Le teorie del complotto. Quante volte ne abbiamo sentito parlare e quante volte ne siamo rimasti affascinati? Credo innumerevoli.

Ma perché è così facile cadere in questo tipo di narrazioni?

Questo accade soprattutto perché le teorie del complotto hanno un fascino unico. Sono capaci di diffondersi a macchia d’olio ed entrare nelle menti delle persone stimolando paure, dubbi e sospetti.

Dai microchip nei vaccini contro il COVID-19 alle presunte frodi elettorali negli Stati Uniti, passando per la convinzione che la Terra sia piatta o che il cambiamento climatico sia un’invenzione, la lista delle teorie del complotto sembra infinita. Eppure, nonostante le prove schiaccianti che dimostrano la loro inattendibilità, molte persone restano ancorate a queste credenze.

Il potere persuasivo delle teorie del complotto

Le teorie del complotto esercitano un fascino magnetico su di noi perché vanno dritte alle nostre emozioni più istintive, come la paura e l’ansia. E così facendo riescono a far vacillare le nostre certezze, seminando dubbi e spingendoci a mettere in discussione anche ciò che fino a poco fa consideravamo delle verità assolute.

Una volta entrati nel loop, uscirne diventa quasi impossibile: anche davanti a prove contrarie, i sostenitor* di queste teorie rimangono ancorati alle loro idee, convint* di essere i custod* di una verità volutamente lasciata all’oscuro dei più. Tuttavia, un recente studio pubblicato su Science suggerisce che l’intelligenza artificiale potrebbe finalmente spezzare questo incantesimo.

Lo studio

Secondo quanto riportato sulla rivista, un chatbot alimentato da IA è stato in grado di modificare le credenze complottiste di migliaia di persone

Questo progetto ha coinvolto oltre 2000 partecipanti, ciascuno dei qual* ha condiviso una teoria del complotto a cui credeva fermamente. I risultati sono sorprendenti: le convinzioni complottiste sono diminuite del 20% e un quarto dei partecipanti ha abbandonato completamente le proprie credenze errate.

Il successo di questo studio sta nel fatto che il chatbot potenziato dall’IA ha impiegato la stessa tattica di coloro che diffondono le teorie del complotto: ha puntato sulle emozioni dei partecipanti, personalizzando il loro dialogo in base alle argomentazioni sostenute confutandole poi con dati scientifici puntuali e rilevanti. 

Si è trattato di un approccio vincente in quanto è riuscito non solo a smontare le loro teorie, ma anche il legame emotivo che spesso le persone sviluppano con questo tipo di convinzioni.

Il chatbot, quindi, è andato oltre le argomentazioni razionali, sfidando le emozioni stesse che alimentano le teorie del complotto. Toccare i nervi scoperti dei sostenitor* di queste credenze e dimostrare loro, attraverso un dialogo empatico e su misura, l’infondatezza delle loro convinzioni ha portato a risultati di lungo termine. Infatti, anche a distanza di due mesi, molti dei partecipanti continuavano a dubitare delle teorie in cui avevano inizialmente creduto.

Due facce della stessa medaglia

C’è da dire però che, se in questo caso l’intelligenza artificiale si è dimostrata un prezioso alleato nella lotta contro la disinformazione, dall’altro dobbiamo riconoscere che molto spesso il suo utilizzo non è del tutto bonario. Negli ultimi anni è stata ampliamente impiegata per aiutare ad alimentare la disinformazione, generando contenuti fuorvianti e false prove a sostegno di teorie complottiste.

Ad oggi, immaginare un mondo in cui un’intelligenza artificiale si trovi integrata nei motori di ricerca e nei social media, pronta a smascherare disinformazioni in tempo reale, non è più fantascienza. E questo studio ci dimostra che potrebbe essere una potente arma contro la diffusione di teorie del controllo, nonché un alleato prezioso nella difesa della verità.

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