Sí, é vero, avrei dovuto scrivere delle altre etichette della degustazione clandestina, ma ho troppa voglia di raccontarvi, un ritorno dal futuro: assaggiare il vino in presenza.
Che termine orribile per dire guardandosi negli occhi! Anche perché non vorrei perdermi nei miei dissesti emotivi, ma la parola presenza secondo me, é riferibile giusto ad un cartonato piantato lì, senza vita. Lunedì scorso quindi, siamo partiti in tre, quasi tutti vaccinati completamente (quindi fascia quasi anziana, ahimè), per Suvereto, un posto bellissimo in Toscana, nella provincia di Livorno.

Il nostro appuntamento per l’evento che racchiudeva 13 produttori di varie parti italiane, era presso la cantina di una casa vinicola che si chiama I Mandorli. Stavolta non ho guidato, e siccome nessuno di noi aveva quel morso terribile della fretta sulla spalla, ce la siamo goduta, seguendo il navigatore in una di quelle sue proposte alternative\ecologiche dove risparmi il 30% del carburante impiegando il doppio del tempo. Quasi una scelta da ricchi. Quindi ad un certo punto sbucando da non ricordo dove, dopo un infinità di varietà di verdi e curve, ci siamo trovati davanti alle porte medievali di questo borgo d’Italia.

Un belvedere che ti inchioda

È un piccolo paese che guarda dall’alto il mare della Costa degli Etruschi. Negli anni ci sono venuta diverse volte per Calici sotto le Stelle, una manifestazione dove le cantine del territorio nella notte di San Lorenzo, si posizionano con gli assaggi di vino, lungo strade strette, scale di pietra e balconi fioriti illuminati da luci tenue. Uno spettacolo! Allora, sono certa, ero anche più romantica. Comunque… l’opzional parlante mi ha richiamato alla realtà, avvisandoci che la destinazione finale era ancora a 4 chilometri. Abbiamo lasciato la bellezza di quell’ingresso per cominciare ad inerpicarci su una strada che porta a questa località, chiamata Belvedere. Ecco, abbandonare la macchina nel campo e di seguito affacciarsi all’ingresso della cantina I Mandorli, ha dato un senso alla parola. L’ha riempita così tanto e così intensamente da farmi sentire che non siamo altro che piccoli spettatori di fronte alla maestosità di quei panorami che non lasciano spazio all’immaginazione. Ti inchiodano con la loro superbia e credo che a volte si domandino chi sei per volerli cambiare. Quel crinale, chiamato l’Aia dei Merli, dove le vigne vedono in lontananza l’isola d’Elba e il mare confuso con l’orizzonte, mi ha fatto venir voglia di essere piantata in mezzo a loro.

Dopo quel momento di astrazione completa, pian piano mi sono arrivate le voci, che stranamente non erano immaginate, ma vere, di persone in carne e ossa. Così ho preso il mio bicchiere insieme agli altri e abbiamo ricominciato questo meraviglioso ritorno al passato, in questa cantina attrezzata per l’occasione con tavoli, secchielli di ghiaccio, bottiglie e vignaioli. Devo dire che la sensazione della precarietà, dell’incertezza, mescolata alla voglia di stare insieme, tutti, sconosciuti compresi, é stata la protagonista della prima mezz’ora. Gente rivista dopo un anno di zoom che non sai come salutare, ma che per istinto vorresti abbracciare, quasi saltargli addosso solo per il piacere di sentirli. Poi, come sempre con il buon proposito di assaggiare prima bianchi e bollicine, abbiamo iniziato il giro proprio da I Mandorli, gli organizzatori, con il Vermentino.

Degustare e chiacchierare

È stato bellissimo degustare e confrontarsi lì, presso I Mandorli, chiacchierando, sviscerando tutte le caratteristiche di quel vino nel bicchiere. Come un ricordo, ritrovato intatto. Così proseguendo nel percorso delle varie zone di vinificazione, accanto a tini di cemento e botti di legno, abbiamo incontrato un piccolo concentrato di tutto quell’immenso panorama vinicolo che é il nostro paese. C’era anche un produttore di salami, Boasso Carni, dal quale non ho potuto fare a meno di comprare quello lavorato insieme al Nebbiolo. Il momento del pranzo é stato veramente il punto più alto di quella sensazione di libertà che sembrava inarrivabile. Ognuno con il proprio piatto a cavalcioni sui muretti, guardando il mare da lontano con l’immancabile calice davanti. Poi ad un certa ora, dopo aver finito il giro, ci siamo di nuovo messi in viaggio per il ritorno. Stavolta seguendo la strada più breve. Mentre ero in macchina ho pensato alla giornata e a quello che mi aveva regalato. Improvvisamente in uno dei miei percorsi mentali difficili, ho elaborato che siamo come un motore a 4 tempi: aspirazione, compressione, espansione e scarico. E via andare!! Alla fine del mese a Roma per Vini Selvaggi….

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