Quale bellezza salverà il mondo? A rivolgere queste parole al principe Miškin, protagonista del romanzo L’idiota di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, è il giovane tormentato Ippolit.

La potenza di queste parole fa immaginare che tra il bello e il bene esista un legame misterioso, inafferrabile e indistruttibile. Alla bellezza è affidato il potere di ricomporre in un’unità armonica il disordine fondamentale della realtà, rendendola capace, così, di rivelare un senso ultimo al di sopra del suo stesso caos.

Queste parole oggi risuonano ancora più potenti perché il caos è ormai l’unica forma esistenziale che sperimentiamo. Siamo finiti per essere delle bombe ad orologeria compressi, confusi e inappagati.

Abbiamo perso il respiro, il respiro ampio e pieno che la bellezza concede. Siamo convinti che la bellezza sia sinonimo di perfezione o, peggio, di adesione a ideali patinati e tutti uguali. Siamo sempre più persuasi che la bellezza sia solo quella che vediamo riflessa nello specchio. Siamo sempre più sofferenti e schiacciati da tutto questo.

La bellezza a cui mi riferisco non è un accessorio né un orpello. La bellezza restituisce dignità alle persone quando è dato loro accesso ad essa, ci spinge a volare più in alto col pensiero, con le aspirazioni; ci fa desiderare cose più grandi.

E’ ciò che accade ne L’idiota di Dostoevskij, in cui la bellezza si rivela essere ciò che affrancherà il mondo dal male.

E l’arte, che della bellezza è espressione, è uno strumento importantissimo per la cura della nostra anima soprattutto in momenti bui come questo.

Ho avuto modo di conoscere e sperimentare sia su me stesso sia con le persone diversamente abili con cui sono a contatto, gli strumenti dell’arteterapia e, nella mia esperienza, ho riscontrato che un dipinto, una scultura, una musica o qualsiasi altra forma di espressione artistica, possono entrare in risonanza con il sè profondo in maniera molto più diretta della parola stessa.

Recapitare un messaggio al nostro inconscio è senza dubbio più semplice se utilizziamo un linguaggio artistico, in grado di aggirare le resistenze che la coscienza impone. Spesso l’arte riesce a disattivare il nostro giudice interiore, quello che ci convince che non possiamo farcela, che siamo mediocri, che in noi non c’è nulla di speciale.

L’arte e la bellezza sono di tutti e riescono a toccare corde universali facendole risuonare in noi, che improvvisamente ci riscopriamo pieni di cose belle. L’ ho sperimentato su me stesso e l’ho visto negli sguardi dei miei ragazzi quando improvvisamente facevano luce sulla loro risorsa, unica, irripetibile e meravigliosamente bella.

Così l’arte pervade il nostro animo di quella luminosa bellezza che fa emergere il nostro lato più sublime.

Il compito della società (dunque di ciascuno di noi) è non distruggere questo sguardo, questa luce, non rompere questa bellezza ritrovata.

Abbiamo tutti bisogno di questa bellezza, abbiamo bisogno di coltivarne il seme nella nostra anima; l’unico che può germogliare e dare vita ai nostri sentimenti alle nostre aspirazioni, a tutto ciò che ci rende umani.

Non dobbiamo dimenticarci della bellezza, ma cercarla sempre, anche quando ci sembra dissolta nell’efficientismo dell’oggi: è l’unica che ci può salvare.

Se vi va di approfondire, dopo esservi persi nel pensiero di Dostoevskij, vi consiglio di rivedere il film di Sorrentino con l’immancabile Toni Servillo, La grande bellezza, che ci invita a domandarci come ritrovare la vera arte e la vera poesia al di là della vacuità e del disfacimento dei nostri tempi.

con la collaborazione di Natalia Esposito

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