Il Museo del Cognome. Ebbene si, esiste un museo del cognome.
E’ l’unico museo al mondo dedicato alla genealogia, dove attraverso un’esposizione di documenti è possibile imparare a fare ricerca genealogica. Da un’idea di Michele Cartusciello, genealogista e amante delle tradizioni e della cultura locale, il Museo apre le porte nel 2012 in una casa del 1700 con sede a Padula, un piccolo borgo a sud della provincia di Salerno. L’intento del progetto è prevalentemente didattico.

Tra i servizi è possibile fare una ricerca genealogica sul proprio cognome, un’analisi grafologica, fare un ancestors tour, un tuffo nel passato alla scoperta delle origini della propria famiglia, e perché no, anche di quelle tradizioni tipiche di un tempo. Il visitatore viene accompagnato nel suo percorso alla ricerca delle proprie radici, una ricerca che si fa man mano sempre più appassionata, alla scoperta di relazioni, intrecci, intrighi, tradimenti, medicina, mestieri. All’inizio del 2014, è stata anche inaugurata una sessione che mostra documenti e alberi genealogici di personaggi illustri come quelli di Papa Francesco, Luigi Pirandello, Robert De Niro, Silvester Stallone e tanti altri. Il Museo gode ormai di fama internazionale, è stato infatti presentato in America dall’Argentina, agli Stati Uniti, Paesi segnati da un lungo passato di immigrazione italiana.

Ma come mai una psicoterapeuta e uno psichiatra vogliono parlarci di un museo del cognome? “La nominazione è l’iscrizione del bambino in una stirpe che lo precede e gli succederà”. Una citazione ripresa dalla psicoanalista francese Martine Menès (2012) in cui il soggetto, la soggettivazione, la soggettività viene messa in primo piano per evidenziare l’importanza della questione del desiderio di apprendere nell’ambito delle difficoltà che alcuni bambini hanno negli apprendimenti. Da dove viene il desiderio di apprendere? Tra le varie risposte, nel libro della psicoanalista, c’è il senso di appartenenza. Da qui si inizia ad intravedere l’importanza del cognome, il cognome che nomina.

Ai tempi dell’antica Roma, il bambino prima di essere presentato dal padre alla comunità era oggetto vulnerabile e indifeso, violabile. Solo dopo la sua nominazione da parte del padre diventava soggetto. E’ l’essere riconosciuti grazie ad un cognome che ci situa in una storia, nella storia da cui proveniamo. La possibilità di situarsi in questa storia permette di installare le proprie radici per potersi costituire in quanto soggetto, un soggetto con una propria personalità. Solo a partire dalle proprie origini dunque il soggetto può cominciare a scrivere la propria storia.

Ecco perché i bambini interrogano spesso i propri genitori e i propri nonni affinché possano raccontargli la storia di come sono nati. Il sapere sulle proprie radici, le proprie origini permette di costruire una propria narrazione. I saperi universali si acquisiscono sulla base dei saperi personali derivati dall’esperienza di ciascuno.
Un giorno la psicoanalista Claudine Vacheret, durante una supervisione, mi ha detto (in queste righe è Giorgia che scrive) che quando qualcuno pone una domanda d’aiuto è fondamentale conoscere la sua storia andando indietro sino alla terza generazione.

Non dimentichiamoci dei trovatelli. I bambini non riconosciuti alla nascita e abbandonati. Per loro vi erano dei luoghi appositi. La ruota degli esposti, di cui tutte le città erano dotate. Anche ai trovatelli si dava un cognome, generalmente di significato religioso o legato al simbolo dell’ospedale e degli orfanotrofi dove venivano allevati.
Nella sua piramide dei bisogni Maslow inserisce il bisogno di appartenenza come bisogno di essere amato e amare, di far parte di un gruppo e come aspirazione di ognuno a sentirsi parte di una comunità. Gli psicologi Roy. F. Baumeister e Mark R. Leary hanno avanzato la Belongingness hypothesis (l’ipotesi dell’appartenenza) secondo la quale le persone spinte dal need to belong (bisogno di appartenere) creano prontamente delle relazioni sociali in più condizioni e resistono alla dissoluzione dei legami esistenti.

Il cognome dunque attribuisce un’identità tra il singolo e il gruppo, l’individuo e la collettività. Istituisce dei legami. Soggettiva, fa esistere. Ecco perché due Psi parlano di un Museo del Cognome. Il cognome permette di appartenere. Dà al soggetto un posto.

Buona ricerca genealogica!

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