Mi piace pensare che ci siano persone che aspettano di leggere quello che scrivo. Ho fatto passare qualche giorno in più del solito, ma riaprire il nostro locale dopo questa desertificazione di socialità, ci ha impegnato in maniera totale. L’ansia da prestazione ha fatto banda con dubbi, chissà e regole che non permettono interpretazioni. E alla fine, quando ce l’abbiamo fatta, il sole ha messo il timer, e abbiamo richiuso per la pioggia. In quel frangente avrei voluto essere come un super eroe. Nascondermi dietro un angolo per non farmi vedere per pronunciare la frase magica: “ombrellone a copertura fotoplutonica”. E tac… lo stesso si sarebbe dovuto trasformare in una barriera dove le gocce tornavano indietro facendo la capriola. Vabbè, sognare è ancora gratis. 

Quella combinazione perfetta
di suolo e clima che è il Libano


Torniamo alla realtà. Io so, che rifacendoci alla degustazione di cui ho scritto, dopo Antinori, è venuto il momento di Chateau Musar. Gaston Hochar, il fondatore, era un’innamorato dei vini di Bordeaux, perché già negli anni ’30 facevano la differenza dagli altri. Ma lo era altrettanto di quel lembo di terra in Libano, che si chiama Valle della Beeka. Sapeva che la storia era dalla sua parte con quasi 6000 anni di testimonianze. Dalla Bibbia ai Fenici, che con i loro viaggi avevano trasportato la vite in tutto il Mediterraneo. Quella Mezzaluna Fertile era perfetta. Quindi dopo l’ennesimo viaggio cominciò la sua avventura importando dalla Francia, barbatelle di Cabernet Sauvignon, Cinsault e Carignan, quelli che spesso si chiamano vitigni internazionali. 
È un posto unico per le vigne. Quasi a 1000 metri d’altezza, un suolo calcareo e ghiaioso, tanto sole d’estate e temperature notturne fresche. La perfezione. Siamo a 30 km da Beirut e io per prima, quando penso a questo posto, mi immagino le difficoltà per tutta una serie d’eventi, anche terribili, che si sono succeduti. Per esempio, la decisione di costruire la cantina a Ghazir, a sud della capitale, per essere sicuri di essere dentro i confini libanesi, perché finita la Prima Guerra mondiale, ci fu la divisione dei territori con il sistema del Mandato. In seguito ci fu anche la guerra civile libanese dal 1975 al 1990, dove curare le terre era  davvero complicato. Per non parlare delle vendemmie per le quali si aspettavano le pause dei combattimenti.

In quegli anni, Serge, il figlio, aveva già preso in mano le redini della azienda e il pensiero non interventista sulla gestione della piante, prendeva forma: “diventeranno ciò che vorranno essere”. Vorrei metterlo come 11º comandamento! Il riferimento all’eleganza dei vini bordolesi, lo studio e la fiducia illimitata nelle sue vigne permise allo Chateau Musar 1967 di essere scoperto alla Fiera di Bristol del 1979 e di essere giudicato come la migliore scoperta della fiera stessa. Come si sa gli Inglesi sono i migliori degustatori al mondo e da lì in poi questo rosso ha scavalcato ogni confine, nonostante tutto. È stato così convinto che in buona parte dobbiamo a lui, l’apertura al movimento dei vini naturali. La sua politica NO TOUCH si riassumeva in queste parole:

”l’armonia della natura é migliore di qualsiasi cosa che potremmo mai creare. Credo che dovrebbe essere una priorità cercare di bere ciò che é vero piuttosto che ciò che é buono”.

La tripla A della cantina Chateau Musar

Tuttora i rossi e i bianchi più importanti, vengono imbottigliati dopo 2 anni ed escono sul mercato dopo 5, quindi a 7 anni dalla vendemmia. Fermentazioni spontanee, nessuna  filtrazione, vari passaggi tra i quali, 1 anno in barrique francese. Bottiglie con una capacità d’invecchiare incredibile: quasi delle compagne di vita. In Italia, la cantina di Chateau Musar viene distribuita ed è riconosciuta con la dicitura Triple “A” (agricoltori, artigiani, artisti), quasi a rimarcare la particolarità della sua storia.

Dell’assaggio di quel giorno, non posso dimenticare l’immagine, che leggendone la provenienza, prese forma nella mia mente. Un’oasi nel deserto, piena di cuscini di tante forme, tende morbide che sfioravano terra e vassoi pieni di frutta pronta ad essere assaporata. Nell’aria, intensamente profumata, la certezza che una danzatrice velata avrebbe portato via tutti gli sguardi, non appena il suo corpo avesse mosso anche il più piccolo muscolo, fondendosi inevitabilmente con il tintinnio della musica.

Per acquisti Triple A: staff.triplea@velier.it

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