Gianbattista La Rocca è un manager in movimento, guida un’azienda che viaggia. Sui treni, con Italo (di cui è amministratore delegato e direttore generale dal 2018 ) e sui bus, con Itabus, di cui è presidente. E sono mobili anche i suoi dipendent*.

“Il personale del gruppo – racconta – è prevalentemente operativo (l’80% è sui binari) e ha un’età media di 36 anni: il 40% è in azienda da 10 anni, il 70% da almeno 5 anni”.

Il personale è mobile, ma da Italo non scende. I numeri parlano di una bella dichiarazione di fedeltà. La Rocca, come mai il turn over è così basso? Cosa attrae di Italo?
“Cominciamo col dire che è importante portare le persone nel proprio mondo del lavoro, ma ancora più importante è trattenerle, farle restare in azienda, non far scappare i talenti. Come si fa? Facendoli appassionare all’impresa, al progetto, facendoli sentire una parte importante del processo. Il mondo del lavoro sta cambiando velocemente, non è più una cosa calata dall’alto, dal vertice dell’Azienda. Un tempo tutto era legato quasi esclusivamente alle competenze tecniche necessarie per fare il proprio mestiere. Allora il cambiamento parte proprio dalla formazione. Che da noi non è concepita solo come il trasferire le competenze necessarie a svolgere il proprio incarico. Ma come un percorso di crescita individuale a 360 gradi”

Mi sembra un sistema piuttosto impegnativo
“Lo è, è complesso, ma se le persone scelgono di restare così a lungo è perché credono in quello che facciamo tutti insieme a loro. La formazione prima era un concetto verticale. Qualcuno decideva cosa dovevi imparare, e finiva lì. Noi invece le formiamo anche sotto il profilo della sicurezza personale, dell’impatto ambientale, della responsabilità sociale, dell’aggiornamento tecnologico. Valorizziamo persino la cultura dell’errore. Prima chi sbagliava veniva punito e basta. Noi spieghiamo che da un errore si può imparare qualcosa e migliorare i processi aziendali. Chi lavora da noi alla fine ha un bagaglio personale di competenze notevole ”

Chi si affaccia al mercato del lavoro oggi chiede non solo certezze economiche ma anche flessibilità per poter organizzare la sua vita con tempi meno rigidi. Come si fa a fare questo in un’azienda che ha come business il trasporto e la necessità della presenza costante sul posto di lavoro?
In un’Azienda come la nostra dove l’80% delle persone lavora su turni, bisogna trovare molteplici strumenti di flessibilità. Certamente se parliamo di smart working, stiamo parlando di gente che lavora in ufficio. Anche in questo caso flessibilità non vuol dire ricorso incondizionato al cosiddetto smart working. Io credo nel lavoro in presenza, nel respirare l’aria dell’azienda, nella possibilità per chi lavora di crescere imparando dagli altri colleghi, dai suoi capi, dalla circolazione delle idee. La flessibilità esiste e chiunque abbia bisogno di modulare il suo tempo in modo meno rigido è ascoltato. Ma ci piace fare in modo che venire a lavorare sia una cosa piacevole. E abbiamo investito su questo. La nostra nuova sede è un ambiente confortevole, luminoso, con spazi aperti per pause dal lavoro e per scambiare idee con i collegh*. E’ un ambiente friendly. Poi abbiamo anche abbattuto una barriera psicologica tra personale viaggiante e non. Noi valorizziamo i talenti, e molti di quelli che ora sono qui in sede centrale e occupano posizioni di management vengono dai binari; dalla carrozza nascono anche dirigenti. L’importante è avere la passione per il proprio lavoro e, per noi, coltivarla: per questo abbiamo strategie di compensazione, benefits, work life balance.

Con Italo e con Itabus i trasporti italiani hanno registrato due rivoluzioni. La prima è stata quella della concorrenza, con l’introduzione di un secondo operatore ferroviario in un settore che prima viveva di monopolio. La seconda quella dei bus, con l’obiettivo di rendere l’Italia un paese totalmente integrato sotto il profilo della mobilità. Quanto conta questo nella scelta di lavorare per voi?
“Conta molto, perché chi lavora per noi ha la consapevolezza di fare parte di un progetto, quello di arrivare a fare in modo che con un solo click sul proprio pc o smartphone un viaggiatore possa decidere da dove partire e dove arrivare. E’ un’offerta di libertà. Che fa bene alle persone e che fa bene al territorio, perché permette ad un paese come il nostro di integrarsi sempre di più. Un’offerta di intermodalità che con l’ingresso di MSC nell’azionariato Italo si è ulteriormente arricchita grazie alle sinergie con SNAV, GNV e MSC Crociere oltre a quelle già esistenti con i bus di Itabus. L’obiettivo è quello di offrire un servizio esteso e capillare per viaggiatori sempre più esigenti, che sia in grado di mettere in connessione tra loro le grandi città, le città di provincia, i porti e gli aeroporti in modo intuitivo e con un solo click.

Cosa spinge i giovan* a cercare sempre lavoro all’estero? Poca imprenditorialità innovativa, condizioni di vita migliori?
Il mondo del lavoro sta cambiando. Non è solo una questione generazionale, ma piuttosto di cultura. E’ interesse del cap* azienda fare star bene i suoi dipendent*. E uno dei segreti è quello di smantellare le piramidi gerarchiche che ancora in molti casi esistono. Io stesso, ad esempio, cerco di creare un rapporto diretto con le persone di Italo per coinvolgerle e creare quella spinta motivazionale necessaria per sentirsi parte di un progetto comune.

Ma nonostante questo tanti giovan* preferiscono l’estero
Quello che l* spaventa è che in Italia manca la dinamicità del mercato del lavoro, la permeabilità tra un settore e un altro. Così tant* si tengono stretto quello che hanno, e tant* vanno via. Un peccato. Perché i talenti ci sono: dobbiamo fare in mondo che le aziende siano capaci di intercettarli e trattenerli. Noi abbiamo lanciato il progetto Train Your Future, una strategia proattiva di orientamento e ricerca di talenti tra gli student* delle scuole superiori. I giovan* comunque, sono convinto di questo, devono fare le loro esperienze e sicuramente andare all’estero a lavorare è molto formativo, ma serve maggiore flessibilità e reciprocità. Come ci sono i nostr* giovan* che lasciano l’Italia così ci devono essere giovan* di altre nazioni che vengono a lavorare da noi ed in questo Italo è un esempio vincente: noi operiamo sul territorio nazionale, siamo 1500 persone di 35 nazionalità diverse e questa diversità culturale e di prospettive è senza dubbio un grande valore aggiunto, cruciale per l’eccellenza aziendale.

Sempre più aziende si muovono verso la sostenibilità sociale. E ne hanno benefici nel bilancio e nelle remunerazioni. Essere sociali e certificati è la strada del futuro?
Essere sostenibili è diventata ormai l’unica strada percorribile per il benessere dell’azienda stessa, per un futuro migliore e uno sviluppo equo della comunità che ci circonda. In Italo la sostenibilità, intesa a 360 gradi, fa parte del suo DNA: vicinanza alle comunità e ai territori, con servizi di qualità sempre più accessibili e capillari, iniziative di carattere culturale e sociale, salvaguardia della diversità, tutela della salute e sicurezza dei passeggeri e dipendent* e welfare aziendale sono tutte le azioni che mettiamo quotidianamente in campo per rafforzare il patto di fiducia tra azienda, dipendent*, famiglia e società.

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