“La contraddizione è la radice di ogni movimento e vitalità; qualcosa si muove, ha un istinto e un’attività, solo in quanto ha in se stesso una contraddizione” (Hegel)

L’Europa è da tempo in crisi. Probabilmente perché la stessa idea di Europa lo è, perché non emoziona, non entusiasma più nessuno. Nel suo discorso inaugurale Trump mentre delineava il suo programma xenofobo, ecocida e autoritario, mentre programmava steccati insormontabili per i deboli e gli emarginati, ha preteso di far sognare gli americani parlando di creatività, potenziale di sviluppo e nuove frontiere. La sua visione di un’età d’oro a venire per gli USA coincide con il declino economico, tecnologico, sociale e politico dell’UE.

L’Europa, idea astratta

L’Europa è percepita come o un’idea astratta senza presa sulla realtà (gli europei non sono un popolo, non condividono una lingua, un senso di appartenenza o di solidarietà ecc.), oppure come un’istituzione lontana in mano a oligarchie finanziarie e politiche interessate solo ad arricchirsi a spese dei cittadini e poco inclini al confronto democratico. Di fronte a questo scenario è normale che il sovranismo, con tutto il suo portato di razzismo, nazionalismo, omofobia e misoginia abbia preso sempre più piede.

Si tratta di una risposta sbagliata a problemi reali. Le grandi potenze occidentali sono responsabili delle guerre più atroci, rubano risorse e inquinano producendo problemi globali, migrazioni e terrorismo? La risposta del sovranismo non è porre fine a queste violenze e ingiustizie ma chiudersi nel proprio orticello, come se fosse possibile salvare sé stessi senza preoccuparsi del destino di tutti gli altri e del pianeta. Chiudere le frontiere, discriminare gli ultimi, armarsi, inquinare senza rispettare regole condivise, ognuno per sé. Come se fosse possibile e auspicabile tornare all’epoca in cui ogni nazione si metteva in competizione con le altre. Come se non fosse proprio questo nazionalismo, questa competizione sfrenata ad averci portati sull’orlo del baratro economico, umano ed ecologico.

Ripensare l’Europa

Occorre forse invece ripensare l’idea di Europa per trovare l’antidoto a tutto questo. Anche se l’Europa ha sempre ospitato il germe della violenza e del sopruso, inventato le più terribili forme di persecuzione e di discriminazione (gli schiavi e i barbari in Grecia, gli ebrei nel medioevo, per tacere delle donne, dei folli e degli animali), è stata sempre anche altro, anzi sopratutto altro. Forse proprio per questa violenza di cui ha sempre fatto esperienza l’Europa è stata anche la culla dei diritti (Locke), della tolleranza (Voltaire), dell’idea di giustizia sociale (Marx) e di pace universale (Kant). Nell’idea di Europa è insita una contraddizione produttiva: che tutto l’orrore di cui siamo stati capaci possa essere non stato invano, possa accendere la scintilla di un futuro migliore.

Perché l’Europa è la civiltà delle contraddizioni, la civiltà in cui gli opposti si compenetrano e si armonizzano. Se, come voleva Eraclito, non c’è armonia senza contrasto, ebbene l’idea di Europa è la sintesi delle contraddizioni più stridenti e vitali, la sua bellezza è tale proprio perché sorge dai contrari. Non esiste, come vogliono i sovranisti, “una” radice dell’Europa, perché ve ne sono tante. Il grande lascito della cultura europea ai popoli del mondo viene dallo scontro e dall’incontro tra tradizioni diverse: pagane, cristiane, ebraiche, musulmane, laiche, religiose, atee, materialiste, spiritualiste, elitarie, popolari, edonistiche e ascetiche.

Forse solo imparando a pensare ciò che tiene insieme queste radici, ciò che ci rende uniti nella diversità, solo ripensando l’idea di Europa potremo salvarci dalla propaganda della paura che vuole cancellare la ricchezza di questa pluralità di voci in nome della sicurezza. Ed è certo più facile pensare che si vive sicuri solo costruendo un muro che esclude l’altro, il diverso da me, sia esso straniero, gay, o povero.

Si vive certo al sicuro dentro un SUV e in un quartiere dove i poveri non hanno accesso. Ma questa idea contraddice l’idea di libertà che l’Europa ha costruito finora: una libertà che non può ma essere vera se esclude gli altri, se implica e giustifica l’oppressione e l’ingiustizia. O si è liberi insieme oppure nessuno lo è. Perché se anche possiamo illuderci di essere liberi quando erigiamo un muro che esclude i più deboli, quella che ci spetta rinchiusi e protetti nella nostra campana di vetro non è davvero libertà. Perché non può essere più chiamata neanche vita.

Vi consiglio la lettura del saggio di Jacques Derrida, L’Europa in capo al mondo.

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