Per cortesia, non equivocate!
A proposito dello spettacolo che stenta a riprendere, dei concerti in spazi con capienza ridotta e dei problemi che si verificheranno inevitabilmente alla fine della bella stagione nei locali al chiuso, si parla molto dell’alternativa al live offerta dallo streaming, gratuito o meglio ancora (si fa per dire) a pagamento.

Ovvero, non potendo fare spettacolo dal vivo, in presenza di pubblico, lo riprendo dal vivo e lo trasmetto in streaming attraverso la rete, facendo pagare un biglietto. Così facendo, potenzialmente raggiungo un pubblico sterminato, remotato, posso anche limitare la trasmissione a certi territori, oppure introdurre posti limitati per rendere ancora più ambito e prezioso l’evento.
Siamo alla frutta. Ho sentito parlare di digital augmented emotion: bello raccontarla così, fa effetto, ma è durissima pensare a un fenomeno del genere. Le emozioni, quelle vere, sono tutt’altra cosa. Ovviamente è possibile provare emozioni (di tipo diverso) guardando su uno smartphone, sul PC o attraverso un tablet o in tv qualcosa, dallo sbarco dell’uomo sulla Luna, in futuro a quello su Marte, Live Aid, il crollo delle Twin Towers, ecc., ma una cosa è essere lì, fisicamente presenti, altra cosa è essere qui, a casa, davanti a uno schermo da 6.6” o da 55” pure con Dolby Surround. Surrogati.

Preme dire che pensare allo streaming come alla sostituzione, al rimpiazzo dei vecchi concerti fa ridere ed è completamente sbagliato: sarà (già lo è, qualche rara volta) un altro prodotto, che dovrà vivere di nuova creatività, possibilmente d’interattività, e aggiungo anche di una qualità audio/video che non risulti mortificante: tutti questi sforzi, creativi e tecnici, e poi finisci nell’imbuto strettissimo di una rete che non ti supporta, che ti comprime e rende tutto una schifezza!

Di che cosa stiamo parlando? Lo streaming, in tempi non sospetti già si faceva, spesso riprendendo pari pari un concerto o uno spettacolo dal vivo, con una varietà di mezzi, da una tristissima camera centrale fissa fino a più camere, presidiate e/o remotate, controllate e gestite in diretta da una regia. Adesso si passerà, nella fase della sperimentazione dello streaming a pagamento, a produzioni più elaborate e complesse, concepite espressamente per questo genere di diffusione. Staremo a vedere gli esperimenti, ma sarà una cosa molto diversa dal live.

Inoltre non bisogna mai dimenticare il valore sociale del vivere e condividere tutti insieme, fisicamente, un evento, qualsiasi esso sia. Uno degli effetti più negativi della pandemia è l’inaridimento delle anime, sole, separate dagli altri. Questo accade non perché noi siamo latini e caldi, ma semplicemente perché siamo persone, abituate (tranne rarissimi casi) a stare insieme. Non poterlo fare, ci ha resi peggiori (soprattutto le persone più fragili), più tristi e sospettosi, inutilmente aggressivi.

P.S.
Ho ascoltato l’ultimo album di Laura Marling, “Song For Our Daughter”, interessante. Lei ha fatto dei concerti in streaming. Me ne frego. Avrei molto piacere di vederla e sentirla dal vivo.

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