Come funzioni la mente di uno scrittore è da sempre oggetto delle più disparate indagini. Pochi però ritengono interessante approfondire una circostanza da cui spesso nascono le narrazioni: l’incontro fortuito, pilotato dal caso o dal destino (questo non sarà mai chiaro). Se poi quest’incontro avviene tra persone vissute in epoche diverse, l’indagine diventa ancora più intrigante.

Simona lo Iacono è una scrittrice siciliana piuttosto prolifica che abbina al suo talento letterario un gran fiuto per le belle storie. L’ultimo suo libro  è La tigre di Noto (Neri Pozza) , la biografia romanzata della scienziata Anna Maria Ciccone, siciliana classe 1891 che poco prima della Grande Guerra si trasferisce a Pisa nonostante il parere contrario della famiglia che avrebbe visto per lei un futuro di moglie e madre con un buon partito. Ad Anna Maria invece interessa Einstein, e ovviamente la luce. Non in senso metaforico – anche se poi la vita la porterà ad accumularne tanta, pure in direzione simbolica – ma in senso scientifico. Si iscrive alla Normale di Pisa ed è l’unica allieva in una classe di soli uomini, si laurea prima in Matematica e poi in Fisica. Ad Darmstatd in Germania Anna Maria Ciccone collabora con il Nobel per la Fisica Gerhard Herzberg, studiando spettroscopia. Insegna all’Università ma passa anche alla storia per colei che si mise a tu per tu con i nazisti affinché  l’istituto di Fisica pisano non venisse depredato delle strumentazioni e dei libri. Era l’estate del 1944, mesi di aggressioni e bombardamenti. La “tigre di Noto” minacciò di non lasciare gli edifici a costo di farsi saltare in aria e riuscì nel suo intento. Peccato che questa bella storia la conoscano ancora in pochissimi. 

Pisa non aveva le indecenze di Roma. Era drastica, austera. Conservava una compostezza che non avevo mai visto tra i romani. Una posa langue, incline agli amori contemplativi. Se ne vedevano in tutti i porticati. Uomini in divisa che abbracciano le ragazze… Che non osavano palparle né invaderle, ma che se ne stavano ritti a guardarle in un saluto finale, da naviganti prossimi a partire. A Roma nessuno invece rispettava le donne.

Anna Maria Ciccone

Anna Maria Ciccone: un incontro al di là del tempo

L’incontro tra Simona Lo Iacono e Anna Maria Ciccone è invece avvenuto per caso, in epoche sfalsate, e grazie a un’avvocata di Noto, Rina Rossitto, generosa professionista con una grande  vocazione per il teatro, qualche tempo fa impegnata sulla scena con un breve monologo dedicato proprio a Ciccone. Simona viene a conoscenza della storia e, come dice lei stessa, “ho immediatamente percepito la presenza di Marianna accanto a me”.

Una volta superato lo sgomento per il fatto che un’accademica siciliana dello spessore di una Montessori fosse caduta nel dimenticatoio, la scrittrice non può far altro che obbedire alla necessità della narrazione: deve raccontare la scienziata. O meglio la donna, prima ancora che la studiosa, ammesso che le due cose vadano separate.

Cattedrale di Noto
Foto Wikipedia Di Tango7174 – Opera propria, CC BY-SA 4.0

Conoscere l’Altro, come solo gli scrittori sanno fare

Simona Lo Iacono inizia ad ascoltare Anna Maria Ciccone per come sanno fare narratrici e narratori, cioè frequentando i luoghi siciliani dell’infanzia, ricostruendo i suoi legami familiari, studiando il curriculum di studi prima e di ricerca poi. Per poi approdare alla narrazione. La formula scelta è quella della biografia romanzata, e cioè la cura per i dettagli storici ma con una spiccata libertà di intuito. Qualcosa di più del liberamente ispirato che lascia comunque ampio spazio all’invenzione. Ed ecco che il nuovo romanzo dell’autrice siciliana prende vita e il piccolo miracolo della riscrittura a cavallo tra verità e fantasia si ripete.

Simona Lo Iacono non è nuova a scelte narrative che pescano nella storia, anche locale, per poi volare alto nella narrazione che incontra il favore dei lettori o nelle belle biografie. Ne Il morso (Neri Pozza) ad esempio, la protagonista è Lucia Salvo che ha sedici anni nella Palermo del 1847, gli occhi come «due mandorle dure» e una reputazione difficile da ignorare: nella sua città, Siracusa, viene considerata una «babba», ossia una pazza. La nomea le è stata attribuita a causa del «fatto», ovvero il ricorrere di improvvise e violente crisi di epilessia, oppure ne L’albatro (Neri Pozza) dove il grande Giuseppe Tomasi di Lampedusa è un bambino solitario e contemplativo, uno di quelli che preferiscono «la stranezza delle cose alle persone», avendo «per compagnia solo il silenzio».

Simona Lo Iacono è nata a Siracusa nel 1970, è magistrato e presta servizio presso il tribunale di Catania. Nel 2016 ha pubblicato il romanzo Le streghe di Lenzavacche (Edizioni E/O), selezionato tra i dodici finalisti del Premio Strega.

Simona Lo Iacono

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