Nella settimana tra il 19 e il 23 settembre si è tenuta presso la Technischen Universität di Vienna la prima edizione della Summer School Digital Humanism. L’idea prende le mosse da un progetto avviato nel 2019 e ha il suo documento statutario nel Vienna Manifesto on Digital Humanism.

Lo sviluppo dell’Informatica sta rendendo possibile la graduale digitalizzazione della nostra società. Il concetto di Digital Humanism prende le mosse della necessità di un’interazione tra mondo digitale e mondo fisico. Per fare ciò occorre modificare la concezione monolitica dell’informatica come materia a sé stante e considerarla come una disciplina in grado di incidere e modificare le discipline con cui entra in contatto.

Il Digital Humanism è un approccio che descrive, analizza e prova a influenzare l’interazione tra le tecnologie informatiche e l’umanità, con lo scopo di creare una società che rispetti a pieno i diritti umani universali. Il Manifesto del 2019 si apre con una frase di Tim Berners-Lee, fondatore del Web: «The system is failing». Non si tratta dell’incipit di un romanzo distopico, ma della constatazione delle difficoltà che la digitalizzazione incontra nel momento di relazionarsi con il mondo fisico, quello abitato e animato dagli esseri umani.

I nodi problematici sottolineati da Berners-Lee riguardano in particolare le strategie pubblicitarie, la neutralità della rete e le fake news, si rimanda dunque alle questioni della gestione dei dati, della sorveglianza, della privacy e dell’affidabilità dell’informazione e della regolamentazione.

Se utilizzate in maniera sbagliata, le tecnologie digitali sono in grado di creare una realtà alternativa e aprire veramente la strada alle peggiori distopie. Rimettere le persone al centro significa fare in modo che la rivoluzione digitale vada di pari passo a una rivoluzione sociale, con la creazione di una società in grado di comprendere e utilizzare la tecnologia in maniera consapevole e non discriminatoria. 

L’appello rivolto attraverso il Manifesto di Vienna coinvolge tutte le parti sociali: l’accademia, le professioni, l’industria, la politica. Solo un’azione congiunta, infatti, può rendere possibile la rivoluzione sociale di cui c’è bisogno.

Dal punto di vista più strettamente legato alla ricerca e all’Università, quello che sembra indispensabile è la creazione di un canale di dialogo tra discipline scientifiche e umanistiche, superando il gap rappresentato dai differenti linguaggi e dalle differenti impostazioni:

«è giunto il momento di affiancare ideali umanistici a una riflessione critica sul progresso tecnologico».

Per queste ragioni il Manifesto cita espressamente movimenti culturali del passato che hanno interessato la sfera dei saperi umanistici:

«questo manifesto si pone quindi in continuità con la tradizione intellettuale dell‘umanesimo e con movimenti analoghi che ambiscono a realizzare un‘umanità illuminata».

Centrale è anche il concetto di scelta

All’origine di qualsiasi innovazione c’è una scelta compiuta da una o più persone, che si pongono un obiettivo che tenda a colmare certe necessità della società in cui vivono. Mantenere ferma l’idea di scelta appare centrale nello sviluppo tecnologico.

Il progresso non deve espandersi all’infinito, ma deve avere una direzione ben precisa: non si deve fa qualcosa solo perché la si può fare, ma si deve farla come risultato di una valutazione eticamente connotata. La tecnologia dovrebbe essere al servizio dei bisogni dell’essere umano, non creare nuovi bisogni.

Tra i principi enunciati all’interno del Manifesto di Vienna troviamo la volontà di progettare tecnologie «per promuovere la democrazia e l’inclusione», il rispetto della privacy e della libertà di parola, la necessità di un dibattito pubblico sul quale basare le direzioni della ricerca e la legislazione, il superamento dei monopoli tecnologici e l’intervento dei governi nel mercato, la necessità di non demandare ai sistemi automatizzati quelle decisioni che possono influire sui diritti umani, il riconoscimento da parte dei professionisti e delle professioniste della «loro corresponsabilità nell’impatto sociale delle tecnologie digitali», la creazione di programmi di studio interdisciplinari, l’educazione di tutta la popolazione all’informatica e alle questioni etiche ad essa connesse.

Un primo prodotto di questo progetto è il libro Perspectives on Digital Humanism (Springer, 2022), a cura di Hannes Werthner, Erich Prem, Edward A. Lee e Carlo Ghezzi, che riunisce 46 contributi di 60 studiose e studiosi, con lo scopo di dare voce a differenti visioni intorno all’interazione tra mondo digitale ed essere umano, assecondando lo spirito di inclusione e interdisciplinarità che anima il movimento.

Con l’Umanesimo, nel XV secolo, si tornava a mettere al centro l’essere umano, a renderlo protagonista della storia e del proprio destino. Ciò avveniva in corrispondenza di alcuni avvenimenti topici per l’umanità: la teoria copernicana, l’invenzione della stampa, le esplorazioni geografiche. Un mondo che guardava avanti e che allo stesso tempo tornava alle proprie radici, riscoprendo l’antichità romana e greca.

L’Umanesimo Digitale oggi tende allo stesso approccio: guardare avanti senza tralasciare i valori che nel corso dei secoli hanno improntato la filosofia, il diritto, la sociologia e le altre discipline che entrano in dialogo nel concetto di Umanesimo Digitale, rimettendo ancora una volta al centro l’essere umano.

Come abbiamo visto, l’Umanesimo non è l’unico momento della storia al quale si fa riferimento per costruire la nuova strada della Rivoluzione Digitale: l’altro concetto che torna spesso è quello di Illuminismo.

Si guardi, ad esempio, al Digital Enlightment Forum, progetto avviato nel 2011, che si ispira anch’esso al rispetto dei diritti umani, della democrazia, della privacy, della trasparenza e della responsabilità, con lo scopo di utilizzare la tecnologia con un approccio human-oriented.

Come l’Umanesimo, l’Illuminismo fu legato a una serie di cambiamenti, come la rivoluzione scientifica e quella industriale. L’Illuminismo mise al centro l’utilizzo della ragione in funzione critica; stavolta a essere riportato all’attenzione non fu semplicemente l’essere umano, ma l’essere umano in quanto creatura pensante.

In un’epoca come la nostra, nella quale assistiamo spesso a ritorni dell’irrazionale, il richiamo all’Illuminismo quale concetto guida per la Rivoluzione Digitale sembra quanto mai appropriato.

L’Illuminismo è stato un momento di discussione, come quella attualmente in atto nel mondo del digitale, e un movimento che mirò alla collaborazione tra scienza e cultura umanistica, la stessa collaborazione a cui facciamo appello oggi, con l’obiettivo di costruire una società eticamente sostenibile.

[In collaborazione con Daniel Raffini]

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