Quand’era ragazzino, i genitori fornivano alla scuola una dichiarazione, che certificava che avesse bisogno di uscire dalla classe, almeno una volta durante l’ora, e muoversi nei corridoi. Muoversi, fare qualcosa, non stare fermo lì. Soprattutto da quando erano tornati a Roma da Manhattan, e lui si sentiva ammattire: cos’era, questo paese dove le persone erano solo bianche, e non c’era nemmeno un ristorante cinese? Lui che era abituato, ragazzino italiano negli anni Settanta, a buttarsi a giocare verso la Tredicesima o Dodicesima di Manhattan, e a ritrovarsi l’unico, coi suoi capelli rossi, a somigliare all’idea di un americanə: intorno a lui ragazzə orientalə, nerə, latinoamericanə, una mescolanza di colori e di accenti e di odori.
Era abituato a bagnarsi nel mondo. Ha radici qui il suo naturale impulso all’amicizia col migrante di passaggio.

(courtesy of Baobab Experience)

Che paese era mai quello, dove le persone erano solo bianche?

I miei – mia madre ricercatrice biologa alla NY University, mio padre giornalista a Rai International – mi avevano portato piccolissimo a conoscere l’Africa, l’Asia, l’Europa. Avevo trascorso tre mesi a Cuba, dove mia madre aveva avviato un Dipartimento di Biologia Cellulare; andavo con loro alle manifestazioni contro la lontana guerra nel Vietnam; a casa nostra, venivano ospitati intellettuali in fuga dalle dittature sudamericane; le conversazioni sulle vicende del mondo erano pane quotidiano a tavola. Catapultato nella Roma dei primi anni Ottanta, io mi sentivo mancare l’aria. Già a 14 anni sono partito per il primo Interrail.

E già a 14 anni si impegna in politica, è un “figiciotto”, cioè un iscritto alla Federazione Giovanile del Partito Comunista.

Non ero fatto per lo studio, proprio non riuscivo a stare fermo e chino a un tavolino, mi sono diplomato al Tasso (uno dei migliori licei classici di Roma, ndr) con enorme faticaPoi sono andato a fare il servizio militare, da alpino in Val d’Aosta. Quando mi congedo, mi metto subito alla ricerca di un lavoro manuale. È estate, la Camera dei Deputati è chiusa, mi offrono di smontare e montare i vetri del Velario che vanno al restauro.

E fa questo lavoro. Ma il Velario – la copertura in vetro della Camera – è un capolavoro liberty, e lui mentre li smonta e li rimonta si innamora della bellezza di quei vetri. Allora, quando il lavoro finisce, si lascia cooptare dalla vetreria che ha fatto il restauro; e anni dopo si mette in società con un vecchio amico, l’architetto iraniano che ha fondato la vetreria Era Vetro. È questo tuttora il suo lavoro.

(courtesy of Baobab Experience)

I colori e le lingue, il sentimento del mondo.

Nel frattempo, facendo avanti e indietro fra piazza Vittorio dove abita, piazza Bologna dove abita la madre, e il laboratorio dove lavora, nel 2015 Andrea scopre via Cupa, per caso, come per caso l’hanno scoperto tantə di noi romanə. Un luogo di accoglienza deə migrante, in quel momento terribilmente sovraffollato, difficile da gestire e da tenere pulito, ma confortato dalla generosità del quartiere,

con la vecchietta che scendeva dal terzo piano per offrire la torta che aveva appena sfornato.

Rimane preso dal miscuglio dei colori e le lingue, dal calore umano di quel luogo di passaggio, dal sentimento del mondo. Si offre di dare una mano. Lui parla inglese, parla francese, è stato consigliere in quel municipio, riesce a dialogare con le istituzioni. Diventa il mediatore, il portavoce, il leader, di fatto l’anima di quei volontarə. D’altronde nessuno ha la sua energia, quel flusso inesausto di calore e movimento da smistare agli altri.

I volontarə del 2016 conservano il nome del Baobab di via Cupa, vi aggiungono la parola Experience (richiamo un po’ rock, se è vero che nasce giocando con Jimi Hendrix, ma anche perché sanno già che sarà un’esperienza non da poco per tuttə) e si danno uno statuto.

Il 2016 è anche l’anno della grande delusione della sinistra, arriva come Ministro degli Interni Minniti, ed è l’anno del decreto Minniti Orlando:

Il centro sinistra ha steso un tappeto rosso alla destra, quando ti metti sulla difensiva culturalmente sei già perdente.

La storia di Baobab si snoda attraverso 38 sgomberi della Polizia delle aree, di volta in volta allestite, per l’accoglienza deə migranti in movimento (cioè della stragrande maggioranza deə migranti, per cui l’Italia è solo una tappa del viaggio). Insediamenti illegali, certo, insediamenti di fortuna, per forza.

Questa massa in movimento, esausta fisicamente e psicologicamente da viaggi pericolosi che spesso durano anni, senza risorse, senza strumenti, neanche quello della lingua, non viene accolta, rifocillata, informata, viene anzi perseguitata perché “illegale”. Così rischiamo di consegnarla come manovalanza alla criminalità organizzata e o al radicalismo e al fondamentalismo

(courtesy of Baobab Experience)

Accoglienza o legalità, una scelta di campo

Andrea, tu hai fatto necessariamente una scelta di campo: fra accoglienza e legalità hai scelto l’accoglienza. Hai due figlie, come hai insegnato loro il concetto di legalità?

Alle mie figlie ho spiegato che viviamo in anni in cui a volte legge e giustizia non coincidono, e se tu combatti l’ingiustizia sei illegale. Ma anche che tutto quello che faccio lo faccio alla luce del sole, e lo dichiaro apertamente, sempre.

Andrea Costa comincia ad essere citato come la controparte di qualsiasi governo in Italia in materia di immigrazione. Il New York Times pubblica un video sul suo lavoro. Lo intervistano da Francia, Russia, Germania, Giappone, Olanda, Spagna, Inghilterra, Olanda, Turchia, Austria, Slovenia…da ovunque. Yanis Varoufakis presenta presso di loro il suo progetto sulle politiche europee.

Intercettato e pedinato

Troppa esposizione mediatica. Nel 2022 Andrea saprà di essere stato intercettato per tutto l’anno precedente e più, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia, con l’ipotesi evidentemente di associazione a delinquere. Lo hanno pedinato e gli hanno scattato di nascosto foto in strada a ogni ora del giorno. Hanno controllato i suoi conti, ma anche quelli della madre, della sorella, degli amici.

Volevano dimostrare che avessi un vantaggio economico da Baobab, dovevano dimostrare che chi si oppone a loro lo fa perché vuole trarne un beneficio personale. È stato terribile leggere la trascrizione delle conversazioni personali, a volte molto intime. Ho chiesto scusa a tutti i parenti e gli amici, qualcuno si è pure tenuto lontano da me da allora.

Alla fine, l’unica cosa che viene fuori dai controlli e le intercettazioni è che nel 2016 Baobab ha regalato a 9 migranti il biglietto di viaggio in autobus fino a Ventimiglia, dove speravano di passare la frontiera: questo consente di formalizzare almeno l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per Andrea e altri due volontari.

Eppure noi di Baobab eravamo appena tornati dalla Moldavia, avevamo attraversato 5 frontiere di cui 2 extracomunitarie, portando in Italia donne e bambini che scappavano dalla guerra, e nessuno ci aveva fermato, anzi: avevamo ricevuto il plauso delle autorità…

Ma siccome le intercettazioni stesse dimostravano che i soldi per l’acquisto di quei biglietti erano frutto di una colletta, tutto si conclude con un “il fatto non sussiste”.

(courtesy of Baobab Experience)

Piazzale Maslax

Ora  Baobab Experience accoglie le persone in movimento nelle tende di piazzale Maslax (così chiamato dal nome di un “dublinato”, cioè di un giovane somalo rimandato in Italia per gli accordi di Dublino – dopo che con anni di viaggio era riuscito a raggiungere la sorella in Belgio – e costretto in un centro a Pomezia: non ha retto alla malinconia e si è impiccato). Vive essenzialmente di donazioni in natura: vestiti, scarpe, coperte, tende, cibo. Ogni giorno della settimana c’è chi si incarica di fornire i pasti, un giorno una trattoria di S.Lorenzo, un giorno Casetta Rossa, un giorno la Croce Rossa, un giorno la parrocchia della SS. Trinità a Villa Chigi, un giorno gli evangelicə di Beth-Shalom. Un altro giorno, il taxi di un volontario gira a ritirare i pasti nelle case di privatə cittadinə che hanno cucinato ognunə per 20 persone.

Il migrante non è una figura quasi mitologica, una categoria: sono singole persone, con pregi e difetti come noi, forze e fragilità, esigenze e desideri. Noi vogliamo sconfiggere la postura psicologica del questuante, perciò si cucina per loro quello che si cucina per una sera con gli amici; e proprio perché sono di passaggio, e difficilmente li aspetta una vita che gli consentirà un domani di fare i turisti, li portiamo a vedere il Colosseo e i Fori Imperiali, i ragazzini magari li portiamo allo Stadio Olimpico. Perché molti sì, fuggono da guerre, fame e dittature, ma altri per una vita migliore: allora, perché fargli perdere una città come Roma?

(Courtesy of Baobab Experience)

Baohouse

Oltre a supportare le persone in movimento, con cibo, vestiario, assistenza medica e informativa sui diritti, Baobab Experience dà accoglienza a rifugiatə e richiedentə asilo: alloggio – con l’aiuto di Otto per Mille Valdese e la Fondazione Gabriel scuola, avviamento al lavoro, sportello legale, supporto psicologico.

Finalmente vede la luce il Welcome Center alla Tiburtina

Intanto finalmente vede la luce a dicembre il Welcome Center, una operazione del II Municipio, che si affida a Baobab per i migranti in transito e a Civico Zero per i minorə non accompagnatə.

È una vera e propria casetta di fronte alla Stazione Tiburtina, 70 mq coperti dove i migranti troveranno uno sportello in grado di dargli tutte le informazioni, fuori ha giardino, una tettoia, un wifi

Piazzale Maslax durante un’emergenza neve (courtesy of Baobab Experience)

Capitani Coraggiosi e la Rete Rebbio

Baobab Experience non è solo Roma. È lavoro e rapporti internazionali. Andrea e gli altrə si recano spesso sulla pericolosa rotta balcanica, per consegnare tende o altre donazioni, là dove imperano le gang dello sfruttamento, spesso in combutta con la polizia.

Così come sono impegnatə nella campagna Capitani Coraggiosi, per queə 3mila migranti attualmente in carcere perché individuatə come “scafistə”:

In genere ne va di mezzo il più povero, quello che non aveva i soldi per pagarsi il viaggio: i trafficanti gli hanno dato una bussola e lo hanno messo al timone, e quando arrivano, né lui né gli altri capiscono una parola e firmano qualunque cosa. Così alcuni finiscono per farsi, innocenti, anche 7 anni di carcere.

E nella Rete Rebbio – che si chiama così dal nome del quartiere di Como dove don Giusto, prete di base, accoglieva ə migranti in transito verso Chiasso – dove si coordinano con molte altre associazioni, come Medici Senza Frontiere e Sea Watch Italia, – per salvaguardare il cammino delle persone in movimento.

Andrea, qual è il tuo più grande desiderio riguardante Baobab Experience?

Vorrei che il nostro lavoro di prima accoglienza per i migranti di passaggio diventasse inutile.

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