La Tenuta Dello Scompiglio: una filosofia di sostenibilità circolare a 360 gradi
La Tenuta Dello Scompiglio, un podere antico nei pressi di Lucca che incentiva la biodiversità e sostiene la produzione di vino biologico.

La Tenuta Dello Scompiglio, un podere antico nei pressi di Lucca che incentiva la biodiversità e sostiene la produzione di vino biologico.

La Tenuta Dello Scompiglio, che dista solo pochi km da Lucca, è attualmente impegnata in un progetto innovativo dove confluiscono tradizione e tecnologia, l’una a supporto dell’altra, con un impatto decisivo nei confronti della sostenibilità del territorio.
La Tenuta, un podere antico in stato di abbandono completo fin da quando fu acquisito nel 2003 da Cecilia Bertoni, ideatrice del progetto che racchiude anche nel nome la particolare filosofia che lo ispira. Si tratta di una filosofia di sostenibilità circolare a 360 gradi che incentiva la biodiversità di flora e fauna, riduce le emissioni di CO2, sostiene la produzione di vino esclusivamente biologico e incrementa la cultura del territorio grazie all’Associazione Culturale Dello Scompiglio.
L’edificio, completamente ristrutturato e inserito tra boschi e vigne, rappresenta un punto di dialogo ed interazione con gli elementi della natura nel suo Spazio Performativo ed Espositivo dove si svolgono spettacoli di danza, teatro e concerti.

Tutto iniziò nel 2003, quando Cecilia Bertoni incominciò da sola con cesoie e seghetto a ripulire alcune zone intorno alla villa, riportando a nuova vita la vigna madre situata a fianco dell’edificio padronale del ‘500: la vigna madre che ha dato origine al progetto del vino “Tenuta dello Scompiglio”.

Ma perché Scompiglio? Scompiglio dei vecchi schemi organizzativi e come occasione di cambiamenti altamente innovativi, anche dal punto di vista visivo. E così il paesaggio si arricchisce di un grandissimo anfiteatro, caratterizzato da terrazzamenti dotati di una regimazione delle acque impeccabile dal punto di vista ingegneristico, di molteplici produzioni in vari luoghi, microhabitat diversi che si intersecano tra di loro senza divisioni nette: l’oliveto, il parco, i boschi e il vigneto creano un unicum, ed è proprio questa la vera grande forza del progetto messo in campo.

La Tenuta dello Scompiglio occupa un’area di 200 ettari, di cui 50 formano il nucleo centrale, il resto è costituito da collina con boschi di castagno e pino marittimo.
Dopo gli anni 50-60 la famiglia nobiliare, proprietaria del podere, cacciò tutti i contadini che lavoravano le terre preferendo lasciare in stato di abbandono tutta la Tenuta. E così la natura si è riappropriata dei luoghi al punto che la fascia di pini che circondava lo Scompiglio arrivò a lambire la villa padronale.

Il lavoro di rigenerazione dei poderi è iniziato dai vigneti. “Oggi ne contiamo 5” mi dice Matteo Del Vecchio, Amministratore Delegato dello Scompiglio: “diamo un nome agli appezzamenti per dare dei punti di riferimento per chi lavora, come si è sempre fatto nell’antichità: sangiovese grande, sangiovese piccolo, canaiolo colorino, syrah, vigna madre, vigna di bosco e vigna di monte. Inoltre, ci sono tre punti dove sono cresciuti gli olivi, in più c’è un ettaro di orto per la produzione delle ortive per il ristorante”.
L’orto è diviso in quattro quadranti che vengono gestiti in rotazione in modo da mantenere il livello di fertilità e di biodiversità costante.

I vini biologici lavandaia prendono il nome dalle “Lavandaie del Vorno”, donne che non erano riconosciute come lavoratrici e come parte fondamentale della comunità, ma che per secoli hanno lavato i panni dei nobili della città di Lucca nei torrenti circostanti al podere profumandoli con la lavanda. Matteo mi spiega che queste lavoratrici erano molto bistrattate dalla borghesia locale, quindi l’intento era proprio quello di dare un riconoscimento a queste figure denominando appunto i vini con il nome del loro lavoro.
Dalla vigna storica è stata fatta una selezione dei vitigni sangiovese, canaiolo e colorino ed impiantate nelle altre aree Dello Scompiglio. Da uno studio del territorio è stato scelto di inserire il Syrah in quanto Lucca ha sempre avuto, nel corso dei secoli, ottime relazione con la Francia: Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone, ha regnato a Lucca per 7 anni. I vigneti, quindi, che si trovano tutti nella vigna storica (la vigna madre) hanno dato vita a sei vini forti ed espressivi come le Lavandaie del Vorno: Lavandaia Madre (origine al progetto), Lavandaia Nuova (vino novello che non invecchia), Lavandaia Pura (syrah in purezza), Lavandaia Poetica (legato alla natura artistica del luogo), Lavandaia Giuliva (semplice ma emozionante), Lavandaia Alta (dai vigneti più alti della Tenuta).
I colori delle etichette, legati volutamente ai colori e alle caratteristiche dei vini, costituiscono una paletta di colori che vanno dal viola al rosso passando dall’arancione e dall’azzurrino, una scelta voluta da Cecilia Bertoni, con una colorazione che, posta visivamente su un ripiano della cantina, crea un piccolo arcobaleno.
La gestione dei boschi dello Scompiglio è molto particolare ed è difficile da riscontrare in altre realtà della zona. I boscaioli esperti nel taglio selettivo curano le piante da seme, ma lasciano in vita vecchi alberi, perché nei boschi non serve tagliare tutto, soprattutto per far crescere il nuovo bosco e le nuove piante più resistenti e più belle e poi per mantenere in vita quei vecchi alberi che sono necessari per la sopravvivenza dell’avifauna.
Il legno non utilizzato viene raccolto per poi essere portato in un silos situato sotto il ristorante, dove, una volta triturato e cippato, viene utilizzato per alimentare una caldaia che produce acqua calda e riscalda tutti gli edifici dello Tenuta con un processo di teleriscaldamento.

Si realizza così un’economia circolare con una sostenibilità totale, ottenuta anche grazie alla ristrutturazione in bioedilizia degli edifici dello Scompiglio divenuti case a impatto energetico zero.
La giornata in giro per la Tenuta dello Scompiglio oltre ad avermi riempito gli occhi mi ha riempito l’anima. Lo Scompiglio è come un giardino, un giardino per l’anima, un giardino visivo da contemplare in tutti i suoi aspetti e dove ci si può prendere cura di noi stessi con la degustazione degli eccellenti vini, la cucina e l’arte.

