Jesse The Faccio è un artista che sposa appieno la figura del genio incompreso. Si muove istrionico unendo un mondo nel suo sound: Lo-Fi di caratura nord-americana e cantautorato orgogliosamente italiano. Non aspettatevi quindi un proselito dei vari Calcutta, Thegiornalisti e compagnia bella. Lui è un’esplosione colorata, come il suo nuovo disco che si intitola appunto Verde.

La prima parte dell’album parla di speranza e della negazione della stessa, di quanto sia inutile, per un essere umano, sperare che le cose migliorino. Nell’arcobaleno rappresentato dai brani che lo compongono, oltre all’ovvio verde speranza (Verde), c’è il giallo delle dita ingiallite dalle troppe sigarette fumate e dalla noia che ci danno certe situazioni scomode (Dita Gialle), ma anche il dare carta bianca a chi vuole illuderci (Yaz). Fin qui la musica è frastornante e figlia del garage ridondante dei compianti The Thermals da Portland.

Il benvenuto nella seconda parte ci viene dato dalla strumentale Verde Pt.2, quasi a mettere in chiaro che da qui in poi forse sperare non è poi così sbagliato. Attraverso sfumature di colore azzurro, giallo e marrone (2011), viene ripreso il tema del vizio del fumo, vista la quantità di cenere grigia presente sul cellulare di Jesse (Nissan). Questa parte due più mortifera e malinconica si conclude così come era iniziata: con la speranza di rivedere qualcuno che amiamo, una persona che possa addolcirci le giornate (TTMB). In Verde i colori sono i protagonisti, diventano fonte di ogni sensazione, entrano a far parte integrante del nostro quotidiano, mentre le parole in collisione (che si porta via il vento) perdono senso ed espressione. Riscopriamoci, quindi, pittori e artefici delle nostre vite.

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