Non credete alle sciocchezze della psicologia buonista: l’amore infantile per gli animali può convivere con la più crudele e insensata ferocia. L’umano è l’essere più inquietante, a detta dell’Antigone: soprattutto perché in lui molto spesso il bene procede dal luogo in cui si produce il male, e viceversa.

Così, da bambino amavo tantissimo gli animali ma tendevo a considerare atti d’amore cose che, in effetti, loro si sarebbero volentieri risparmiate. Nel mirino c’erano soprattutto gli insetti.

Innocenti e crudeli giochi di bambini

Un giorno mi misi in testa che volevo aprire una piscina per formiche. Avevo sentito che esistevano i brevetti di nuoto e mi sembrava un’ingiustizia che le formiche non potessero conseguirne uno.

Così mi misi di impegno ad elaborare un’ambientazione e un metodo adatti alla bisogna. L’ambientazione fu abbastanza facile da realizzare: con la bagnarola blu del bucato di mia zia creai una fantastica piscina olimpionica.

Per il metodo misi in pratica le lezioni apprese dai cartoni animati giapponesi che avevano fatto proprio il motto per aspera ad astra (cioè premiavano l’eroe solo dopo che questi si era sottoposto ad un allenamento sadico al di là delle possibilità umane…). Quindi riempivo la tinozza d’acqua, prendevo le formiche una per una, le mettevo da un lato della bagnarola e le incitavo a raggiungere l’altra sponda. Il metodo era semplice: se ce la facevano, avevano ottenuto il brevetto, se non ce la facevano… peccato!

L’altra geniale invenzione della mia infanzia prese invece spunto da una micidiale soap opera che allietava i pomeriggi di mia nonna: il General Hospital. Decisi che sarebbe stato fantastico, filantropico – o meglio insettropico – avere una struttura permanente che si prendesse cura dei poveri insetti malati.

Così scoprii una montagna di mattoni sul retro di casa di mia zia e la ribattezzai General Hospital degli insetti, equipaggiandola di piccole brande e sale operatorie per i pazienti. Che però non arrivavano.

Iniziai a perlustrare il giardino in cerca di qualche povero insetto bisognoso di cure. Ma non lo trovai. A quel punto, l’inquietante deve essersi dipinto sul fondo della mia pupilla…. decisi che se non c’erano pazienti da curare me li sarei procurati. Così, ops, inciampai per caso su un povero bacherozzo e lo sistemai sul suo lettino per curarlo. Stessa sorte capitò ad altri malcapitati… Per fortuna la mia carriera di medico durò poco!

Plotino sosteneva che il male non esiste: e sento il bacherozzo fargli eco da lontano… “allora viecce tu al posto mio!”.

Roberto Marchesini, per una
pedagogia zooantropologica

Ho voluto raccontare due episodi della mia infanzia che oggi mi fanno rabbrividire ma segnalano quanto perfino chi, come me, è arrivato a criticare il pregiudizio antropocentrico e a invocare la liberazione animale abbia comunque dovuto fare una lunga strada per comprendere che amare significa, anzitutto, lasciar essere l’altro, non avere nessuna pretesa di ridurlo ad oggetto a nostra disposizione.

E, soprattutto, quanto sia difficile per noi giudicare con saggezza per via dei sentimenti che inevitabilmente condizionano il nostro modo di pensare.

Per approfondire il tema consiglio vivamente la lettura de Il bambino e l’animale. Fondamenti per una pedagogia zooantropologica dell’etologo Roberto Marchesini, un libro che aiuta a riconsiderare la relazione tra il bambino e gli animali come una componente insostituibile per favorire dei percorsi esperienziali e dei processi di apprendimento che siano in linea e coerenti con il suo vissuto. 

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