“La giovane cantautrice norvegese Girl in Red, un’artista da oltre 1 miliardo di stream, nuova firma di Columbia (una delle label del colosso Sony Music, una delle Major musicali del pianeta) pubblica October Passed Me By…”.

Avete appena letto l’inizio del comunicatone che ho ricevuto da uno dei più potenti e professionali uffici stampa italiani, comunicato che racconta l’ingresso della mia artista preferita nel music biz dei grandi numeri.

In casa mia, cari i miei lettori di ReWriters, musicalmente in questi mesi c’è un bel casino. Mia moglie, decisamente adulta come me, è diventata una fan scatenata dei BTS, il gruppo pop più importante di questo periodo. La loro musica, plastificata, è al servizio di show ed estetiche perfette… e non posso non apprezzarla. Dire però che mia moglie la ami, è dura.

Ma anche io pur 50enne, resto legato alla musica giovanile. E una artista come Girl in Red continua a piacermi molto, perché sinora è stata indie… ma ora, chissà che non arrivi, pure lei, agli stadi, in mezzo mondo. Tra i due mondi, quello patinato dei BTS e il rock intimo di Girl in Red non ho dubbi…

E’ senz’altro, credo, una bella notizia, per tutti, che un’artista come Girl in Red, una che ha iniziato in camera da letto, con la sua chitarrina, entri nel giro grosso. Perché del suo rapporto diretto e intimo con la musica tutto lo show biz ha un dannato bisogno. Perché il pop di Harry Styles è grandioso (ho già preso i biglietti per il suo super show estivo a Reggio Emilia, estate ’23), ma non basta mica.

Sto leggendo il comunicatone con attenzione… e molte cose di Girl in Red non le sapevo. Anzi, sono certo le dimenticherò presto, perché una biografia ce l’abbiamo tutti ed è sempre così noiosa. Molto più interessante, invece, è la musica di un’artista capace di gridare (e cantare): “my girl, my girl, my girl…” quando pure lei è una ragazza.

Si dirà che, insomma, non c’è mica bisogno di gridarlo ai 4 venti, nel 2022, che si ama una persona dello stesso sesso. Forse è così. E’ però sicura una cosa: lei, Marie Ulven, giovanissima, quando scrisse quel pezzo, aveva bisogno di diventare Girl in Red e cantarselo, e dirselo, che il suo amore ‘andava bene lo stesso’. E quando si ascolta la sua musica si sente. In un oceano di musica pop così glam, un po’ di verità, un po’ di intimità… a me non sembrano mica male.

E allora via, chiudiamo con una serie di informazioni perfette per noi fan e quasi inutili per tutti gli altri: Girl in Red (nome d’arte di Marie Ulven come dicevamo) ha iniziato a scrivere musica e a pubblicarla su Soundcloud a 16 anni con il nome di Lydia X dopo aver ricevuto in regalo da suo padre un microfono Blue Yeti. Il suo nome d’arte nasce da un tentativo di identificazione con un amico tramite sms mentre si trovava immersa nella folla.

Dopo tanti singoli di successo e miliardi di streaming, nel 2019, è uscito il suo album di debutto If I could make it go quiet, e l’artista è stata citata come icona queer su Paper Mag ed è stata descritta dal New York Times come “una delle cantautrici più acute ed emozionanti che lavorano nel mondo della musica per chitarra“.

Ultimamente Girl in Red ha registrato sold out negli Stati Uniti e in Europa, oltre ad apparizioni ai grandi festival come Coachella, Lollapalooza e Glastonbury. 

Che dire? Ripeto lo stesso concetto, forse non dirompente ma importante. Che un’icona queer, una protagonista della musica indie bussi con una certa prepotenza alla Serie A del music biz a me sembra una bella notizia. Per la sua musica, così diversa dal glam del pop rock e del sound urban prevalente… e non solo.

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