Il 16 Maggio 2004 si giocava Milan – Brescia, nella cornice di San Siro. Mentre i rossoneri festeggiano lo scudetto appena vinto con l’ennesimo risultato positivo – 4 a 2 – Roberto Baggio dava l’addio al mondo del calcio. Una bandiera del calcio italiano, anticonvenzionale e dal talento incredibile, a tratti magico. Baggio, detto il Divin Codino, 20 anni fa salutava il calcio giocato.

Parlare di Roberto Baggio non è la cosa più facile che mi viene da fare. Mentre lui dava l’addio al calcio nel 2004 io non avevo ancora 6 anni. Di Baggio non ho mai visto nemmeno la figurina. Non l’avevo visto giocare, e anche l’avessi visto, a 6 anni non l’avrei certo riconosciuto. Perciò oltre che chiedere a internet quelle cose note che più o meno tutti sanno, mi sono rivolto a qualcuno che non solo l’ha visto giocare ma che si è anche emozionato nel farlo: mio padre. E così gli ho chiesto,

“papà com’era Baggio?”. “Chi? Il Divin Codino? Un mito gentile”.

Roberto Baggio
Roberto Baggio con la maglia numero 10 della nazionale Italiana

Il Divin Codino? Un mito gentile

Così mio padre descrive Roberto Baggio. Per i nostalgici come lui ci sono goal che forano ancora l’inconscio; il mitico versus la Cecoslovacchia ai mondiali Italia ’90: gesti come questi siamo oggi più abituati a vederli grazie alle serpentine di Messi e altri. O la partita contro la Nigeria nel mondiale del ’94, dove da un tragico 1 a 0 – in svantaggio e in 10 uomini – , Baggio sigla una doppietta che lancerà l’Italia in finale mondiale.

Mio padre mi racconta di partite vinte pressoché da solo; con la giocata speciale. La genialata. Che si stia parlando di un mito, pare quindi sempre più chiaro anche ai miei occhi. Ma perché gentile?

“Roberto era perfetto nella parte; la dolcezza dei modi, la sua gentilezza e riservatezza….”

Troppo spesso oggi l’immagine del campione va di pari passo con quella dello sbruffone, dell’istrione. Ecco, Baggio non era così. Un’indole umile, riservata e pacifica; sicuramente guidata dalla grande fede buddista. “Con gli allenatori, Arrigo Sacchi su tutti, ha avuto qualche problema…” ma anche se chiedo di più, mio padre cita brevemente un diverbio prolungato negli anni a seguito di una sostituzione. Ma questa è un’altra storia.

Quel rigore in Brasile!…

Il peccato più grande è forse vedere che all’immagine di questo mito gentile venga associato un tremendo ricordo. E sì, l’associazione è quasi obbligata. Nei mondiali USA 94′, dopo aver trascinato l’Italia in finale, è proprio lui ha sbagliare il rigore decisivo contro un Brasile non stellare. Dopo lo 0 a 0 maturato nei minuti regolamentari e supplementari, la finale di coppa del mondo viene decisa per la prima volta ai rigori. E dopo gli errori per l’Italia di Baresi e Massaro, è il Divin Codino ha sbagliare il rigore che fissa il risultato sul 3 a 2 per il Brasile. Un rimpianto enorme che tuttavia non scalfisce il suo talento, né tantomeno la sua capacità di far sognare e gioire i tifosi azzurri.

La sua carriera, sebbene i molti infortuni, è costellata di successi sportivi personali e di squadra. Magari meno roboanti di quanto avrebbe meritato. Vince nel ’93 un pallone d’oro, uno dei soli 5 italiani a farlo insieme a Sivori, Rivera, Rossi e Cannavaro. Roberto Baggio ha nel suo palmarès anche due scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa.

Oltre all’amore provato dai tifosi della nazionale, è stato molto amato anche nei club. Nella sua carriera Baggio ha militato in molte squadre, lasciando in ognuna di esse il segno. Dalla Lanerossi Vicenza, in giovinezza, e poi Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter e, infine, Brescia.

L’umanità di Roberto Baggio
fuori dal campo

Oltre che di eleganza, nel mondo dello sport è stato simbolo di tenacia e coraggio. Ha subito infortuni pesanti, soprattutto in giovane età, ma è riuscito a non demordere mai. Uno spirito combattivo, dalla fortissima volontà. Fuori dal campo, Baggio ha dimostrato impegno nel sociale. Baggio ha da sempre offerto sostegno e supporto a organizzazioni di beneficenza in tutto il mondo, ha finanziato ospedali ed è ambasciatore di buona volontà presso la FAO. Nel 2010 Baggio ha anche ricevuto il riconoscimento World Peace Award 2010 assegnato ogni anno da tutti i Premi Nobel per la pace a personalità che si impegnano nel sociale. La fede nel buddismo, a cui aderisce nel ’88 a seguito di un infortunio, lo porta a inaugurare a Corsico nel 2014 il più grande centro culturale buddista d’Europa.

Insomma, per i più nostalgici come mio padre, Roberto Baggio rappresenta un calcio che non c’è più, e soprattutto tanti bei ricordi e duri rimpianti. Ma ancora oggi, il Divin Codino dimostra di avere talento da vendere. Magari non quello che si esprime con gli scarpini ai piedi e il pallone, ma con una grande umanità. A 20 anni dal suo addio, la figlia Valentina ha pubblicato un post Instagram ricordando quel giorno indimenticabile.

Quel giorno di 20 anni fa ti scrissi un SMS dicendo ‘oggi il calcio ha perso la sua stella più bella, per me rimarrai sempre il migliore’. Nulla è cambiato, penso ancora lo stesso e ogni volta che guardo una partita mi domando come sarebbe vederti giocare oggi, dove avresti giocato, le gambe avrebbero retto di più? Comunque sia, da quando non giochi più, non è più domenica“.

Parte della sua storia è stata raccontata dal film Il Divin Codino su Netflix, con la regia di Letizia Lamartire e, nei panni del calciatore, Andrea Arcangeli.

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