Remixare una traccia celebre e affermata è sempre un rischio. Tendenzialmente, se il brano originale ha già riscosso un gran successo, si suppone che la rivisitazione non possa esserne all’altezza. Credo che sia erroneo, non il giudizio, in quanto ognuno è libero di assecondare la propria percezione e il proprio gusto, quanto il punto di vista. Nell’ascoltare il remix di una traccia nota ci si dovrebbe approcciare, a mio avviso, come se fosse un nuovo ibrido, non un’evoluzione di qualcosa di preesistente. Bisognerebbe porre il nuovo mix sul vetrino ed analizzarlo come se fosse una sostanza mai osservata prima, così da evitare condizionamenti o aspettative.

La musica elettronica è l’ambito musicale privilegiato per accedere alla modificazione fonica; grazie a strumenti come i pads e i sintetizzatori, i suoni vengono alterati o anche creati dal nulla. Pensate che universo si può aprire nel relazionarsi a tracce che già luccicano come pepite d’oro, nella consapevolezza di poterle fondere e risaldare in nuovi stampi. I remix elettronici di pezzi celebri sono di vario tipo: alcuni stravolgono totalmente l’aura del brano iniziale, altri la intensificano, altri ancora ne sono celebrazioni e sfruttano l’originale in vista di uno nuovo scopo emotivo o situazionale. L’elettronica si presta alla contaminazione come nessun altro genere e, ogni tanto, le pepite d’oro diventano magnifici complessi statuari.

Emblematica di questo sfruttare e riformare è l’opera musicale di Fatboy Slim, che di certo non ha bisogno di presentazioni e le sue tracce tanto meno. Mantenendo la metafora dell’oreficeria, Fatboy è il principale mastro fonditore. Brani come Praise You, remix di Take Yo’ Praise, canzone del ’75 di Camille Yarbrough, o The Joker, versione accelerata e distorta dell’omonima traccia della Steve Miller Band, sono dei veri e propri potenziamenti delle originali. Fatboy Slim, essendo molto conosciuto, nell’attingere a generi musicali distanti dal proprio, rianima le tracce su cui lavora e le illumina di una nuova luce, permettendo a molti dei suoi fan di entrare in contatto con ambiti musicali ai quali altrimenti sarebbero probabilmente rimasti estranei.

Ad ogni modo, la fama non è direttamente proporzionale al risultato e, con il giusto intuito, dalle pepite si possono comunque originare preziose creazioni. Un esempio in questo senso è Hudson Mohawke, pseudonimo di Ross Bichard, Glasgow, classe ’86. Pochi giorni fa, mi sono casualmente imbattuta in un suo remix di Iron Sky, canzone famosissima di Paolo Nutini. In questo caso, non credo ci sia stravolgimento o modificazione epifanica del pezzo originale, ma una forte enfatizzazione delle caratteristiche strutturali del brano. Lo strazio e la preghiera nella voce di Nutini vengono somatizzati dal sintetizzatore e sottolineati nei lirismi di una voce femminile, che amplifica l’atmosfera blue del pezzo.

Una traccia che è un caso a sé è We Are Mirage di Eric Prydz. Il dj svedese, nel 2014, ha creato un mashup di altissimo valore, recuperando il celebre brano We Are The People degli Empire of the Sun e accoppiandolo a Mirage di Pryda. Quest’ultimo altro non è che uno dei tre alter ego dello stesso Eric Prydz. Il dj, infatti, accoglie in sé la medesima struttura ibrida ed equilibrata che regge We Are Mirage; il suo estro artistico si articola in altre quattro personalità, che cambiano a seconda del genere musicale che viene suonato: Pryda, Moo, Cirez D e Sheridan. Sin dagli inizi della sua carriera, Eric Prydz si cimenta in remix di tracce note: nel 2006 domina la Global Dance Traxx, classifica dei brani più ballati al mondo, per 14 settimane, con Proper Education, rivisitazione in chiave house della storica traccia Another Brick in the Wall dei Pink Floyd.

Pare quindi che Fatboy Slim non sia l’unico mastro fonditore, ma che spartisca il comando della bottega con il plurifronte Prydz. Per entrare in quest’accademia d’oreficeria musicale sono necessari degli elementi di base, come un buon orecchio e molto studio, certo, ma soprattutto una spiccata sensibilità. Per remixare un brano noto e raggiungere un buon risultato, occorre percepire gli attimi e le evoluzioni dell’originale, capendo dove e come inserirsi. Swoosh, un giovane dj della scena techno romana, credo abbia passato con ottimi voti gli esami accademici e sia entrato a pieno titolo tra i fonditori musicali, con i remix di due tracce molto note. La prima è Child in Time dei Deep Purple, che, nel 2015, passando per il filtro creativo di Swoosh, si colora di suoni minimal che sovrastano l’originale aura hard rock del pezzo, creando uno stato d’animo totalmente differente dall’aspettativa. Questo remix è un esempio lampante della necessità di distinguere il brano neonato dalla materia originale, in vista di un godimento non condizionato. La seconda traccia che, personalmente, trovo essere una gran celebrazione dell’originale, è il remix di Le acciughe fanno il pallone di Fabrizio De Andrè. In questo caso, il produttore romano utilizza, come punto di partenza, un brano idealmente distante anni-luce dalla realtà metallica dell’elettronica. La canzone del cantautore genovese si presenta infatti come un profondo e malinconico racconto in musica di varie leggende di pescatori e procede scivolando su un ritmo lento e suadente. Swoosh recupera la base, già tendente a sonorità esotiche grazie all’utilizzo di flauti e bonghi, e ne esaspera il La orientaleggiante, fino a trasportare l’ascoltatore tra i venti caldi di un qualche paesino in festa sulle coste del Medio Oriente. I beat leggeri e accelerati rianimano la traccia facendo venir voglia di ballarla senza sosta. Anche qui, il mood che il nuovo ibrido infonde nell’ascoltatore è molto distante da quello originario.

Remixare tracce note oltre che un rischio, è una grande sfida e, se si riesce nell’intento, si può dar vita a entità nuove, senza nulla togliere ai brani di partenza, che anzi vengono spesso celebrati. Non si tratta di competizione o paragoni, perché una volta che la traccia madre è modificata, il nuovo ibrido da essa esula in cerca di nuovi spazi d’esistenza. In queste poche righe, ho riportato solo alcuni delle migliaia di esempi di remix riusciti di cui si potrebbe parlare, così vi invito ad ascoltare questi a cui ho accennato, a cercarne altri e, perché no, se credete di avere la stoffa per entrare nell’accademia dei fonditori musicali, di provare a raccogliere la sfida e produrne di nuovi.

Condividi: