In console conta la creatività. Parola di Max Magnani, DJ da 40 anni
Abbiamo incontrato Max Magnani, DJ di grande esperienza. Non ama il revival fine a sé stesso, il suo nuovo singolo è "Max on the Block"
Abbiamo incontrato Max Magnani, DJ di grande esperienza. Non ama il revival fine a sé stesso, il suo nuovo singolo è "Max on the Block"
Abbiamo incontrato Max Magnani, uno degli artisti di riferimento di Acetone, etichetta musicale italiana funky house in crescita verticale nell’universo elettronico. Le chart di Beatport, riferimento mondiale per chi fa ballare i club, pullulano di brani di questa label, gestita e creata da Maurizio Nari e Steve Tosi.
Max Magnani è un DJ di grande esperienza, ma come leggerete non passa il tempo a lamentarsi dei colleghi più giovani. Il sorriso nella foto che vedete qui lo rappresenta molto bene. Non ama il revival fine a sé stesso ed il suo nuovo singolo, Max on the Block, è decisamente divertente ed energico. Il brano guarda un po’ al passato, ma soprattutto al futuro della musica che fa muovere a tempo.
“Ho iniziato a fare il DJ che avevo 18 anni e adesso ne ho diverse decine in più”, dice scherzando Max. “Ho una quarantina d’anni di console alle spalle, in cui non mi sono fermato quasi mai. E anche in quei brevi momenti di stop, ho continuato a coltivare la mia passione privatamente”.
Forse l’approccio di Magnani, così energico e così ottimista, dovremmo averlo pure noi proviamo a riscrivere e rileggere il mondo. Non è facile, soprattutto in certi giorni. Ma ci si deve provare. Sennò il risultato non arriva mai. Senz’altro la colonna sonora giusta può aiutare… Ed il sound di uno come Max, quando è in console, può davvero aiutare.
Ci sono stati cambiamenti nel tempo nel tuo approccio al lavoro di DJ?
Probabilmente il cambiamento più importante è stato quello che ci ha fatto passare dal vinile al cd e poi ai file, la musica liquida. E’ cambiato l’approccio, ad esempio la preparazione delle serate ed il modo di affrontarle.
In che modo nel tempo è cambiato il tuo modo di essere DJ?
Una volta dovevi attentamente selezionare i dischi e portarti dietro solo quello che ti poteva servire, altrimenti sai che peso, i vinili! Oggi no. In una chiavetta, anche quelle ‘miserabili, ci stanno 2000 3000 tracce… che non servono a nulla, perché sono troppe. Quello che non è cambiato è che un dj set in un club è diverso da quello ad una festa privata, i pubblici possono essere differenti.
Quindi un DJ deve sempre guardare più la pista che al proprio ego, oppure no?
Un DJ deve avere, in certe situazioni, grande apertura mentale ed un ampio repertorio. Fare un DJ set in un club vuol dire invece fare un’ora, un’ora e mezzo o al massimo e “spingere”… Con l’esperienza capisci in minor tempo da che parte andare, ecco tutto.
Ovviamente i nuovi mezzi, il digitale, fare il DJ è molto diverso anche dal punto di vista tecnico.
Il nuovo hardware e anche il nuovo software ti permettono di fare cose ieri impensabili. Con tutto il rispetto per il vinile, a me tutto questo sembra bellissimo. Il Beat Matching ovvero il mettere a tempo i dischi oggi non conta molto. Conta invece essere creativi. E grazie alla tecnologia, non è così difficile, se si ha personalità.
Un DJ deve quindi essere anche un grande sperto tecnologico?
In un certo senso sì, ma non solo. Spesso usiamo le nuove tecnologie appena al 10 o al 15%, anche io stesso non so proprio tutto… Ma ribadisco che oggi conta essere creativi. E, se possibile, non passare il tempo a criticare gli altri DJ. Su canali social vediamo spesso set d’impatto, con quattro lettori e numeri e a non finire. C’è chi critica questo approccio. Ma perché criticarlo? E’ ovvio che certe performance siano preparate, ma c’è lavoro maniacale dietro. Lunghe ore di allenamento. Non capisco davvero chi passa il tempo a criticare.