Il filosofo sloveno Slavoj Žižek ritiene che l’immaginario ci insegni come desiderare. E poche esperienze sono più desideranti – in quello che Jung avrebbe definito l’inconscio collettivo e io definirei come la collettivizzazione dell’inconscio – del bacio.

Ovviamente il termine, in senso lato, include le svariate occasioni del baciare: da quelle amicali a quelle familiari, da quelle parentali a quelle erotiche ma non vi è dubbio che il bacio, nella sua dimensione culturale e immaginativa, rappresenti la dimensione sia della soggettività che della relazione, andando a descrivere le norme sociali dell’affettività.

Per comprendere del resto l’importanza di un gesto che ci rende altamente sociali, basti pensare alle raffigurazioni simboliche (dunque all’immaginario visivo) moderno: dal famoso bacio di Hayez (realizzato nel 1859 e che la/il lettorɘ può visitare alla Pinacoteca di Brera) a quello ancora più commercializzato e noto di Gustav Klimt, intitolato appunto Der Kuss e realizzato fra il 1907 e il 1908, mentre la Belle Époque sembrava non aver fine.

Ma la Belle Époque era già un ricordo quando, nel 1922, fu proprio una donna, Luisa Spagnoli, ad inventare il famoso cioccolatino che avrebbe dovuto chiamarsi cazzotto per la forma a pugno. A nessun cliente però piace acquistare un cazzotto.

Ed ecco l’attivazione dell’immaginario: Giovani Buitoni ritenne fosse ben più poetico chiamare il cioccolatino Bacio mentre il grafico Federico Seneca, ispirandosi proprio al quadro, inventò la coppia di amanti (eterosessuali ovviamente) sull’evocante sfondo blu del vestito femminile di Hayez.

Da allora è passato un secolo: un secolo assolutamente non breve (per ricordare una famosa definizione di Eric Hobsbawm). Assai denso invece di cambiamenti e di rivoluzioni: da quella delle donne a quella delle coloureds people, da quella dei soggetti lgbtiq+ a quella dei lavoratori e lavoratrici, il novecento ha sovvertito più volte l’immaginario dominante.

Fra le rivoluzioni gentili –  per citare il film Lets’kiss incentrato sulla figura dell’attivista (e molto altro) Franco Grillini – ci fu quella che prese avvio a Stonewall nel 1969: e fu un’altra donna, l’attivista Silvya Rivera, a difendere (con un lancio di scarpa durante una rivolta contro la polizia in un locale gay di NY) un modo di amare, permettendo così anche all’immaginario del bacio gay o lesbico di esser pensato.

E, come in una preconizzazione ideale, è proprio il bacio della Perugina, a cento anni dall’invenzione di Luisa Spagnoli, a mutare i criteri di pensabilità e di immaginario. Con uno spot per la limited edition di Dolce e Gabbana, da esclusivamente eterosessuale il bacio Perugina diventa inclusivo e lgbt rendendo visibile ciò che a lungo è stato invisibile: le forme non normate delle affettività (si pensi al bacio fra persone âgées).

 L’operazione della Perugina è dunque una azione di riscrittura dell’immaginario che democraticizza l’idea di affettività.

E proprio questa è la rivoluzione dell’HerPowermənt: il collettivizzare (rendere comune e dunque collettivo) un immaginario che consenta ai soggetti e alle soggettə la possibilità di essere rappresentati nelle funzioni sociali. Il suffisso Her rende invece testimonianza del grande apporto dato all’impresa di cambiare il mondo da parte delle donne, incluse quelle citate in questo brano.

 La famosa frase di Edmond Rostand (l’autore di Cyrano de Bergerac) «cosa è mai un bacio? Un apostrofo rosa fra le parole t’amo» è dunque possibile rileggerla e riscriverla: cosa è mai un bacio? L’apostrofo della libertà.

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