Nella crisi dei valori che contraddistinse l’Olanda alla fine del 1400, si colloca la straordinaria personalità del pittore fiammingo Jheronimus Bosch, pseudonimo di Jeroen Anthoniszoon van Aken, attivo tra il 1487-1488 fino alla sua morte avvenuta nel 1516. Nacque a ‘s-Hertogenbosch, città dei Paesi Bassi, il 2 Ottobre del 1453 dove morì il 9 Agosto del 1516.

Jheronimus Bosch, L’estrazione della pietra della follia, 1501-1505, olio su tavola di rovere
Al. 48,5 x La. 34,5 cm. Museo del Prado, Madrid, Spagna

Il meraviglioso manifestarsi delle sue invenzioni intellettuali e delle arditezze formali non è soltanto legato alla storia e alla cultura del suo tempo, ma recupera un’antica sapienza letteraria e un moralismo severo, nutrito di angosce irrazionali, tipici del mondo medioevale nordico che ebbe, al tempo del maestro, una fantastica rinascita.

Per dare un’interpretazione al mondo apparentemente onirico e fantastico dipinto da Bosch è necessario collegarsi non soltanto al clima religioso, repressivo, da caccia alle streghe, che precedette il periodo ben peggiore verificatosi con la Riforma, ma anche con le forme di cultura popolare o di cultura intellettualizzata come il teatro, gli allestimenti delle feste, la letteratura allegorica e le processioni che nella pittura appaiono, seppur raramente, e mai chiaramente visibili.

Jheronimus Bosch, I sette peccati capitali, 1505-1510, olio su tavola di pioppo
Al. 119,5 x La. 139,5 cm. Museo del Prado, Madrid, Spagna

Inoltre, per comprendere l’opera del maestro, si deve osservare non soltanto il mondo dell’alchimia che egli frequentava ma anche quello dell’occultismo e dei tarocchi. La sua pittura e le sue soluzioni compositive, che guardano alla pittura figurativa a lui immediatamente precedente e contemporanea, si collocano nella problematica formale, e soprattutto spaziale degli anni in cui vive; spazialità che egli risolve, a volte, con una certa indifferenza verso il peso corporeo delle immagini.

Bosch pone come supporto alle proprie fantasmagorie uno spazio indifferente e sovrano, e proprio perché sovrano lirico, totalmente irrazionale e, al tempo stesso, dominatore della rappresentazione.

Quest’anno il Palazzo Reale di Milano ha dedicato al maestro un evento irrinunciabile: ma bisogna affrettarsi perché sarà fruibile solo fino al 12 Marzo 2023 con un’esposizione intitolata Bosch e un altro Rinascimento in cui si ammirano alcuni dei più celebri capolavori di Bosch e altre opere tratte da alcuni soggetti del maestro che prima d’ora non erano mai state presentate insieme.

La mia intenzione oggi è farvi conoscere tre opere del maestro come tappe che, iniziando da un lavoro della prima giovinezza L’Estrazione della pietra della follia, o Cura della follia, lo conducono nella fase centrale della sua attività, quella dei grandi cicli tematici che hanno per soggetto il destino dell’umanità nata nel peccato, dedita ai vizi e quindi, ahimè, destinata alla pena eterna.

L’Estrazione della pietra della follia è una satira molto pungente verso il mondo dei ciarlatani che, probabilmente, ha attinto la sua struttura sull’esempio del teatro popolare attraverso una simbologia minuziosa del disegno, netto e felice, che delimita le immagini e il paesaggio limpido.

Jheronimus Bosch, L’estrazione della pietra della follia, Particolare, 1501-1505, olio su tavola di rovere
Al. 48,5 x La. 34,5 cm. Museo del Prado, Madrid, Spagna

La tradizione popolare associava la follia a un sasso conficcato nel cervello. Prendendo la metafora nel suo senso più letterale, le persone credulone hanno cercato di liberarsi da questa presunta pietra facendola rimuovere. Jheronimus Bosch ambienta la scena all’aperto su un piccolo promontorio che si affaccia su una pianura con due città in lontananza. Mostra il paziente come un contadino anziano e robusto senza gli zoccoli e legato a una sedia. Il ciarlatano o il chirurgo che esegue l’operazione porta sulla testa un imbuto capovolto. Questo oggetto simboleggia l’inganno e rivela che non è un uomo istruito ma piuttosto un truffatore.

In realtà dalla testa del paziente il chirurgo ciarlatano non sta estraendo un sasso ma una specie di ninfea, come quella dipinta sopra il tavolo ed estratta, probabilmente in una precedente operazione. Quel fiore ha portato alcuni autori a interpretarlo in senso sessuale. In questo caso, invece di curare la follia del paziente, il chirurgo lo sta castrando liberandolo dal suo desiderio sessuale – lussuria – e riportandolo così sui giusti sentieri della società e della morale cristiana.

Complesso e totalmente nuovo, anche se visibile nelle miniature e nelle stampe, è l’impianto ottenuto dall”unione dei trapezi che compongono la Tavola de I sette peccati capitali. Fu eseguito tra il 1505 e il 1510 e i peccati si sviluppano attorno a un cerchio che simboleggia l’occhio divino in cui compare la scritta Cave, Cave, Dominus dus videt il monito Attenti Attenti, il Signore sta guardando; chiaro messaggio dell’inferno che attende coloro che si allontanano dal cammino di Dio.

Ma ciò che stupisce è la perfezione con la quale sono narrati, in grottesco, gli aneddoti che si riferiscono ai vari peccati. Escludendo il pesante monito moralistico, queste scene presentano Jheronimus  Bosch come il pioniere delle scene di genere.

Jheronimus Bosch, Trittico del carro da fieno, 1512-1515, olio su tavola,
Aperto Al. 147,1 x La. 224,3 cm. Museo del Prado, Madrid, Spagna

Con il Trittico del carro da fieno, databile tra il 1512 e il 1515, Jheronimus Bosch entra nella fase centrale della sua attività, quella dei grandi cicli tematici che hanno per soggetto il destino dell’umanità nel suo tragico e ineluttabile cammino in cui è coinvolto tutto il mondo visibile, vivente e inerte; animali e piante implicati in complicate metamorfosi e scambi tra umani, oggetti e rocce, assorbiti in inediti processi di interazione con la materia organica.

Jheronimus Bosch, Trittico del carro da fieno, Pannello di sinistra, 1512-1515, olio su tavola,
Al. 147,1 x La. 224,3 cm. Museo del Prado, Madrid, Spagna

Una sterminata distesa di immagini simboliche, tripartite da sinistra a destra con l’antefatto del peccato originale, i peccati dell’umanità, la punizione dell’inferno, e attinte dalle conoscenze alchemiche del maestro. Jheronimus Bosch esprime il concetto di fluidità della materia e la sua possibilità di poter passare da un grado a quello superiore più nobile, base della propria singolare visione del mondo; quel caos che precede l’ordine e l’equilibrio della creazione divina.

Jheronimus Bosch, Trittico del carro da fieno, Pannello di sinistra, 1512-1515, olio su tavola,
Al. 147,1 x La. 224,3 cm. Museo del Prado, Madrid, Spagna

Una quantità di simboli provenienti principalmente dall’alchimia ma anche dalla letteratura mistica del 1400 e dai detti popolari, come ad esempio l’immagine stessa del carro da fieno che si riferisce a un antico proverbio:

Il mondo è un carro di fieno e ciascuno ne prende quel che può

Jheronimus Bosch, Trittico del carro da fieno, Pannello di destra, 1512-1515, olio su tavola, Al. 147,1 x La. 224,3 cm.
Museo del Prado, Madrid, Spagna
Jheronimus Bosch, Trittico del carro da fieno, Particolare del pannello di destra, 1512-1515, olio su tavola,
Al. 147,1 x La. 224,3 cm. Museo del Prado, Madrid, Spagna

A trittico chiuso, su entrambi i pannelli delle ante, la figura del viandante che percorre un aspro cammino dando le spalle a scene di violenza, rappresenta il significato dell’intero dipinto.

Jheronimus Bosch, Trittico del carro da fieno, Esterno, 1512-1515, olio su tavola,
Al. 147,1 x La. 224,3 cm. Museo del Prado, Madrid, Spagna

Un viandante vestito di stracci, piegato sotto il peso della cesta caricata sulla schiena, si difende con il bastone da un cane minaccioso. Con la torsione del capo tiene sotto controllo il cane e i banditi che si lascia alle spalle, mentre una coppia di pastori lussuriosi ballano al ritmo della cornamusa. Nel pellegrinaggio del suo viaggio senza meta, la cui direzione gli è sconosciuta, è riuscito a evitare i pericoli della strada e sa che che comunque dovrà procedere pur non sapendo cosa lo attenderà quando attraverserà il ponte. 

Sappiamo che, nel bozzetto preparatorio, Jheronimus Bosch raffigura una croce dietro il ponte che eliminò nella fase finale dell’esecuzione sostituendola poi con un crocifisso in un piccolo altare situato nell’albero basso sotto il quale è seduto un pastore che suona la zampogna, senza che nessuno se ne accorga. 

Gotico, grottesco e masse cromatiche concorrono all’insegna dell’horror vacui totalmente indifferente all’organizzazione prospettica; in quello spazio il maestro, con una satira raffinata e maliziosa, racconta dei mostri sulla terra e della loro umanità stolta e meschina.

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