Come abbiamo avuto modo di osservare in varie occasioni su questo blog (qui, qui e qui), garantire la sicurezza alimentare (intesa come salubrità, food safety) è una sfida fondamentale e ancora aperta nella regolazione mondiale.

A tal proposito, occorre notare che in un mondo globalizzato, in cui le merci (tra cui anche quelle alimentari) si muovono in tutto il pianeta a grande velocità, è fondamentale che ogni Stato si doti di un efficiente sistema di regolazione e controllo sulla sicurezza dei prodotti agroalimentari. Questo non serve solo a garantire che i Paesi importatori facciano entrare cibi sicuri, ma anche a facilitare il commercio degli stessi – con relativi grandi profitti – perché gli stessi cibi non incontrerebbero barriere doganali una volta giunti al confine dello Stato importatore.

A tal riguardo, sono numerose le misure intraprese. Tra queste, occorre citarne una, recentemente implementata dalla FAO: l’Organizzazione internazionale ha pubblicato un rapporto, per meglio dire una guida tecnica, nel caso di specie rivolta a un’area geografica delimitata (Asia e territori del Pacifico), in cui, seguendo una visione omnicomprensiva e una consultazione tecnica, viene sviluppato un progetto pilota (che quindi potrà essere esteso anche ad altri Paesi, in futuro), che stabilisce degli indicatori di sicurezza alimentare che si adattano ai contesti, alle caratteristiche e agli obiettivi dei luoghi presi in esame. Il progetto conferma l’utilità di tale modello e fornisce strumenti, esperienze, linee guida e consigli per sviluppare dei sistemi di regolazione della food safety adeguati.

Se pensiamo alla pandemia del Coronavirus – molto probabilmente derivata da modelli alimentari insicuri che hanno provocato una zoonosi, ossia il passaggio di una malattia da un animale all’uomo – capiamo l’utilità di progetti come quello in parola.

Qualunque cosa venga misurata,
può essere meglio gestita

L’incipit del Rapporto FAO recita: “Whatever gets measured, can be better managed”. Questa frase contiene una grande verità e permette una serie di considerazioni. Si incentra, come intuibile, sull’importanza della misurazione, ossia della valutazione e analisi di un fenomeno. Che consente quindi di gestirlo nel migliore dei modi, con più efficacia e maggiori probabilità di successo. A tal riguardo, gli strumenti per la misurazione servono a darci le risposte a una serie di interrogativi: quando possiamo considerare un cibo sicuro? Come stabiliamo che un metodo produttivo è sano? Come definiamo se un sistema di conservazione o di trasporto è sicuro?

Occorrono dei parametri, dei modelli, degli indicatori. Che naturalmente si basano su valutazioni tecniche, predisposte da esperti. Tale modello, inoltre, vale per tutti i settori, non solo quello alimentare.

Un altro punto importante, che la FAO specifica sin dall’inizio, è che gli indicatori non sono uniformi e uguali per tutti, ma anzi vengono “cuciti addosso (taylored)” ai Paesi presi in esame. Questo elemento è cruciale: fissare standard identici per tutti, uniformi su scala mondiale, incide molto sulle culture gastronomiche e sui metodi produttivi adoperati nei vari Stati. Inoltre, se lo standard è alto, si rischia di penalizzare alcuni produttori, se è troppo basso, si rischia di penalizzare la salute. Questa accortezza serve, ancora una volta, a evidenziare i limiti del processo di globalizzazione cui abbiamo assistito negli ultimi decenni, che con troppa fretta ha provveduto a standardizzare e uniformare regole e modelli produttivi, senza tener conto abbastanza delle differenze culturali, geografiche, fisiche e politiche che connaturano le diverse aree del mondo.

Inoltre, i food safety indicators non entrano nel merito e nel contenuto delle varie misure di sicurezza, ma stabiliscono metodologie e approcci da seguire, lasciando quindi un certo margine di scelta in capo alle autorità nazionali. Essi suggeriscono, ad esempio, come gestire le emergenze, come organizzare la struttura amministrativa preposta al controllo, come consultare i privati interessati prima di addivenire a delle decisioni, ecc.

In sostanza, quindi, la guida mira a fornire ai paesi gli elementi costitutivi per sviluppare i propri indicatori di sicurezza alimentare. Offre una serie di strumenti alle autorità nazionali competenti in materia di sicurezza alimentare per stabilire indicatori di sicurezza alimentare, tra cui una buona comprensione delle azioni pratiche e una comprensione approfondita di ciò che può essere fatto e non fatto attraverso indicatori di sicurezza alimentare. La guida evidenzia inoltre in che modo i sistemi nazionali di controllo degli alimenti possono trarre vantaggio dall’attuazione degli indicatori elaborati dalla FAO.

Quali sono le utilità di questo progetto?

Lo strumento analizzato è interessante e utile per una serie di ragioni.

In primo luogo, armonizza senza uniformare e omogeneizzare. Le misure sono adattate ai contesti regionali e riguardano metodi e procedure, non i contenuti. Al tempo stesso favoriscono il raggiungimento di standard minimi, che favoriscono l’adozione di regole e modelli comuni su scala mondiale, atti a facilitare il commercio internazionale, mantenendo elevato il livello di tutela della salute.

In secondo luogo, costituisce una guida tecnica, che facilità il raggiungimento di determinati obiettivi e che crea un modello di assistenza da parte delle organizzazioni internazionali agli Stati che può essere efficace, perché non imposto dall’alto, ma proposto in una forma di cooperazione. L’expertise in dotazione di un’importante Organizzazione Internazionale viene posta al servizio di Paesi che potrebbero non disporre delle adeguate conoscenze o esperienze. Questo è uno dei principali obiettivi della creazione di una Comunità internazionale.

In terzo luogo, la guida contribuisce alla realizzazione di alcuni obiettivi posti da Agenda 2030, che individua i goals dello sviluppo sostenibile da raggiungere in tale data:

Food safety is one of the key areas of the 2030 Agenda for the Sustainable Development Goals. Safe food directly contributes to the attainment of all SDGs. It is integral to SDG 3 (good health and well-being). It has a significant influence on SDG 1 (no poverty), SDG 2 (zero hunger), and SDG 6 (clean water and sanitation). It contributes to SDG 5 (gender equality), SDG 8 (decent work and economic growth), SDG 9 (industry, innovation and infrastructure), SDG 10 (reduced inequalities), SDG 11 (sustainable cities and communities), SDG 12 (responsible consumption), SDG 14 (life below water), SDG 15 (life on land). It is a minor consideration in attaining SDG 4 (quality education), SDG 7 (affordable and clean energy), SDG 13 (climate action), SDG 16 (peace, justice and strong institutions)”.

Infine, occorre anche segnalare una possibile criticità, giacché il potere di influenzare l’utilizzo di certi metodi o approcci utilizzati dagli Stati coinvolti è elevato: occorre quindi che gli esperti che elaborano i modelli e gli schemi tecnici da proporre siano liberi da condizionamenti, obiettivi, neutrali e non condizionabili. E queste garanzie non sempre sono facili da raggiungere, specialmente in strutture internazionali che non rispondono direttamente a un popolo sovrano.

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