Nel cuore dell’Unione Sovietica, dopo un periodo di ostracismo rispetto alla nuova scienza teorizzata dal matematico e statistico statunitense Norbert Wiener vide la luce l’Istituto di Cibernetica. Con esso, nacque un mondo virtuale straordinario: Cybertonia.

Questo paese immaginario prese vita grazie a giovani ricercatori, con un’età media di circa venticinque anni, che iniziarono a dar vita a un luogo dove scienza e gioco, realtà e virtualità si intrecciavano in modo unico. La storia di Cybertonia iniziò durante un festoso Capodanno del 1960 quando i ricercatori, immersi nel loro umorismo nerd, battezzarono questa “terra delle favole [skazochnaya]”.

Cybertonia, l’utopia cibernetica
nata da uno scherzo

Quello che era iniziato come uno scherzo presto divenne una vera e propria realtà parallela. Cybertonia offriva seminari scientifici, conferenze, film e aste, principalmente a Kiev, la sua capitale, e un ballo serale a L’vov, una città ucraina al confine.

In questa società informale, l’umorismo, i giochi di parole e le arguzie abbondavano, tutto finalizzato a creare un mondo che celebrasse gli automi autonomi sovietici. Il collettivo di Cybertonia rilasciava addirittura passaporti insieme a una costituzione nazionale e una mappa della futura capitale chiamata Cyber City (Kybergrad).

Lo scherzo veniva vissuto come una valvola di sfogo post-lavoro e, talvolta, come un’utopia reale, il sogno di una nazione indipendente dall’Unione Sovietica. Si arrivò addirittura ad introdurre una mascotte robotica che suonava il sassofono, un chiaro riferimento alla cultura jazz, una delle caratteristiche più peculiari della avversa cultura americana.

Cybertonia aveva persino un giornale e realizzò cortometraggi e altre opere. Nel 1966, il loro motto si trasformò in “energia, risate, sogni e fantasia”. La confusione tra realtà e virtualità, lavoro e gioco, scienza e arte era la quintessenza stessa di Cybertonia.

Nel 1968, in un periodo di rivolte, un simposio di cybertoniani pubblicò una provocatoria relazione sui “complessi aspetti cibernetici dell’umorismo”, che venne pubblicata da Cyber City nell’aprile del 1969. Questo rapporto non conteneva espliciti messaggi sovversivi, ma era ricco di arguzia tecnocratica e sarcasmo diretto contro le figure autoritarie sovietiche.

La cibernetica come strumento socialista

Nel cuore di Cybertonia, la cibernetica diventa uno strumento di condivisione della ricchezza e del sapere. Questo mondo virtuale offre un’alternativa all’accumulo di ricchezza nelle mani di pochi, rappresentando un’utopia in cui le risorse digitali sono utilizzate per il bene collettivo anziché per il profitto privato.

Il socialismo emerge come la soluzione a questo problema, poiché promuove la gestione democratica delle tecnologie e delle risorse. In Cybertonia, questo si traduce in una democratizzazione dell’accesso alle opportunità digitali, dove il potere è distribuito in modo più equo tra gli individui, consentendo loro di partecipare attivamente alla creazione e alla gestione di questo mondo virtuale.

Cybertonia rappresenta un esempio di utopia cibernetica che oggi riflette la necessità di abbracciare il socialismo come una via per liberare le classi lavoratrici dal potere e dall’oppressione del capitale. La cibernetica, quando guidata da principi socialisti, può diventare uno strumento per costruire un futuro in cui la tecnologia sia un mezzo di emancipazione e di uguaglianza per tutte e tutti.

Per leggere la storia del sogno cibernetico sovietico suggerisco la lettura del volume How Not to Network a Nation. The Uneasy History of the Soviet Internet, di Benjamin Peters (The MIT Press 2016), ricercatore che esamina la lunga evoluzione dei media e della tecnologia dal big bang ai big data.

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