Se esiste un senso di realtà dovrà pur esistere un senso di possibilità.
Abbiamo imparato che parlare di crisi climatica significa immaginare eterotopie, ma da quali principi? Tra i tanti qui mi soffermerò sul deconsumo, la necessità generalizzata di consumare meno e in maniera diversa ma soprattutto di non estendere la logica del consumo ai vari aspetti della vita.
In bioeconomia un concetto fondamentale per misurare la sostenibilità di un sistema è la biocapacità, che potremmo considerare l’offerta disponibile di un ecosistema, le risorse disponibili che permettono la riproduzione dei sistemi naturali. Questo concetto si lega a quello di impronta ecologica, che invece rappresenta la domanda ed è legato a vari fattori. La differenza fra queste grandezze è il deficit ecologico, di cui possiamo farci un’idea con l’overshoot day.

A questo deficit possiamo associarne un secondo, quello che lo scrittore, antropologo e filosofo francese Georges Bataille definiva dépense, e che rappresenta l’insieme delle attività che eccedono il servile, le attività di riproduzione del sistema, il metabolismo basale dei sistemi umani. 
Il concetto di dépense ci permette di storicizzare anche l’uso dell’eccesso di energia e come questo definisce le società, e qui si differenzia e si sovrappone al tempo stesso a concetti analoghi che nella storia del pensiero sono stati mutuati dalla biologia alla filosofia (tra i più noti il pluslavoro, il principio di prestazione).

Ci sono varie definizioni di dépense che si rifanno a seconda dei casi alla pulsione di morte freudiana o all’analisi dei Potlach di Mauss all’interno della logica del dono. In entrambi i casi il riferimento dischiude la dimensione sociologica che regola l’accesso al sacro come scelta collettiva,  uno strumento analitico che viene dalla sociologia delle religioni. Originariamente infatti il significato del sacrificio era proprio la dissipazione come rituale, che, secondo il filosofo francese, si è conservato nel tempo esprimendosi nella furia consumistica generante una necessaria filosofia della catastrofe: non avendo più meccanismi di sfogo collettivi il pensiero millenaristico occidentale non può che pensare, progettare una via crucis verso la rottura di ogni limite. Il sacrificio sacralizzava alcuni oggetti proprio attraverso la loro distruzione, sancendo la loro funzione simbolica.
La forma attraverso la quale si attua la perdita del sacro, che qui rappresenta la dimensione politica, relazionale dell’uomo in un rapporto paritario col resto del vivente, è l’individualismo. L’individuo soddisfa desideri illimitati in una contrattazione tutta solipsistica, capace solo di dissolversi nei miti d’oggi, non i miti frutto di elaborazioni comuni.

Certamente il paradigma della scarsità fa da sostegno a una teoria del desiderio incentrata sui singoli. Così si sancisce l’identificazione della libertà con la libertà positiva relegando la libertà negativa, una libertà che potremmo ripensare come cibernetica, definita dai vincoli intersoggettivi.

Queste osservazioni non definiscono certamente un corpus definito e risolto, in quanto il concetto di dépense e quello di desiderio come mancanza sono intrinsecamente legati; è colui che aspetta guardando le stelle.
Definizione molta criticata, anzi, arricchita dalla critiche, che va approfondita.
In questo senso continuare la riflessione di Georges Bataille permette di riappropriarsi degli immaginari senza cadere nella deriva della pubblicità al potere, ben illustrata nel saggio di Valerio Magrelli, Il Sessantotto realizzato da Mediaset, edizioni Einaudi.
Da qualche anno infatti la dépense è un principio ombra dei movimenti per la post crescita, in quanto interrogazione sul senso e sul valore dell’azione umana.

di Emanuele Akira Genovese per conto di Valeria Belardelli

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