Un occhio distratto neanche si accorge della loro bellezza. E una mente distratta non sa nemmeno della loro esistenza. Figlie di un dio minore, nel Golfo di Napoli ci sono due piccole isole che non sono altro che due segni di interpunzione nel capolavoro naturalistico disegnato da Ischia, Procida, Capri e Monte di Procida. E in effetti, in mezzo a tanta bellezza così sfacciatamente sbandierata sullo specchio scintillante delle acque partenopee, si fa fatica ad accorgersi di questi due rari gioielli, troppo piccoli per richiamare l’attenzione.

L’isolotto di Vivara non misura che 32 ettari, ma è l’isolotto di San Martino a detenere il titolo di isola più piccola del golfo, con poco più di un ettaro e mezzo di superficie. Entrambe isole non-isole, entrambe collegate al mondo reale da un ponte lungo poche decine di metri (la prima all’isola di Procida, l’altra a Monte di Procida) sono entrambe due paradisi negati, al momento impossibili da raggiungere e da visitare. E scopriamo perché.

Vivara è una Riserva Naturale Statale dal 2002, uno scrigno di impareggiabile bellezza caratterizzato dalla tipica macchia mediterranea, con querce e fichi d’india tra cui fanno capolino qua e là piante rare, come l’orchidea cimicina o arbusti dall’aspetto di alberi possenti, come il corbezzolo o il mirto. Quando ero piccola e trascorrevo le mie vacanze a Procida, Vivara era la mia fuga mundi. Salivo in cima a punta Santa Margherita e da lì attraversavo il lungo ponte che mi permetteva di raggiungere quell’isola misteriosa, a quel tempo inaccessibile perché non era neanche Riserva Naturale. E dopo essermi arrampicata fin dove possibile, rimanevo a contemplarla al di qua di un cancello che ne impediva l’accesso.

Connessa alla piccola, ma sempre affollatissima, isola di Procida da una striscia di cemento che non è neanche un ponte a dirla tutta, ma solo una condotta dell’acquedotto campano, lunga poco più di cento metri, nasconde la sua anima vulcanica nelle rocce brulle che la fanno sembrare quasi ostile. Ma inerpicandosi lungo la scalinata costruita per accogliere in visita nel 1930 Maria José del Belgio, l’ultima regina consorte d’Italia, ci si può inoltrare in quello che un tempo fu parco di caccia della nobile famiglia d’Avalos, assai influente nel regno di Napoli. Qui infatti, a scopo venatorio, furono introdotti centinaia di conigli selvatici che ancora oggi popolano l’isola con numerose colonie. Ma l’esplorazione non è solo naturalistica. Si possono incontrare resti di architettura rupestre, come un piccolo edificio risalente al XVIII secolo e usato come guardiania, o i resti di due fortini risalenti al XVII secolo, ma anche tracce di un frantoio, un palmento per la pigiatura dell’uva e cisterne sotterranee. Quando si arriva all’estremità opposta dell’isola si scopre poi, quasi come un premio dopo la fatica del percorso, la cosiddetta Tavola del Re, un edificio di forma semicircolare progettato dall’ingegnere napoletano di origini inglesi Lamont Young da dove si spalanca un panorama ineguagliabile: l’isola di Capri e l’isola d’Ischia con il suo Castello Aragonese.
Peccato che un gioiello del genere sia attualmente inaccessibile, perché non è stato rinnovato il protocollo tra la proprietà e il comitato di gestione della riserva.
Infatti basta andare sul sito del comune di Procida e cliccare su Isola di Vivara e poi su prenotazioni per scoprire l’amara verità.

L’isolotto di San Martino non è da meno in termini di bellezza, non solo per l’aspetto naturalistico, ma soprattutto per le sue dimensioni ridotte e per il percorso inquietante che conduce ad esso. Infatti non è altro che una scheggia del Monte di Procida staccatasi dalla costa intorno al 1488 forse a causa di erosioni marine. Il nome deriva da una piccola chiesa medievale dedicata a San Martino, poi distrutta da un maremoto. Come dicevo, l’accesso all’isola è inquietante, e chi soffre di claustrofobia potrebbe dovervi rinunciare. Un lungo tunnel infatti, di circa tre chilometri, costruito intorno agli anni ’30, parte da una frazione di Monte di Procida per condurre direttamente sul mare. Ma non è un tunnel qualsiasi, è angusto e buio, e talmente stretto che se vi si ferma l’auto non potete neanche aprire la portiera per uscirne. Tuttavia una volta guadagnata nuovamente la luce, ci si ritrova sul mare, dove inizia un lungo pontile che raggiunge l’isola. O meglio… la raggiungeva. Perché dal 2017 parte del pontile è crollata, rendendo di fatto irraggiungibile l’isolotto. Un nuovo crollo causato dalle intemperie, nel dicembre del 2019, ne ha decretato l’isolamento definitivo. Un tempo usato come tonnara dai pescatori procidani, l’isolotto fu poi sfruttato per l’estrazione di pozzolana e tufo, tipici materiali vulcanici del territorio, e per questo nel tempo la sua superficie si è ridotta inesorabilmente. Qui il panorama è mozzafiato: acque limpide fanno da sfondo alla vicina isola di Procida che guarda come una sorella maggiore il piccolo fragile scoglio dimenticato.

Isolotto di San Martino, foto di Antonio Retaggio

Qualcosa però potrebbe cambiare proprio nei prossimi mesi: infatti il 29 maggio scorso è stato approvato il nuovo Puc (Piano Urbanistico Comunale) di Monte di Procida, dove è finalmente previsto il “rafforzamento del ruolo dell’isolotto di San Martino in un’ottica di sviluppo turistico di eccellenza pienamente sostenibile sotto il profilo paesaggistico ed ambientale”.
Un piano che intende recuperare i valori geologici, vegetazionali e paesistici della piccola isola, e riattivarne l’approdo nel rispetto dell’habitat marino.

Possiamo dunque sperare che in un prossimo futuro l’isola di Procida, già a suo tempo brutto anatroccolo tra le bellissime sorellastre Ischia e Capri, e oggi finalmente elevata a rango di principessa del Golfo di Napoli, possa arricchirsi di queste due perle troppo a lungo negate.

La questione si arricchisce di un alone di mistero. Infatti da qualche mese è on line uno strano sito dedicato all’isolotto. C’è una splendida immagine dello scoglio con un grande numero sette in evidenza. E sotto al numero sette scorrono i riferimenti ad alcuni sette famosi, come i sette chakras, i sette giorni della settimana, i sette vizi capitali, i sette regni e così via, per finire con i sette giovani Montesi (Montesi sono gli abitanti di Monte di Procida). Che sia una pubblicità-mistero tesa a lanciare un nuovo progetto di recupero dell’isolotto? Ce lo auguriamo, soprattutto perché si tratta di giovani. E a noi le idee dei giovani piacciono sempre moltissimo.

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