Finalmente è fatta! L’altro ieri, l’8 febbraio, la Camera dei Deputati ha approvato definitivamente e a larghissima maggioranza la legge che contiene un’importante modifica costituzionale: la tutela dell’ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi e degli animali è stata inclusa tra i principi della Costituzione italiana, precisamente nell’articolo 9. Ed è significativo il riferimento al fatto che tale tutela venga esercitata “… anche nell’interesse delle future generazioni”.

Il Senato aveva già approvato questa modifica nel novembre 2021. Pertanto, l’articolo in questione entra in vigore immediatamente, senza necessità di approvazione da parte dei cittadini attraverso l’istituto referendario, dal momento che la modifica apportata alla Costituzione è stata votata favorevolmente da più di due terzi dei parlamentari. Vale la pena anche ricordare che la prima parte della Costituzione italiana, che comprende i primi 12 articoli, non era stata mai toccata dalla sua promulgazione, avvenuta nel dicembre del 1947.

Ma la modifica costituzionale riguarda anche l’articolo 41, al cui testo sono state apportate minime, ma significative aggiunte: in questo caso, viene specificato che l’iniziativa economica non può recare danno “… alla salute, all’ambiente …” e che la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e “ambientali”.

Dunque l’economia non può più ignorare la salute umana e dell’ambiente. Poche parole che vanno ad incastonarsi nella legge fondamentale dello Stato, ovvero quel patto sociale tra i cittadini mediante il quale si condivide una visione del mondo e dei rapporti che lo determinano, e su cui è costruito l’edificio delle istituzioni e delle leggi che strutturano la nostra repubblica.

Ma facciamo un passo indietro. Personalmente, mi ero già appassionata (e non solo io) alla questione degli insoddisfacenti riferimenti all’ambiente naturale nella Costituzione italiana: ne scrivevo nel 2020 in un capitolo del libro Il Diritto visto da fuori (a cura di Maria Zanichelli).

L’articolo 9 prima della modifica recitava: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Quindi, il riferimento all’ambiente era deducibile solo indirettamente dal concetto di paesaggio (che peraltro non veniva definito, per cui per paesaggio poteva intendersi anche quello urbano degradato o a forte caratterizzazione industriale).

È con la Legge Galasso n. 431/1985 e la relativa circolare (n. 8 del 31 agosto 1985) che il paesaggio viene definito come comprensivo di tutti quegli elementi: “[] terreno, strade, vegetazione, tipo e ubicazione dei fabbricati, etc., che concorrono a dare a ogni località peculiari caratteristiche paesistiche ed ambientali, comprese le testimonianze della presenza dell’uomo sul territorio nei segni (documenti) della sua complessa e multiforme vicenda storica”.

Una definizione più sintetica e precisa può trovarsi nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), che all’art. 131 stabilisce “[] Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni […]” (anche se non viene esplicitamente richiamato il carattere sistemico di un areale).

Viene anche sottolineato il concetto che il paesaggio rappresenta carattere costitutivo dell’idea di appartenenza di una comunità umana al proprio territorio: “[] Il presente Codice tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali […]”).

Inoltre, si fornisce il quadro di riferimento ideale dell’azione fondata su consapevolezza, salvaguardia, integrazione, coerenza, qualità e sostenibilità: “[] Lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché tutti i soggetti che, nell’esercizio di pubbliche funzioni, intervengono sul territorio nazionale, informano la loro attività ai principi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e di realizzazione di nuovi valori paesaggistici integrati e coerenti, rispondenti a criteri di qualità e sostenibilità […]”.

Infine, il Codice dell’Ambiente (d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) fornisce una definizione di ambiente in relazione al concetto di impatto ambientale, ovvero “l’alterazione qualitativa e/o quantitativa dell’ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, fisici, chimici, naturalistici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o della realizzazione di progetti relativi a particolari impianti, opere o interventi pubblici o privati, nonché della messa in esercizio delle relative attività” (art. 5, comma 1, lettera c).

D’altra parte, l’articolo 32 della Costituzione recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Dalla lettura congiunta dell’articolo 9 (non modificato) e dell’articolo 32, si poteva dedurre che la Repubblica tutela al contempo paesaggio e salute.

Ne discendeva la protezione dell’ambiente naturale quantomeno in funzione della salute umana, e quindi la necessaria azione di contrasto all’inquinamento di acqua, aria e suolo al fine di prevenire l’impatto di condizioni ambientali deteriorate sulla salute dei cittadini. Dunque, solo l’unione dei contenuti dei due articoli rendeva possibile dedurre che l’ambiente veniva tutelato in Costituzione come un bene primario.

Pertanto, per rendere meno vago questo concetto, dal canto mio auspicavo una modifica costituzionale che citasse esplicitamente la protezione dell’ambiente tra i suoi articoli, non fosse altro che per allineare la carta fondamentale della Repubblica alla mutata consapevolezza ecologica che va affermandosi nella società da alcuni anni.

Segnalavo, inoltre, che l’attuale Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, proponeva nel suo libro L’utopia sostenibile di aggiungere un comma all’art. 9 della Costituzione: “[] Tutela l’ambiente e promuove le altre condizioni di uno sviluppo sostenibile anche nell’interesse delle future generazioni”.

Ora, mi preme ricordare che dal 2015 (Legge n. 68: “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”) nel codice penale sono stati introdotti i reati cosiddetti ambientali che prevedono sanzioni molto severe per azioni che abbiano determinato “una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna”.

Tali beni tutelati (a cui andrebbe aggiunta la geodiversità) sono fondamentali per il mantenimento e lo sviluppo della vita, tra cui quella umana, e per accrescere il senso di appartenenza dei cittadini ai loro territori, plasmandone l’idea di difesa, conservazione e tutela.

Tuttavia, nonostante il diritto negli anni abbia già gradualmente integrato i riferimenti all’ambiente, questo processo sembra percepito dalla società civile solo nei suoi sviluppi sanzionatori e non per il valore del buon vivere comune che le norme ambientali possono assicurare.  Ed è su questo aspetto che occorrerà lavorare con cura nei prossimi anni.

È evidente che il nuovo quadro di riferimento costituzionale dovrà essere seguito da un quadro legislativo revisionato e coerente, che metta in atto e trasformi in agire sociale il mutato dettato costituzionale. Certamente le leggi che tutelano l’ambiente e gli animali già ci sono, così come quelle preposte alla difesa della salute umana.

Ma la sensazione è che qualcosa stia cambiando, anche se forse troppo lentamente, che ci sia la volontà di accompagnare la società verso nuove forme di relazione tra essere umani, biosfera e geosfera. Non è poco, anche se l’urgenza della crisi ecologica avrebbe dovuto imporre queste modifiche costituzionali molto prima. Oggi, infatti, l’azione a tutela dell’ambiente e delle forme di vita non umane diventa sempre più un fatto obbligato e non piuttosto il frutto di decisioni lungimiranti sul nostro futuro e di quello del pianeta.

Per concludere:

  • Di questa importante modifica istituzionale non molti sembrano essersene accorti, a cominciare dai mass media. La notizia sembra essere passata in sordina e comunque nessuno, almeno finora, ha sentito il dovere di spiegare ai cittadini cosa cambierà, se cambierà qualcosa, e soprattutto quale sia il significato ideale, etico, delle modifiche apportate. Parlare di principi e valori che presiedono all’organizzazione e al funzionamento di una comunità umana dovrebbe essere fondamentale affinché istituzioni e leggi, che a quei principi e valori si conformano, non appaiano distanti dal comune sentire e svuotati di significato sociale.  
  • Resta la grande e inevitabile incognita su come verranno disegnate nuove leggi e applicate quelle esistenti alla luce delle interpretazioni che possono scaturire dal nuovo quadro di riferimento costituzionale.
  • Non possiamo che rallegrarci che la classe politica attuale, spesso contraddistinta da miopia presentista e pressappochismo operativo, abbia proposto e votato favorevolmente e compatta una tale modifica costituzionale.

Tuttavia, è urgente, anzi improcrastinabile, che questa modifica sia seguita da una legge che limiti quanto più possibile il consumo di suolo. Nei prossimi decenni la popolazione italiana si ridurrà: non c’è più bisogno di consumare campagna, coste, natura, sostituendole con palazzi, strade, cemento, se non quando strettamente necessario. Riqualifichiamo piuttosto il patrimonio edilizio esistente e le aree urbanizzate degradate e abbandonate.

È ora…. e dobbiamo fare presto!

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