Scritto e diretto da Gabriele Pignotta, Scusa sono in riunione… ti posso richiamare? è una commedia che vede protagonisti Vanessa Incontrada e lo stesso Pignotta con un’effervescente Siddharta Prestinari che ho intervistato per voi.

Cominciamo dal tour in atto con Gabriele Pignotta e Vanessa Incontrada: il teatro riscrive il reality: raccontaci!
Scusa sono in riunione” al Teatro Alfieri di Torino fino all’11 dicembre, e poi in tour in varie città italiane come Bologna, Pesaro, Genova, Roma: è una commedia che ci regala grandissime soddisfazioni. Ha un taglio da sit-com, molto divertente con tempi velocissimi e una comicità contemporanea che punta il dito sulla frenesia e le assurdità dell’uomo di oggi. Si parte da una situazione tipo “Il grande freddo” perché i protagonisti, vecchi compagni universitari, si riuniscono in occasione di un lutto, per  finire, all’insaputa di tutti, dentro un “Grande fratello” in cui equivoci e colpi di scena saranno il tema portante di tutto il secondo atto. 

Quale è in tal senso la tua personale idea di successo?
In questa società arrogante e presuntuosa, dovrei rispondere che per avere successo si intende essere famosi, acclamati, avere milioni di follower e cose del genere, ma forse, al netto di un’esistenza, il successo è come indossare un buon profumo che lascia una bella scia attorno a te. Quando le persone ti cercano, quando susciti stima e fiducia, quando sei rispettato e sei considerato una garanzia per molti, allora forse, il tuo è un buon profumo, unicamente tuo. 

Ma sei in pista anche con uno spettacolo che hai scritto e diretto: “Fiori di campo” che torna in scena a Gennaio a Roma al Teatro Cometa off dal 31 Gennaio
(prenotazione obbligatoria: cometa.off@cometa.org)… come hai coniugato un tema forte come il lutto con la leggerezza della commedia?
Il tema della morte mi ha sempre affascinato, non a caso ho scritto e diretto un corto che si chiama IL TRENO DELLE OTTO, che affronta questo tema ma in chiave poetica. Con FIORI DI CAMPO ho alzato l’asticella: un cimitero, luogo di preghiera e raccoglimento può offrire spunti brillanti? Secondo me sì, perché come la morte sta alla vita, la comicità sta al dramma e dentro ogni cosa si nasconde con tutta la sua bellezza e irriverenza, Monicelli docet.

Non paga, hai diretto “Interno 5“, un cortometraggio presente su Amazon: nasce da uno spunto reale? 
Nasce da una riflessione che ho fatto ascoltando un’intervista di Umberto Galimberti. Sono una persona empatica che prende spunto dalla vita stessa, mi faccio attraversare e la osservo. Come fosse un film, mi perdo nelle persone che mi passano accanto, ne seguo le sceneggiature, sempre diverse, le trame che si intrecciano, i conflitti che si innescano, e mi offre moltissimi spunti e suggestioni.

Secondo te l’analfabetismo affettivo tra i ragazzi (ma non solo) può essere rieducato? Che ruolo ha l’arte e quale il tuo coinvolgimento personale in merito?
Non ho dubbi che si possa rieducare ad una ritrovata sensibilità. Io sono un’umanista e credo fortemente nelle potenzialità dell’essere umano. Chiunque, anche se è abituato a mangiare solo pane e cipolla, se educato al sapore, scoprirà di avere un universo organolettico straordinario. La bellezza si insegna, e noi siamo energia e l’arte ha il dovere di mutare l’energia passiva in attiva, sorprendendo, ponendo dubbi, provocando. Tra le mie tante attività, da tantissimi anni insegno il Metodo Strasberg e questa meravigliosa tecnica mi consente di lavorare con giovani attori, i quali spesso sono estranei a loro stessi, non si conoscono, non sono in ascolto con il proprio universo sensoriale. Quando, attraverso la tecnica di Lee, li vedo sbocciare, uscire dal loro guscio e iniziare a masticare le emozioni, ogni volta sono grata al mio lavoro e felice di ricominciare daccapo. 

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