Una gatta nera, una bambina cresciuta nel bosco, le fate di una pazza Palermo. La scrittura di Nadia Terranova ci porta dentro una storia dove la libertà ha l’odore di erbe selvatiche e la luce degli occhi di una bambina.

È la notte di San Giovanni del 1586: “Le notti più corte dell’anno sono le più lunghe”. E proprio nelle sere d’inizio estate può succedere di tutto. Artemide è una gatta nera alle prese con la sua terza vita. Siamo nella Palermo dell’inquisizione, il periodo storico peggiore per un felino dal pelo scuro. Inizia così Il cortile delle sette fate, la nuova favola di Nadia Terranova, pubblicata in un’altra data magica, il 31 di ottobre, da Guanda Editore.

In uno scritto dello storico siciliano Giuseppe Pitrè si racconta di come, nonostante la ferocia degli inquisitori, in un cortile del centro di Palermo, si ritrovassero sette misteriose donne. Talvolta decidevano di portare qualcuno con loro, in un vortice di danze, canti e sogni mai visti che finivano all’alba, con il risveglio. Le storie chiamano altre storie e così Nadia Terranova tesse un nuovo racconto, impreziosito dalle illustrazioni di Simona Mulazzani.

Tra le pagine de Il cortile delle sette fate una scrittura elegante ed evocativa ci prende per mano, e pare di sentire davvero i bisbigli, i canti e i fruscii delle gonne delle fate. Di percepire l’odore del rosmarino, dell’iperico e dell’elicriso. Di udire i miagolii della gatta fifona e di vedere Carmen, la bambina vestita di stracci. Una creatura libera, cresciuta in mezzo alla natura, cullata e riscaldata dai lupi e da tutte le anime del bosco che le hanno insegnato a camminare, a cavarsela da sola e accettare il suo destino.

Artemide e Carmen non si incontrano, vanno in direzioni diverse. Sono due spiriti liberi, due protagoniste femminili perseguitate dagli invasati dell’inquisizione che cercano il diavolo per le strade di Palermo, mentre il male si cela dentro le loro teste. Tempi duri per le donne de fora, fate e streghe che tramandavano l’arte della cura. Tempi duri per le gatte, spiriti indomiti che non appartengono a nessuno. In una Palermo che è femmina, folle e pericolosa, si aggirano degli uomini nerboruti pronti a rinchiudere e condannare.

Questo piccolo romanzo ci racconta di persecuzioni e libertà, di tempi oscuri e disobbedienza. Dell’accettazione e della difesa della propria unicità. E in questi nostri giorni così strani, in cui la minaccia alle identità e alle libertà si fa reale, di favole così ne abbiamo bisogno, bambini e adulti.

A Palermo esiste ancora la piazzetta Sette Fate, al quartiere Ballarò. Nascosta, come tanti scorci storici, in mezzo ai palazzi e al viavai della città. Dopo questa lettura, passeggiando con mia figlia all’ombra della torretta dell’acqua, chiudendo gli occhi ci sembrerà di sentire le voci e le danze di sette bellissime donne, l’odore di erbe selvatiche e un’ombra nera che sgattaiola via.

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