Aveva una delle fortune più grandi dell’universo: quella dell’anonimato. Sarà che io darei un mignolo per poter avere un privilegio così, tanto che sto valutando di scrivere qualcosa che nessuno sappia che l’ho scritto io. Non so dirvi l’invidia che provo per tutti quegli scrittori che scrivono anche sotto pseudonimo e il cui nome vero solo le case editrici e gli agenti conoscono (e forse neanche loro).

Chi c’è dietro il romanzo Stigma

Sulle orme di Elena Ferrante, dice per riservatezza, Erin Doom ha celato la sua identità a lungo e nonostante io non ami particolarmente il genere che fa, ho invidiato quel volo di gabbiano che le permetteva di non essere identificabile, senza tutte le rotture di cxxxx che ne derivano.

Ma è finito quel volo. E così all’uscita del suo nuovo romanzo Stigma per Magazzini Salani editore, sappiamo chi è Erin Doom. La giovane donna emiliana che aveva solo un nome vago e antico come Matilde ora ha un cognome e un volto.

Ora dovrà presenziare alle presentazioni e relazionarsi con i lettori, per lo più lettrici attorno ai tredici anni. Cosa spinge chi aveva un grande privilegio ad abbandonarlo? Il bisogno di esistere in carne ed ossa? Già esisteva nella sua vita privata, la più preziosa. I genitori e le amiche sapevano del suo successo. Perché a un certo punto non è bastato più?

Se ne pentirà Matilde, forse, appena vedrà che stava meglio prima, ma il diritto della curiosità e del cambiamento non lo si può togliere a nessuno. Ha sfidato la timidezza, forse questo è ciò che voleva dimostrare a se stessa, e valeva più del privilegio.

Così come il diritto di soffrire con coscienza. Non potrà più evitare le critiche, il presentarsi ai saloni del libro inosservata. Da quando è apparsa nella trasmissione di Fazio domenica, tutti sapranno che volto e che corpo ha. La fermeranno per strada, nel suo piccolo paese della Bassa.

Erin Doom vs Elena Ferrante

Siamo in un periodo sociale in cui l’apparenza vale più del contenuto, dicono, io non sono d’accordo ma il mio parere vale poco in confronto ai grandi sociologi, tant’è…. l’immortalare un nostro primo piano per qualche secondo in un video fatto col cellulare e che sia visto su Tik Tok, Instagram, Facebook e chi più ne ha più ne metta, ha più potenza di un discorso di tre ore, dicono. Dunque venghino signori e signore nell’era del presenzialismo!

Si chiedeva Nanni Moretti tanti anni fa in un suo film “mi si nota di più se alla festa vado o non vado?”… altri tempi, ora se non vai non esisti. La povera (si fa per dire) Matilde è figlia dei suoi tempi e ha ceduto alla grande tentazione dell’esistere in carne ed ossa, del vedersi assalire dalle fan, del toccare con mano il successo.

Ne riparliamo tra qualche anno, magari, tanto sarà una lunga storia quella che avvolge la sua scelta. Mentre dagli abissi dell’oblio, la cara, vecchia, dolce Elena Ferrante, figlia invece dei tempi suoi, rimane arroccata sul suo trono di regina dell’anonimato, perla rara di cui si sa l’esistenza, e può continuare ad andare a fare la spesa senza essere assalita per gli autografi, continuando ad incassare sul suo conto corrente, o quello del marito, tanto si sa anche di lei, chi è ormai.

Ma noi non vedremo mai il suo sorriso spavaldo e soddisfatto, di quelli che alla festa non vanno e li si nota di più. E se ne stanno a casa a contar le banconote, nella solitudine della loro incalcolabile fortuna, che penso si sia capito, non è quella delle entrate economiche, ma della libertà.

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