effetto. Invece fanno sempre effetto questi soprusi da parte di certe nazioni fintamente in difesa di chissà quali ideali di bontà e bellezza invece poi sono dei veri selvaggi come quelli che combattono. D’altronde il popolo al solito è diviso tra dittature più o meno tremende e finta liberazione; e lo stesso popolo ci rimette sempre.
La Tetralogia dell’amore: la speranza in La stagione dell’amore, il misticismo di E ti vengo a cercare, l’amore incondizionato che protegge con La cura e il tradimento trascendentale di Vite parallele. Cos’è l’amore?
L’amore è un colore di una tavolozza grande.
In Mesopotamia cantava – Cosa resterà di me? – Forse l’arte, la musica e la poesia sono tutto ciò che ci salverà e resterà dell’umanità e poi ci sono vite silenziose vissute ai margini e in silenzio. Cosa resta dell’uomo?
Riguarda quello che tu sei come individuo perché in fondo poi l’arte non ti appartiene più in realtà. A volte ci può essere qualcuno che non scrive niente d’importante ma come uomo lascia un segno più forte di tante opere.
Dopo questo dialogo ci siamo ritrovati ancora, questa volta in una conversazione pubblica sul suo film Musikanten con uno straordinario Alejandro Jodorowsky nei panni di un anziano Beethoven. Mentre scrivo questa pagina per Rewriters mi vengono in mente alcune sue canzoni che ho amato.
La musica può essere una preghiera divina per parlare con Dio. La ricerca di Franco Battiato è una ricerca spirituale, poetica e mistica. Come il mistico Giovanni della Croce e il poeta persiano Rumi, Battiato indaga l’infinito, l’assoluto, il Divino. Tutto è iniziato da uno smarrimento esistenziale che lo ha portato a ritrovare quell’io in quella dimensione insondabile in cui il viandante-Battiato ricerca il silenzio, la lentezza per elevarsi in un tempo sospeso, regredire in quel paradiso perduto e ritrovare la luce del pensiero che illumina la strada e allontana i pensieri bui dell’esistenza.
E ti vengo a cercare segna la svolta mistica di Franco Battiato. Una preghiera d’amore che rivela una profondissima ricerca spirituale: parte da un bisogno, da un’esigenza di una comunione, di un incontro con l’altro, atto necessario per ritrovare se stessi ed attingere, infine, a quell’Uno al di sopra del bene e del male, a quell’Altissimo che guarda gli uomini con pietà e li invita ad una vita più essenziale, staccandosi dalle piccole gioie e dalle meschinità sino a mirare – come scrive Dante – le stelle.
Un dio che ci insegna a liberarci dalla materia, dalle nostre miserie, dalle nostre visioni riduttive ed egoistiche, per iniziare un processo di rinascita e “fare come un eremita che rinuncia a sé”, sforzandosi di divenire migliori sino ad abbracciare l’immagine divina di questa realtà.
Un oceano di silenzio scorre lento
Senza centro, né principio
Cosa avrei visto del mondo
Senza questa luce che illumina
I miei pensieri neri
Il superamento delle piccole gioie quotidiane, il superamento dei nostri limiti, della nostra materia passa attraverso il silenzio. Un passaggio obbligatorio, un attraversamento necessario per attingere alla pace, al dialogo interiore, all’ascolto e alla legge dell’anima. Solo nel silenzio si può scorgere la luce e trovare la pace. Solo nel silenzio la vita ritorna, più luminosa, in un non-luogo, in un non-spazio, in un punto lontano dal nostro sistema solare.
Un luogo sconfinato che supera la dimensione del tempo e dello spazio e profuma di divinità, lasciandoci sentire parte di un tutto, in profonda armonia con il creato, con quel mondo inviolato dove regna la verità del mondo, come Franco Battiato scrive in un altro testo dal titolo Lode all’inviolato.
La ricerca della spiritualità avviene attraverso quelle che Battiato chiama tempeste da attraversare, che altro non sono se non le nostre cadute, le nostre sconfitte. Ma in questo viaggio non siamo soli, c’è una presenza divina che ci protegge con la sua “carezza di un custode“.
Ne abbiamo attraversate di tempeste
E quante prove antiche e dure
Ed un aiuto chiaro da un’invisibile carezza
Di un custode
Degna è la vita di colui che è sveglio
Ma ancor di più di chi diventa saggio
E alla Sua gioia poi si ricongiunge
Sia Lode, Lode all’Inviolato
Lode all’Inviolato
E quanti personaggi inutili ho indossato
Io e la mia persona quanti ne ha subiti
Arido è l’inferno
Sterile la sua via
Basta sedersi sotto un albero per guardare l’altro sé e comprendere “le meccaniche celesti” ed il tempo che ci attraversa con le sensazioni atmosferiche ritornando feto, nuotando nella placenta-madre-terra. Quella dimensione pre-natale, prima del mondo, quel ritorno all’acqua e al Dio che ci chiama attraverso un suono di campane o i versi di una preghiera o di un rosario recitato all’alba.
Scrive Battiato in Fisiognomica:
“Se ti senti male
Rivolgiti al Signore.
Credimi, siamo niente
dei miseri ruscelli senza fonte”.
Fra le composizioni più potenti e sacre di Battiato c’è L’ombra della luce, un testo in cui emerge tutta l’umana sofferenza dinanzi alla perfezione di Dio. La ricerca musicale ed esistenziale di Franco Battiato qui si fa lirica e l’artista si fa demiurgo. Una giovane ragazza durante un concerto, ascoltando proprio L’ombra della luce ha deciso di iniziare un cammino monacale divenendo suora di clausura, voltando la sua vita esclusivamente alla contemplazione di Dio.
Difendimi dalle forze contrarie
La notte, nel sonno, quando non sono cosciente
Quando il mio percorso si fa incerto
E non abbandonarmi mai
[…] Come non sprecare il tempo che mi rimane
E non abbandonarmi mai
Perché la pace che ho sentito in certi monasteri
O la vibrante intesa di tutti i sensi in festa
Sono solo l’ombra della luce
Una preghiera, una vera supplica rivolta all’altissimo. Un colloquio intimo, profondo, in cui l’uomo, in preda alle tempeste e alle forze contrarie invoca umilmente il suo Dio, il suo padre, riconoscendo la propria fragilità, esortando il suo Dio a non lasciarlo solo, a non abbandonarlo ai suoi dolori e ai suoi errori per porre fine al ciclo di vite e ascendere ad un mondo più alto, a quello che potrebbe essere il regno dei cieli cristiano o al Nirvana buddista, la luce suprema che supera qualsiasi ombra o piacere terreno.
E il silenzio, la preghiera, l’attesa, la commozione, l’empatia, il donarsi all’altro, la carezza per una madre che sta per andarsene e tornare farfalla, la resistenza alle sconfitte, la premura per un figlio, il camminare insieme, mano nella mano, lo spezzare il pane, l’amore che sublima ogni piccola cosa, quell’amore puro per un altro essere è la cura dell’umanità.
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ogni essere è speciale per la sua unicità. In questa supplica Battiato rinnova la sua esortazione a inseguire sempre la profondità dei sentimenti, anche quelli più bui e nascosti per cercare un orizzonte di senso e ritrovare la via della vita più sacra anche nello smarrimento. Franco Battiato, nella sua visione profetica, anticipa le parole di Papa Francesco “attraverso la contemplazione il nostro cuore sarà libero di agire”.
Nel suo viaggio interiore e spirituale Battiato, come uno sciamano, ci indica una strada, una rotta, che ci induce a non dimenticare le rovine del mondo, i soprusi, la deriva dei valori di fratellanza e giustizia e le indifferenze nei confronti degli ultimi. Ma, soprattutto, ci insegna a coltivare la speranza, a credere nella luce e nel riscatto civile dell’uomo, e nella sua umanità che profuma di divinità. “E forse tutto questo cambierà”, solo se l’uomo saprà recuperare il dialogo con la natura-madre anche se la “primavera tarda ad arrivare”.
“Cristo nei Vangeli parla di reincarnazione” canta Battiato in Testamento e commuove la sua voce rotta e tremante nell’inedito postumo Torneremo ancora .
Un suono discende da molto lontano
Assenza di tempo e di spazio
Nulla si crea, tutto si trasforma
La luce sta nell’essere luminosi
Irraggia il cosmo intero
Cittadini del mondo
Cercano una terra senza confine
La vita non finisce
È come il sogno
La nascita è come il risveglio
Finché non saremo liberi
Torneremo ancora
Ancora e ancora
A volte le preghiere sono urla di dolore come la segreta Stage Door, una canzone inedita pubblicata nel b-side di Shock in my town . La scrittura è a quattro mani con il filosofo Manlio Sgalambro, come del resto la stessa La Cura, La porta dello spavento supremo ed altre vette musicali. In questi versi c’è il tentativo di salvare l’umanità e tornare indietro, in quel mondo di quiete, prima del caos.
Mi sembra di viaggiare
in zone rarefatte del pensiero,
dove si affina la mia disposizione a vivere
che si inebria di stili e discipline.
In un insieme irridente di parche voglie,
celebro il mio vanto i miei sensi la mia unicità.
Furono giorni di stanchezza assurda e depressiva,
di una totale mancanza di lucidità.
Quando ti chiedi in qualche letto sconosciuto,
che cosa hai fatto e perché vivi in tanta estraneità.
Sapessi che dolore l’esistenza
che vede nero dove nero non ce n’è.
Il fatto è che non posso più tornare indietro
che non riesco a vivere con te né senza di te,
credimi.
Perché noi siamo liberi di fare quello che vogliamo,
di uccidere, stuprare e rapinare
e vomitare critiche insensate,
parlare e dire solo sempre inutili cazzate,
per un bisogno quotidiano di tensione
in questo sfoggio naturale di pazzia.
Ci si può difendere restando in modo dell’indifferenza
contro questa crescita esponenziale di follia e di violenza,
o ritornare indietro all’antica pazienza
o ritornare indietro…
Ma io vorrei essere un’aquila vedere il piano del mondo
che inclina verso di noi e le leggi che si inchinano
lanciarmi a inseguire il tuo deserto
e i saperi solenni e le porte dorate cominciare di nuovo il viaggio.