È da poco iniziato il periodo delle settimane bianche; sicuramente sotto le feste in molti sono partiti o partiranno in questi giorni. Quest’anno, cadendo la Befana di venerdì, il rientro si sposta al 9 gennaio, per la gioia di albergatori e scolari. Cosa fare se siete sulle Dolomiti, patrimonio mondiale dell’Unesco, oltre sciare, sciare e sciare? Oltre agli après-ski e alle cene in rifugi in quota con il gatto delle nevi? Vi propongo una visita ad un posto leggendario: il Pordoi.

Ho passato il mio primo gennaio 2023 proprio su questa vetta del gruppo montuoso del Sella durante una giornata di luce bellissima e cielo azzurro. Giro da fare in compagnia, ma ancor più emozionante in solitudine, come ho scelto di fare io. Si passano regioni e si fanno balzi nel tempo. Sono arrivata al passo Pordoi con gli sci. E fin qui siamo in Veneto. Vado verso il Trentino – Alto Adige.

Poche costruzioni, un albergo di stile savoiardo, una casa alpina del C.A.I., bandiere sventolanti che fanno tanto secolo breve (se non fosse per quella della U.E.).

casa alpina del C.A.I.
(ph. Barbara Lalle)
immagine del passo del Pordoi
(ph. Barbara Lalle)

Se decidete di andare con gli sci, le piste, larghe e ben battute, sono adatte anche a sciatori di livello intermedio. Potrete raggiungere il passo Pordoi da ogni punto del carosello del Dolomiti Superski. O potete arrivarci in macchina.

Oppure andare con una ciaspolata, inserita nel programma di Fassa Sport, unione di tutte le associazioni sportive, scuole di alpinismo, mtb e singoli professionisti. Io sono partita da Campitello di Fassa, panino ed acqua nello zaino, incontrando al Passo signori di una certa età, con scarpe da trekking e cappelli di lana cotta a falde larghe.

Voglia di una giornata fuori dai percorsi più battuti, lontana da pranzi e da polentate in baita, alla ricerca di qualcosa di significativo e simbolico con cui iniziare l’anno nuovo. E l’ho trovato. Dalla base del monte parte un impianto che si chiama appunto Funivia del Sass Pordoi, che dai 2240 mt della stazione a valle porta i visitatori ai 2950 mt di quella sulla cima. Questo impianto nel 2023 compie sessant’anni ed è stato immaginato e creato da un’ottantenne (ma non anticipiamo troppo la storia).

Stazione a valle della funivia del Sass Pordoi e museo della grande guerra ‘15/‘18
(ph. Barbara Lalle)

Il percorso, che dura circa 4 minuti, è emozionante: si sale verticalmente e arditamente tra grosse ruote ed ingranaggi a vista che girano come i miei pensieri. Non potrete non fotografarli.

Particolare della meccanica della funivia del passo Pordoi
(ph. Barbara Lalle)

In questo periodo la vetta è poco frequentata perché il Pordoi non ha piste che scendono dalla vetta. D’estate invece c’è più affluenza: ecco perché vi consiglio di andare d’inverno. Per vivervi un’esperienza totale ed esclusiva. Nel bianco e nel silenzio.

vista dalla vetta del Sass Pordoi (ph. Barbara Lalle)

Oltre alla natura, al paesaggio e al panorama mozzafiato, conoscerete la vita di Maria Piaz che viene presentata con pannelli, fotografie d’epoca e una grande scultura a dimensione naturale, installati negli spazi della stazione a valle. Nel frattempo però che deciderete di visitare questa vetta, vi racconto io di Maria.

scultura di Maria Piaz, pannelli e foto d’epoca
(ph. Barbara Lalle)

Maria Piaz nasce a Pera di Fassa nel 1877, da una famiglia povera. Olivia è sua sorella, Tita suo fratello, guida alpina e alpinista di fama, rimasto nella storia con il soprannome di Diavolo delle Dolomiti.

Maria Piaz cresce determinata e ribelle e viene mandata, come era usanza, ad allevare bestiame nei masi tirolesi. Scapperà ben 7 volte! Si aggrega ad una compagnia filodrammatica e si reinventa teatrante, sebbene sia un’attività ben poco socialmente accettata per una donna, e per giunta vietata dalla Chiesa.

La sua tenacia e le sue capacità fuori dal comune la portano a piccoli ma progressivi successi imprenditoriali: rilega libri, raccoglie erbe curative e lo fa per aiutare i suoi genitori a cui è tanto devota. Sono proprio la madre Caterina ed il padre Battista che a 19 anni la danno in sposa ad un uomo più anziano, Cristoforo Dezulian.

Vogliono proteggerla dall’indigenza. Maria e Cristoforo avranno sette figli ma non per questo rimarranno insieme. Anticipando tempi moderni, Maria Piaz si separa per incompatibilità caratteriali dal marito che le è stato imposto dalla sua famiglia e dalla povertà. Nel 1902 arriva la svolta.

Sale al passo Pordoi con il padre per comprare un maiale; Maria Piaz si innamora di quell’anfiteatro naturale attorniato da montagne meravigliose. Vuole che il padre le presti dei soldi per affittare una baracca in legno per iniziare un’attività. Grazie alla sua cocciutaggine riesce nell’intento e inizia la sua carriera di albergatrice che la porterà ad essere la pioniera del turismo in val di Fassa.

Maria Piaz non ha paura della vita dura, sopporta stenti e fatiche, badando ai figli e all’attività. Non lascerà più il suo amato Passo Pordoi, tanto che da tutti viene chiamata La Mare del Pordoi, che in ladino vuol significare la Madre del Pordoi.

I figli ai quali farà da guida, a loro volta costruiranno altri alberghi nelle posizioni più strategiche della zona: passo Sella, Piano Trevisan, Canazei. Nonostante due guerre mondiali, delle quali una combattuta anche fra le sue montagne, non si scoraggia mai pur dovendo affrontare una dura prova.

Fu anche persona di grande cuore. Durante la prima guerra mondiale Maria Piaz venne imprigionata per aver aiutato alcuni irredentisti a passare il confine. Pochi mesi dopo venne arrestata e dal 1915 al 1918 anche internata nel campo di concentramento di Katzenau. Questa esperienza la segnerà molto e l’addolorerà nel profondo.

Dovette lasciare i figli a conoscenti e sopportò stenti al limite della sopravvivenza. E, sferzata contro l’ageismo oltre che il maschilismo, Maria Piaz ad 80 anni con il figlio Francesco ebbe una grande idea: costruire la funivia che dal Passo porta su al Sasso!

Il progetto non fu semplice: inizialmente era prevista la costruzione di una seggiovia. Questa opzione venne scartata in quanto, nei momenti di forte vento, vi era il rischio che i seggiolini andassero a sbattere contro la roccia. Così si sviluppò una delle prime funivie delle Dolomiti. Maria Piaz la inaugurò con grande orgoglio nel 1963, proprio la funivia su cui salgo io. Questa straordinaria donna è morta nel 1971, a 94 anni, pronunciando la sua ultima emblematica frase sul letto di trapasso “Tutto è niente”.

Questa è Maria Piaz, la Mare del Pordoi, imprenditrice sempre all’avanguardia, donna coraggiosa e indomita, tutt’oggi esempio e riferimento per la gente e per le donne delle valli dolomitiche. Da oggi 1 gennaio 2023 anche per me.

Sass Pordoi viene chiamato la terrazza delle Dolomiti per la sua caratteristica forma piatta sulla cima che scende a strapiombo sulle pareti laterali. Sul versante meridionale presenta uno strapiombo di 800 m, con una pendenza superiore perfino all’80%: ho sentito una strana sensazione sotto i piedi, una vertigine formicolante nelle gambe e una difficoltà ad affacciarmi. E lì mi sono imposta a me stessa e ho cercato, riuscendoci, di razionalizzare e superare quella sensazione per godere dell’esperienza.

vista dal passo Pordoi delle vette del gruppo del Sella
(ph. Barbara Lalle)

Da questo punto si vedono le vette del gruppo del Sella, uno spettacolo naturale dal grande valore storico. Non è infatti un caso che una bandiera italiana garrisce al vento sulla cima del Pordoi.

Sulla vetta del Sass Pordoi
(ph. Barbara Lalle)

Qui si è combattuto il primo conflitto mondiale. Potrete, scendendo, visitare il Museo della grande guerra ‘15/‘18 che si trova alla sinistra dell’ingresso della stazione a valle. Guerra nella quale popoli e persone vicine, che fino al giorno prima si erano trovate a scalare insieme montagne e condividere fraternamente il cammino, da un giorno all’altro si sono scoperte nemiche e impegnate a combattersi. Qualcosa che fino all’inizio dello scorso anno pensavamo non potesse mai più accadere in Europa, ma purtroppo siamo stati tragicamente costretti a ricrederci.

Infine, tornando verso il passo, ho rivalicato il confine regionale che dal Trentino mi ha riportata in Veneto. Pur essendo passata solo una giornata, porto con me tanta consapevolezza acquisita grazie al contatto personale, individuale e diretto, con la natura e con la storia.

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