Le Elettrosciocche sul divano: Patrizia Bollini e la comicità femminile dal 6 all’8 maggio a Roma
In scena dal 6 all'8 Maggio al Teatro Le Maschere di Roma, 'Elettrosciocche' è una rivisitazione ironica del lettino freudiano. Tutta al femminile.
In scena dal 6 all'8 Maggio al Teatro Le Maschere di Roma, 'Elettrosciocche' è una rivisitazione ironica del lettino freudiano. Tutta al femminile.
Incontriamo Patrizia Bollini, che scrive e interpreta il lavoro teatrale ‘Elettrosciocche’ al Teatro Le Maschere di Roma insieme a Mara Di Maio, per la regia di Gabriela Alejandra Praticò.
Elettrosciocche mi fa pensare all’umorismo come antidoto para farmacologico alla depressione, che ne dici? Raccontaci questo spettacolo.
Questo spettacolo nasce dalla sinergia umoristica/artistica con Mara Di Maio, con la quale collaboro da diversi anni nella realizzazione di spettacoli comici, e dal contributo alla regia di Gabriela Alejandra Praticò. In scena abbiamo un lettino, una sedia, una lampada per scandire le sedute e due postazioni in proscenio che rappresentano le relative case private. Interpretiamo una psicoterapeuta e una paziente, ognuna con le proprie patologie e debolezze, in un avvicendarsi di sedute nelle quali affiorano caratteristiche e incomprensioni che renderanno il rapporto sempre più insostenibile ed esplosivo, tutto ciò condito da ironia e situazioni paradossali. ‘Elettrosciocche’ ci permette di ridere delle nostre manie, delle nostre paranoie e delle nostre fragilità quando ci rapportiamo con il resto del mondo. Basti pensare che tra le varie cure terapeutiche proponiamo le pillole di Felicitina attraverso lo slogan: “Felicitina, perché chi non ride muore prima!”.
Esiste uno specifico umorismo al femminile? E come si declina oggi, in Italia e quale è il tuo modo di declinarlo?
Quello che ho sempre amato e ammirato del passato sono le grandi figure come quelle di Anna Magnani e Monica Vitti, dotate di un incredibile talento comico, drammatico e mai stereotipato, forse proprio perché creature uniche. Esistono sicuramente degli stereotipi di personaggi femminili comici: la zitella acida, la bionda bella e ingenua, la bruttina disadattata, la casalinga disperata, tutte figure che riescono a scatenare la risata. Ma oggi ci sono anche altre realtà, molto importanti ed efficaci, più moderne e innovative, sia dal punto di vista attoriale che drammaturgico. Quello che ricerco io è una comicità particolare, sottile, che non sia mai volgare o offensiva e che possa offrire anche dei momenti poetici.
Vorrei ricordare per Rewriters il tuo grande impegno e successo in Finisce per A, tributo ad una eccellenza femminile non tanto conosciuta al grande pubblico…
‘Finisce per A’ narra la storia di Alfonsina Strada, l’unica donna ad aver partecipato al Giro d’Italia nel 1924. Questo spettacolo ha una storia lunga: era il 2009 e stavo cercando materiale presso la biblioteca dello sport di Roma perché volevo proporre nelle scuole uno spettacolo che parlasse delle grandi figure femminili dello sport. Con mio grande stupore non trovai quasi nulla se non un libro dal titolo “Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada” di Paolo Facchinetti. Ne sono rimasta folgorata. Una storia incredibile, appassionante e misconosciuta. Parlava della vita e delle imprese sportive di questa donna emiliano-romagnola (come me!) del suo coraggio e della sua tenacia nel correre insieme agli uomini, lei, unica donna in sella ad una bicicletta, un vero scandalo! Ed ho subito pensato che era l’occasione giusta per una “sfida” che avevo sempre avuto in mente di affrontare: il monologo.
Non ho perso tempo, ho contattato Eugenio Sideri e gli ho chiesto di scrivere per me un monologo nel quale interpretare sia Alfonsina che il marito, Luigi Strada. Ricordo che era estate, ero a Stromboli e ricevetti da Eugenio “due paginette da regalare alla Pat” come mi disse in seguito… ma quelle due paginette, nelle quali Alfonsina a cavallo della sua bici parlava con Gesù tra sudore, rabbia e fatica, mi hanno fatto battere il cuore e non ho mollato Eugenio finché, con tutta la sua passione e professionalità, ha scritto l’intero spettacolo. La nostra “squadra” è stata poi arricchita dalla regia di Gabriele Tesauri e abbiamo iniziato a portare lo spettacolo in giro nei teatri di tutta Italia e anche all’estero, sia a Londra, in occasione delle Olimpiadi del 2012 che a Bruxelles, all’Istituto Italiano di Cultura. E’ uno spettacolo che ancora porto in scena e che continua a regalarmi emozioni e tanta soddisfazione, soprattutto quando a fine spettacolo, negli occhi degli spettatori che mi vengono a salutare, riesco a leggere lo stupore e l’ammirazione per quella donna straordinaria.
Per quanto sia intuitivo, mi piace conoscere le specificità di ogni artista nel suo rapportarsi al lavoro teatrale piuttosto che televisivo o cinematografico: quali sono le tue?
Il teatro è per eccellenza “lo spettacolo dal vivo” e lo costruisci tu attraverso la tua carne, le tue ossa, il tuo sangue, il tuo vissuto, la tua emotività, la tua sensibilità. Ed è qui e mai più, unico ed effimero. E’ vivo perché per esistere devono esserci attrici e attori vivi, spettatrici e spettatori vivi. La magia del teatro è data dalla consapevolezza di essere sul palco, in quel momento, e di sentire il proprio corpo dilatarsi ed espandersi sotto le luci mentre dalla platea si intuisce l’emotività che si riflette in un gioco continuo di specchi tra spettatori e artisti.
Il cinema è un ingranaggio meraviglioso, è una magia che unisce arte e strumenti tecnologici. Quando ho girato “Solo cose belle” di Kristian Gianfreda, mi sono ritrovata catapultata in questo mondo fantastico, sei un piccolo pezzo del puzzle ma in quel momento sei unico e prezioso e devi cercare di trovare l’interpretazione perfetta perché… è quello che rimarrà per sempre. Affascinante e inquietante! Cinema e teatro sono fabbriche di sogni che regalano esperienze per far vibrare le anime.
Cosa ti porta questa estate?
Questa estate mi regalerà un mese di prove in Romagna per poter poi debuttare al Ravenna Festival il 10 giugno 2022 al Teatro Dante Alighieri con “Calere” (Sentieri) testo e regia di Eugenio Sideri. Lo spettacolo narra una vicenda familiare romagnola dedicata a P. P. Pasolini nel quale interpreto la Jole, moglie e madre romagnola dal temperamento forte e sensibile, divisa tra la preparazione di cibi e pietanze e la gestione dei rapporti familiari.
Questa estate spero anche che mi porti sole e libertà e perché no, magari un altro cammino di Santiago.