Dal 2005, quindi ormai da ben 17 anni, il 27 gennaio è la data che tuttə conosciamo come Giorno della memoria.

Perché proprio il 27 gennaio? Perché il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa Sovietica entrò ad Auschwitz e quello è diventato per gli ebrei provenienti dai Paesi non del terzo Reich, (italiani, spagnoli, francesi ecc.) il giorno simbolico ed anche il luogo simbolico da cui ripartire per ricordare e raccontare la Shoah, l’eliminazione programmata del popolo ebraico, l’olocausto come si preferisce chiamarlo in Italia facendo riferimento anche alle altre vittime del regime nazista.

Dal 2005 è quindi diventato quasi un obbligo, un dovere, per le nostre scuole di ogni ordine e grado dedicare il 27 gennaio alla shoah con tutto ciò che di buono e di brutto ne deriva.

Di brutto, parto dalla fine, ne deriva che purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi questo dovere scolastico si riduce alla visione di un film senza un adeguato lavoro di preparazione, studio, documentazione, discussione, che preceda e segua il 27 gennaio e che ponga le basi storiche per provare a mettere il naso nell’indicibile delle persecuzioni razziali ed antiebraiche in particolare.

Di buono questa data ha che può essere un’occasione e come tale, se la si usa con la testa, può funzionare da aggancio per lavori prolungati; da spunto di partenza per racconti, riflessioni che iniziano e non possono e non devono mai finire.

Si può pensare di fare, di approntare, di iniziare, questo lavoro con i più piccoli? Con i bambinə e ragazzə prima che arrivi il filtro dell’indifferenza che la sovraesposizione mediatica e poco documentata, da così tanti anni, ha prodotto?

Sì, si può fare, ed una delle vie migliori è, vorrei dire come sempre, quella della narrazione.

E’ per questo che tra i moltissimi, decisamente troppi, libri che ogni anno escono sull’argomento sfruttando gennaio anche come occasione di marketing editoriale, ho scelto due libri in particolare per iniziare a raccontare e lavorare sulla Shoah con la fascia d’età più piccola: quella della primaria.

Il primo libro che ho scelto è La città che sussurrò di Jennifer Elvgren e  Fabio Santomauro edito da Giuntina, vincitore del Premio Andersen italiano nel 2015 come migliore libro 6/9.

L’ho scelto perché è un albo illustrato che narra una storia di salvezza realmente accaduta. Siamo in un paesino della Danimarca che in una notte senza luna riuscì a mettere in salvo tutti i suoi ebrei facendoli passare in Svezia e guidandoli fino al porto sussurrando la strada da dietro le porte di casa. Una storia narrata con dolcezza infinita, con protagonisti bambini e bambine che si aiutano, una storia in cui il silenzio si fa salvezza.

La scelta di mettere a rischio la propria sicurezza per aiutare altre persone. Quanto è diverso il silenzio messo in scena da questa narrazione, da cui abbiamo tutto da imparare, da quello invece omertoso che nasconde, copre, non si prende la responsabilità, con cui invece spesso ci capita di avere a che fare, a qualsiasi età!

L’albo è talmente bello e perfetto che può e deve essere letto ogni giorno in qualsiasi momento, non necessita occasioni e non chiede di aspettare il momento adatto, è lieve e intenso tanto che si fa leggere con piacere anche con bambinə dai 6-7 anni in su e come tale può essere un ottimo inizio per poi raccontare la storia, con tutte le accortezze del caso, naturalmente.

Il secondo libro che vi propongo è di Matteo Corraini che oltre ad essere un bravissimo scrittore per ragazzi è anche uno dei più grandi conoscitori della storia della Shoah. Si intitola Solo una parola, è edito da Rizzoli, e racconta esattamente il fattaccio della promulgazione delle leggi razziali nel settembre del 1938 in Italia, quelle che portarono il bambino protagonista a lasciare la scuola che frequentava, senza però mai usare la parola ebreo ma sempre quella occhialuto.

Insomma, la storia diventa metafora della Storia, le persone espulse e perseguitate non sono ebrei ma occhialuti, ovvero tutti coloro che portano gli occhiali. Il libro è scritto molto ma molto bene, ha persino dei tratti di ironia che alleggeriscono il clima narrativo, la ricostruzione è perfetta e la metafora degli occhiali permette di avvicinarsi in punta di piedi ma in maniera estremamente chiara, esplicita e comprensibile, al funzionamento della mentalità persecutoria in generale ed antiebraica in particolare.

Ecco, tenendo conto delle informazioni imprecise, quando non scorrette, che si trovano anche sui libri di scuola intorno alla Shoah italiana e non solo, e prendendo atto che è dalle secondarie che maggiormente si inizia a raccontare questa storia imprescindibile, i libri che ho scelto di proporvi oggi possono a mio parere aiutarci a iniziare questa narrazione prima e nel modo migliore possibile.

Segnalo anche alcuni siti ufficiali che possono tornare utili per approfondire la storia della Shoah per poi poterla mediare nel modo migliore.

Scuola e memoria del ministero dell’Istruzione

Ti racconto la storia dell’archivio storico in collaborazione con la Shoah Foundation

Figli della shoah, presidente onoraria Liliana Segre.

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