Pomodorini che profumano di plastica. E sedani che odorano di plastica. Le patate no: loro sanno di Amuchina e plastica. Se c’è un piacere di cui il Coronavirus ha rischiato di privare tante e tanti di noi è quello di fare la spesa nei mercati contadini. La chiusura della maggior parte degli spazi periodici e rionali, la difficoltà per i produttori di raccogliere, trasformare e spostarsi con le regole anti-pandemia, sembrava proporci come unica alternativa quella della fila incattivita fuori dal supermercato.

Pareva inevitabile la resa delle nostre tavole a alimenti industriali, carichi di chilometri, intristiti da incassettamenti e imballi antipeccato e zero ecologici, e a costi molto al di sopra delle medie stagionali.
Eppure nelle campagne intorno alle nostre città centinaia di aziende sono in sofferenza perché contavano sulla vendita diretta come principale fonte di sostentamento e la quarantena le ha paralizzate.

Le parole d’ordine della riscossa sono: organizzazione e solidarietà. Perché nei nostri condomini c’è chi non può uscire, chi non può permettersi di pagare prezzi gonfiati, chi semplicemente non vuole rinunciare al cibo il più genuino e naturale possibile, e chi può mettere a disposizione un po’ di tempo per coordinare vicini e parenti.
Su proposta della Rete dell’economia sociale e solidale romana (Ress) è partita la
campagna “Condomini virali” che fornisce a gruppi di condomini organizzati indirizzi, numeri e istruzioni per fare la spesa insieme dai produttori del proprio territorio. Ortofrutta e yogurt, pasta e birra, formaggi e carne, vino e gli immancabili dolci pasquali: arriva tutto a domicilio e direttamente dal produttore, chiaramente permettendo, con ordini collettivi, di rendere sostenibili i costi e l’impatto ambientale delle consegne.

La proposta rapidamente si è diffusa in tutta Italia e nella mappa di iniziative raccolte dal portale dedicato alla campagna sono esplose decine di idee per fare la spesa insieme, o anche, come ha proposto l’associazione Nonna Roma nella Capitale, per uscire di casa senza dover far finta di essere un atleta. Si sono riempiti i giorni vuoti della quarantena consegnando spesa e farmaci a casa di chi era malato o anche di chi, non lavorando più, non poteva permettersi nemmeno i beni di prima necessità.
Nell’epicentro del contagio, in Lombardia, tra Bergamo, Brescia e Milano, chi si è unito alle Brigate della solidarietà con Emergency e alla fabbrica recuperata RiMaflow ha potuto assicurare rifornimenti, telefono amico e piccole commissioni a migliaia di persone confinate in casa. Anche in Piemonte  Arci, Cgil e altre associazioni hanno proposto di “adottare” insieme i vicini in difficoltà.

La cooperativa Filò a Venezia ha realizzato e regalato
mascherine a volontari e personale sanitario.
A Napoli, patria del Caffè sospeso, pagato in anticipo da un avventore per uno sconosciuto povero che lo berrà gratis, anche la spesa è diventata “sospesa”: generi alimentari da donare presso il proprio fornitore di fiducia che li ha messi poi a disposizione di chi non ce la fa.
A Messina, per i più piccoli, i volontari del Centro servizi cittadini hanno regalato “favole al telefono”.
E nelle Marche si è andati in cerca di “Voci Narranti” tra librai, musicoterapeuti e semplici amanti della lettura per offrire coccole sonore al telefono, e ristabilire la prossimità interrotta con bimbi e famiglie che non posseggono un computer.
Basta un click, e un po’ di iniziativa: si può mangiare meglio, uscire di casa e stare meglio insieme anche ai tempi della pandemia. Pensiamoci, caso mai ci fosse, speriamo di no, un nuovo picco…

Condividi: