Da qualche anno finalmente anche nel mondo dello sport si è iniziato a parlare, in modo sempre più approfondito e trasparente di salute mentale. Non solo di infortuni, di forma fisica, di vittorie, di infortuni e di sconfitte ma anche degli sportivi, dei loro limiti, delle pressioni che subiscono, dei loro desideri e delle loro paure. E cosa fare se, dopo aver passato 26 anni della tua vita sul parquet di un campo da basket, un giorno ti svegli e su quello stesso parquet speri di infortunarti?

Cosa succede quando quella che è la tua grande passione da sempre e che con il tempo è diventata prima una parte di te e a poco a poco è coincisa con la tua stessa e completa esistenza? Queste, immagino, siano solo alcune delle domande che devono essere passate dalla testa di Juan Manuel Fernandez, quando a Gennaio del 2022, a soli 31 anni, ha scelto la strada del ritiro. Il cestista argentino classe 1990, allora era in forza all’Allianz Pallacanestro Trieste che con una nota nella quale comunicava che il giocatore

“ha informato la società della necessità urgente e improrogabile di lasciare Trieste per rientrare in Argentina per un periodo di tempo non definito” gelò l’intera tifoseria triestina e tutti gli appassionati della palla a spicchi.

Lo striscione esposto dalla curva dei tifosi triestini per Juan Fernandez
Lo striscione esposto dalla curva dei tifosi triestini per Juan Fernandez

Basket, un punto di rottura nella carriera

Per un certo periodo questo rientro in patria fu attribuito a generici problemi familiari e personali ma qualche tempo dopo ci pensò lo stesso “Lobito”, nomignolo con cui è conosciuto in tutto il mondo, a dire la sua con chiarezza in un post sui social:


Dopo una serie di eventi personali e professionali e un ultimo periodo per me molto difficile, ho raggiunto un punto di rottura nella mia carriera e nella mia vita che richiede un cambiamento, mettendo la mia salute mentale e il benessere della mia famiglia sopra tutte le altre cose.”

È così è stato, Juan Manuel Fernández è rientrato subito in Argentina con sua moglie e i suoi due figli per provare a rimettere insieme i pezzi della sua vita. E ci è riuscito facendo un lavoro su sé stesso, attraverso la terapia, e riconoscendo con profonda consapevolezza che quel malessere portasse con sé la definizione di burnout e di depressione. È lui stesso, in una lettera accorata alla città di Trieste, pubblicata nel 2023 su Il Piccolo, a raccontare ciò che ha fatto per rimettere la propria strada sui binari giusti e per riprendere in mano la sua vita.

Ma se hai passato la maggior parte dei tuoi giorni su questa terra a palleggiare su un campo da pallacanestro, con passione e talento, facendoti amare da società e tifosi, la tua storia con il basket non può finire così, perché citando Venditti certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano.

Il richiamo del pallone

E così, nonostante il Lobito si sia formato e abbia preso tutte le certificazioni per diventare un life coach e mettere le sue esperienze e le sue competenze a disposizioni di altri sportivi che attraversano momenti di difficoltà, il richiamo del pallone è stato più forte di tutto. Ha rimesso piede su un campetto da basket nel ruolo di vice allenatore per una squadra di ragazzini sempre in Argentina e lì ha capito che il fuoco sacro di Olimpia non si era ancora spento. Si è rimesso in forma e ha ripreso ad allenarsi fino al rientro in campo, sempre in Italia, in forza all’ Umana Reyer Venezia. A 34 anni Juan Manuel Fernández ha iniziato il secondo tempo della sua vita e ha tutta l’intenzione di lasciare il segno come sportivo e come uomo.

Vi lascio l’intervista realizzata dai ragazzi de La Giornata Tipo nella quale Juan racconta la lotta, la sconfitta e la risalita di un percorso tutt’altro che semplice.

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