Ogni sistema produttivo necessita di un’adeguata infrastruttura. Vale per l’industria, che ha bisogno di elettricità, di combustibili (più in generale di energia), ma anche di mezzi di trasporto e di strumenti di comunicazione. E vale, naturalmente, anche per l’agricoltura, che necessità di un apparato di opere complementari necessarie allo svolgimento di tale attività economica.

Nel mondo attuale, si parla molto di una nuova infrastruttura, che sia sostenibile, ossia in grado di favorire la produzione di ricchezza senza compromettere l’ambiente e lo sviluppo in generale: “Costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile” è uno degli obiettivi di sostenibilità dell’ONU (Obiettivo 9, Agenda 2030).

L’organizzazione internazionale indica innovazione e infrastrutture sostenibili come strumenti essenziali per la crescita di produttività e redditi, con l’obiettivo di ottenere migliori risultati in campo sanitario e nell’istruzione. Anche l’Unione Europea, tramite lo European Green Deal, ha posto la sostenibilità al centro delle sue strategie per un nuovo modello di sviluppo. I fondi di Next Generation EU, il piano di aiuti per i paesi europei più colpiti dalla pandemia Covid-19, sono vincolati ad una spesa del 30% in progetti per infrastrutture sostenibili, che abbiano l’obiettivo intrinseco di mitigare i cambiamenti climatici e abbattere le emissioni di CO2.

Tra le infrastrutture sostenibili vi sono anche quelle digitali, che ovviamente coinvolgono anche il settore agricolo.

Ad esempio, la Linux Foundation, l’organizzazione senza scopo di lucro nata per consentire l’innovazione di massa attraverso la tecnologia open source, ha infatti annunciato il lancio della AgStack Foundation, il primo progetto di infrastruttura digitale open source concepito specificamente per l’ecosistema agricolo globale. L’AGSTAK Foundation mira a migliorare l’efficienza dell’agricoltura globale attraverso la creazione, il mantenimento e il rafforzamento di un’infrastruttura digitale aperta e riutilizzabile per dati e applicazioni. Il potenziale è enorme: sono moltissime, infatti, le pratiche, le informazioni e le conoscenze che si possono condividere per sviluppare il sistema agricolo – che è sempre più tecnologico – riducendo i costi, accelerando l’integrazione e consentendo l’innovazione.

Quali saranno i vantaggi di un’infrastruttura digitale?

Attraverso la tecnologia digitale si può sviluppare un nuovo modello di agricoltura, più inclusivo e più innovativo, oltre che meno inquinante e meno costoso rispetto a quello attuale.

Ad esempio, i progetti tecnici della fondazione consentiranno un accesso facile e comune da parte dei creatori e dei consumatori di contenuti dell’ecosistema agricolo. Tra questi:

  • Un codice software aperto e liberamente disponibile, pubblicabile e riutilizzabile per milioni di modelli di rilevanza agronomica (parassiti, colture, animali, condizioni meteorologiche, ecc.);
  • L’accesso a un numero crescente di fonti di dati pubblici e proprietari gratuiti;
  • L’accesso aperto e gratuito ai framework delle applicazioni software per creare, contribuire e utilizzare dati e modelli, sia per il web che sia per i dispositivi mobili;
  • estensioni e toolbox che forniscono vocabolari e utilità per progetti specifici.

Agricoltura e sviluppo tecnologico:
un binomio perfetto

Con riferimento all’infrastruttura digitale qui brevemente descritta e al progetto della AgStack, si possono svolgere alcune considerazioni.

In primo luogo, non dobbiamo ritenere che la tecnologia e le innovazioni siano per forza un pericolo o portino a una deriva poco naturale. In tutti i campi, e anche in agricoltura, occorre sempre buon senso e capire in che ambito esse si instaurano. Come la biotecnologia, anche la tecnologia digitale può essere utile all’agricoltura. Ma come la prima, anche la seconda va usata con giudizio: essa costituisce una risorsa a disposizione degli agricoltori, fornita dagli esperti. Nel caso esaminato, ad esempio, essa è resa disponibile gratuitamente. Lì dove, come è avvenuto per molte tecnologie, essa divenisse uno strumento per aumentare i profitti di pochi a danno di molti, per impoverire i terreni e gli agricoltori, per ridurre la biodiversità, per danneggiare il paesaggio, essa verrebbe impiegata male. Come accade spesso per le conquiste della scienza è sempre utile distinguere i mezzi dai fini, ancorché non sia sempre facile. Le tecnologie digitali devono essere mezzi per rendere l’agricoltura meno inquinante, per diffondere buone pratiche, per arricchire conoscenza e consapevolezza.

In secondo luogo, occorre smentire un’altra visione un po’ mitologica del settore agricolo, ossia quella che ce lo fa immaginare come antiquato, puramente meccanico e legato alla tradizione. Sebbene la tradizione e gli antichi saperi siano da proteggere e mantenere vivi, anche l’agricoltura è entrata nel XXI secolo e deve adeguarsi alle esigenze della modernità. Ma non meccanizzandosi o facendosi industria, per produrre di più, ma divenendo moderna e tecnologica, per produrre meglio.

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