I Gorillaz e il loro melting pot musicale nel nuovo concerto in streaming “Song Machine Live”
Si apre un nuovo orizzonte musicale, in cui la musica non è solo musica, il fumetto non solo fumetto e un cantante non necessariamente un umano.
Si apre un nuovo orizzonte musicale, in cui la musica non è solo musica, il fumetto non solo fumetto e un cantante non necessariamente un umano.
I Gorillaz sono un gruppo britannico, affermato globalmente, che ha sconvolto e rivoluzionato la concezione della musica in relazione alle possibilità intermediali di produzione. Non si sa bene come definirli. Sono una band reale o fittizia? Un cartone animato o persone in carne ed ossa? Sicuro è che la musica che producono è una bomba ed è un bel melting pot di generi: dal brit-pop, all’alternative-rock, alla dub, al trip-pop e si potrebbe continuare un lungo elenco.
Le colonne portanti del progetto Gorillaz (che forse risulta il termine più adatto come definizione, in quanto molto vasto), sono Damon Albarn, frontman dei Blur e musicista polivalente, e Jamie Hewlett, fumettista. Per chi non conoscesse i Gorillaz, cosa che credo e mi auguro non riguardi i più, può risultare ambiguo sentir parlare di fumetti in merito ad un discorso musicale, e invece i due ambiti rappresentano le due facce della stessa grezza, splendente, sbeccata e rarissima medaglia.
I Gorillaz sono principalmente quattro e ogni personaggio ha una dettagliata storia alle spalle, partorita dalle menti di Albarn e Hewlett. Il cantante e tastierista si chiama 2D ed è presente da sempre nella storia del gruppo animato. Ha capelli blu, un animo docile e un intelletto per niente brillante; gli incavi degli occhi sono neri, rimasti feriti a seguito di due incidenti causati da Murdoc, il bassista, e mai rimarginati. Proprio da lì viene il nome 2D. Murdoc, per l’appunto, è un satanista misantropo e alcolizzato; alto, moro, pallido e col naso schiacciato a causa delle plurime fratture, bottino di scazzottamenti; è molto scaltro e pare essere il collante e l’architetto della band; è un manipolatore e se la prende spesso con l’ingenuo 2D. Noodle è la chitarrista, è giapponese ed è la più piccola sia d’età che di statura; a dieci anni fu consegnata in un pacco ai Kong Studios di Londra, base della band, dove fu trovata da Murdoc, che, notando le sue doti alla chitarra, la inserì nel gruppo; l’unica parola che conosceva era appunto noodle, pasta, da lì il nome. Il quarto personaggio, anche il meno presente, si chiama Russel Hobbs e sta alla batteria; è mancino, afroamericano, newyorkese, di grande stazza edd è solito esser vittima di possessioni spiritiche; è colto e gentile, ma assente, malinconico e dipendente da Xanax; i suoi occhi sono rimasti languidi e bianchi a causa delle troppe possessioni. Esistono altri personaggi che vanno e vengono nei vari episodi, come Cyborg Noodle, ma hanno minor rilevanza.
Faccio questa panoramica sui personaggi perché non sarebbe sufficiente trattare solo di musica, per quanto siano eccezionali le loro produzioni. I Gorillaz sono una pozione di disegno animato e versatilità musicali e canore di Albarn e dei vari musicisti che si alternano agli strumenti. Il loro repertorio parte a cannone già con il primo album del 2001, Gorillaz, in cui si orientano su un genere più pop-rock, ma già si fanno sentire le modificazioni elettroniche, per quanto sembrino essere tenute ancora a cinghia stretta. Andando avanti con gli anni, avanzano le sperimentazioni, e i sintetizzatori conquistano un po’ di riflettori. L’orientamento verso basi techno e dubstep risulta evidente nell’album Humanz del 2017, fatto uscire dopo un periodo di silenzio di circa sei anni, che stava logorando i fan umani di questi musicisti computerizzati. I Gorillaz, grazie a questo avanguardismo multimediale, si sono palesati sul panorama musicale mondiale come innovatori e come possibili esploratori di nuovi mondi, in cui i confini si spostano un po’ più in là, in cui la musica non deve essere solo musica, il fumetto non solo fumetto e un cantante non necessariamente un umano.
La miniserie di videoclip disegnati da Hewlett ha di base un filo logico e, tramite avventure e disavventure animate, mostra e vivifica il processo di crescita musicale del gruppo. Questo progetto narrativo pare aver raggiunto il proprio apice pochi giorni fa. Il 2020 è stato un anno che ha messo a dura prova tutte le consuetudini a cui eravamo abituati ed ha richiesto una repentina capacità d’adattamento e di reinvenzione. Questo è valso anche per gli artisti, che, privati dei loro palchi e del loro pubblico (per alcuni linfa vitale), hanno dovuto tirare fuori dal cappello una qualche idea per mantenere la connessione con la loro audience. A tal proposito, il 12 e 13 dicembre, i Gorillaz si sono esibiti live ai Kong Studios, trasmettendo streaming in tutto il mondo, in tre diversi fusi orari. La grande sala dei Kong, completamente vuota, fatta eccezione per strumenti, musicisti e Albarn, risultava fredda e ampia, ma a scaldare la situazione e a rendere il tutto più colorato e dinamico ci pensava la proiezione su mega schermo dei brevi episodi disegnati da Hewlett per ogni traccia. Grandi ospiti hanno partecipato a questa miniserie musicale, chiamata non a caso Song Machine Season1: Strange Timez. Robert Smith dei Cure, rappresentato sullo schermo dentro la facciona bianca della luna, partecipa a una traccia intitolata proprio Strange Timez ed Elton John è in versione animata, seduto al pianoforte, nella sua impeccabile giacca rosa.
Alcuni hanno definito questa esibizione 2.0 noiosa e deludente. Di certo l’attesa dei fan si sarà gonfiata di aspettative, un po’ per i motivi innovativi che i Gorillaz portano nelle proprie corde e un po’ perché raramente fanno buchi nell’acqua. Personalmente, io l’ho trovata un’iniziativa divertente, ovviamente nulla a che vedere con i live a cui eravamo abituati prima della pandemia, in cui si condivideva aria, terreno e onde sonore, ma sarebbe sciocco aspettarsi anche solo una possibile comparazione. I tempi sono cambiati, possiamo godere di musica solo a distanza, ma perlomeno, con il live, è stato possibile evitare la distanza temporale. Il momento infatti era il medesimo per ogni ascoltatore e, seguendo l’esibizione in diretta, ci si poteva immaginare uniti ad altre tante orecchie, sinapsi e occhi in giro per il mondo, che si godevano le acrobazie musicali e visive dei Gorillaz.
Consiglio a tutti di fare un giro sul sito del gruppo dove potrete godere gratuitamente dei videoclip di Hewlett e di tutto l’ultimo album di quei matti avanguardisti a due dimensioni.