Quello che vi propongo qui sono tre storie di bullismo, una piaga sociale difficile da eradicare, con  cui fanno i conti ben più ragazzə di ciò che pensiamo.

“Primo giorno, nuova scuola, all’intervallo a calcio non giocavo.
M’illudevo di lavarmi via la puzza da sfigato.
Osservavo un ricciolino che era un demone sul prato.
Da come ordinava agli altri si capiva che era il capo.
Ma la sfiga esiste: mandò il pallone fuori campo tra i miei piedi.

D’un tratto guardarono tutti quanti verso me.
Il ricciolino urla “faccia da ricchione muoviti e ridallo”.
Io fermo come un cervo davanti ai fari abbaglianti.
Veniva verso me e io con la palla in mano.
Quando fu ad un metro non so perché, ma la buttai lontano.
Forse mi chiedevo a ribellarsi cosa si provasse.
Ma provai un pugno in bocca ed il sapore del mio sangue.
Mentre mi sputavo addosso fissavo le mie scarpe.
Ridevano tutti anche le ragazze”.

A parlare è J-AX, che rivive un suo giorno alla scuola primaria.

j-AX

Oggi J-AX porta le sue esperienze ai giovani, nonostante la cicatrice indelebile nella psiche. Afferma: “non lasciatevi travolgere dalla rabbia, sfruttatene la sua energia perché possa scatenare in voi l’arte”.
Con il suo brano Devi morire veicola un messaggio importante rivolto ai ragazzə.

La seconda storia è quella di Stefani Joanne Angelina Germanotta.

“L’odore entra nelle narici e mi provoca conati di vomito. I riccioli neri sono tutti imbrattati… se fossi un gatto potrei saltare fuori, ma ho 12 anni e non ho mai avuto ciò che si definisce un fisico atletico.
Inizio a sentire freddo, come dentro un freezer. Sono congelata, nel corpo, nella mente, nel cuore. Sento le risate delle mie amiche attraverso le pareti di lamiera del cassonetto dei rifiuti. Sento il coro di voci, il gruppo che dice: sei spazzatura ed ora ti trovi proprio nel posto che ti appartiene”.

Lady GAGA

Stefani Joanne Angelina Germanotta in arte è Lady Gaga. In questo racconto ci rivela una violenza inaudita subita nel periodo delle scuole medie.

Infine c’è il racconto di Giordana Bonacina.

“Eccomi qua.
È luglio ed ho 10 anni.
A quei due ragazzi più grandi di me non ho mai fatto caso, nemmeno oggi. Sono loro che fanno caso a me. Un giocattolo umano per il loro divertimento.
Eccomi qua.
Mi manca il fiato, esplodono i polmoni, sono sfinita e corro, corro, corro… i ragazzi continuano con i loro insulti e minacce.
Eccomi qua.
L’acqua del lago è fredda ed io ho addosso i vestiti, zuppi e gocciolanti. Se ne saranno andati? L’acqua è dolce ma sul viso sento il salato delle lacrime.
Quale mostro può arrivare a gettare una bambina nelle acque del lago?”
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Giodana Bonacina

Giordana Bonacina è la Mandellese, la maestra alle primarie di Lierna protagonista, insieme alla sua classe di alunni, di un mio precedente articolo. Ricordate Bulli di Sapone e Welcome to the Jungle? Sono stati i primi due volumi scritti dai bambini insieme alla loro maestra.

Ecco lei apre la sua anima ed esce, un mese fa circa, con un libro autopubblicato dal titolo La bambina invisibile.
È una sorta di diario, rimasto a lungo nel cassetto. Ben cinque anni.
Ogni parola, ogni pagina, sono state scritte con molto dolore.
Oggi, nel suo ruolo istituzionale di formatrice e referente contro la lotta al bullismo, cyberbullismo, violenza di genere e dipendenze, porta il suo vissuto nelle scuole di ogni grado.

Giordana durante un suo intervento

Ai più piccolə racconta la sua storia come una favola triste… attende le reazioni e le domande e solo dopo dice loro che è lei la bambina protagonista della favola. I bambinə si stringono attorno a lei, desiderano confortarla, hanno voglia di donare amore e comprensione.

Agli alunnə delle superiori, consegna loro tramite le parole, le armi psicologiche per affrontare le situazioni che vivono, sia in ambito scolastico che al di fuori. Poi resta a disposizione, in uno spazio riservato, accogliendo domande, pianti, crisi, richieste d’aiuto.

Ed è in questo contesto che mi racconta di un episodio che l’ha toccata intimamente.
Una ragazza che aveva tentato il suicidio in seguito ad episodi di bullismo, dopo aver parlato con lei le dice:

“Giordana, ho capito una cosa, ho capito che posso aiutare gli altri come tu fai oggi”.

La risposta di Giordana è immediata, viene dal cuore: “tranquilla, guarda che ti aspetto… un giorno potremo lavorare insieme su questo”.

Il mio pensiero è che bisogna sensibilizzare, oltre ai ragazzə, le famiglie affinché riconoscano i segnali ed abbiano un dialogo con il corretto approccio verso i propri figlə.
Ai bambinə e ragazzə vorrei dire loro di non isolarsi, mai. Di chiedere aiuto e parlare di ciò che subiscono.

Concludo con una frase di Nelson Mandela: “ho imparato che  il coraggio non è l’assenza di paura, ma il trionfo sulla paura. L’uomo coraggioso non è quello che non sente paura, ma colui che vince la paura”.

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